Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 16/06/2009, a pag. 51, l'articolo di Massimo Nava dal titolo "E’ già scontro in Francia sull’Olocausto di Godard".

PARIGI — Alla soglia degli ottant’anni, Jean-Luc Godard ha deciso di stupire ancora: un film sull’Olocausto. Forse è scritto nel destino di grandi cineasti l’incontro con una delle più grandi tragedie dell’umanità, anche se c’è il rischio che il dovere della memoria e la testimonianza nella società civile si banalizzino nella fiction.
Godard ci prova, nel solco tracciato negli ultimi anni da Spielberg (Schindler’s list), Polanski ( Il pianista) e Lelouch ( Vivere per vivere), ma prima che scatti l’organizzazione del film, il progetto fa già discutere in America e provoca polemiche in Francia.
Per due ragioni. La prima è che il regista franco-svizzero della «Nouvelle vague» si cimenta per la prima volta con un’opera (o forse con un kolossal) che sul piano tecnico e artistico marcherà una rottura con più di quarant’anni di attività. Anche se Godard in questo periodo sta portando a termine la lavorazione di un lungometraggio sul socialismo, (nelle sale l’anno prossimo), il regista si è affermato fin dagli anni Sessanta per la sua vena artistica esistenziale, intimistica. Basti ricordare La cinese, Fino all’ultimo respiro, Amore e rabbia.
La seconda ragione, sollevata in Francia, riguarda Godard per un suo presunto atteggiamento antiebraico che, non da oggi, gli ha attirato qualche critica.
Il progetto del regista, annunciato da Hollywood Reporter, è l’adattamento per il grande schermo del libro di Daniel Mendelsohn, The Lost, gli scomparsi, edito in Italia da Neri Pozza. Il libro, che ha ricevuto riconoscimenti negli Stati Uniti e in Francia (premio Medicis 2007) racconta la storia della famiglia dell’autore, professore universitario di 47 anni. Sei membri, lo zio Shmiel, la sia Ester e quattro figlie furono deportati dalla cittadina polacca di Bolechow, all’inizio della seconda guerra mondiale.
Il libro affonda nella questione delle responsabilità collettive dell’Olocausto, mentre l’autore non riesce a dare risposte definitive, nemmeno a sé stesso: «Qualcuno mi ha chiesto se scrivere questo libro mi ha avvicinato a Dio e alla religione: direi che è vero il contrario», ha detto Mendelsohn in un’intervista. The Lost è anche la risposta a un altro grande e discusso libro degli ultimi tempi sull’argomento, Le Benevole del giovanissimo franco-americano Jonathan Littel, monumentale affresco all’interno della mente e sugli automatismi comportamentali di un piccolo ufficiale nazista. Il male è banale, direbbe Hannah Arendt.
Il libro è stato opzionato dal produttore Edward Pressman, mentre la Lightstream ha finanziato la sceneggiatura.
L’idea del film è nata dall’incontro fra Godard e Mendelsohn. «Ci siamo scambiati fax e ne abbiamo discusso. Ho capito che Godard ha molto apprezzato ed è rimasto colpito dal lavoro d’inchiesta e da altre chiavi del libro: il romanzo poliziesco, il rapporto fra fratelli, gli estratti della Bibbia».
Tuttavia, le ambizioni di Godard non vanno giù a qualche critico francese. Pierre Assouline, vedette culturale di Le Monde, ha pubblicato sul suo blog una filippica sul presunto antisemitismo di Godard, accompagnata da dubbi sulle potenzialità del regista a misurarsi con un lavoro che richiederà mezzi inversamente proporzionali a quelli che usa di solito per i suoi film. Il critico sostiene che il regista abbia qualche problema con gli ebrei. In particolare ricorda un atteggiamento per così dire «morbido» sul collaborazionismo della Repubblica di Vichy e per l’omaggio allo scrittore fascista Robert Brasillach.
Le accuse di Assouline si rifanno anche alla biografia di Godard uscita recentemente in America. In Everything is cinema, l’autore, Richard Brody, cita alcune affermazioni del regista a carattere antisemita, come quando chiamò «sporco ebreo» il produttore Pierre Braunburger, provocando una dura reazione del suo amico Truffaut. «È un antisemita che vuole curarsi», è stata una battuta attribuita anni fa allo scrittore Bernard-Henri Lévy.
Ma a chiudere le polemiche è lo stesso Daniel Mendelsohn: «Conosco Godard attraverso i suoi film. Ha parlato del mio libro soltanto nel modo possibile a chi l’abbia letto alla perfezione. Come sceneggiatore è stato scelto l’israeliano Oren Moverman, di cui ho apprezzato il suo lavoro su Bob Dylan. Ho visto la copia del mio libro nelle mani di Godard, ha sparso note su ogni pagina, lo ha letto come farebbe un rabbino. Mi sembra abbastanza».
Godard ha fatto sapere che l’ambizione di un film sull’Olocausto non nasce oggi, ma all’epoca de Le Petit soldat, cioè all’inizio degli anni Sessanta. Gestazione lunga, per l’ultima sfida.
Jean-Luc Goddard
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