Le elezioni in Iran per capire la politica di Obama L'analisi di Giorgio Israel
Testata: Informazione Corretta Data: 13 giugno 2009 Pagina: 1 Autore: Giorgio Israel Titolo: «Le elezioni in Iran per capire la politica di Obama»
Le “elezioni” in Iran, contrariamente a molte dotte analisi che prevedevano il successo dei riformatori, hanno visto il trionfo e la conferma dell’attuale presidente Mahmoud Ahmadinejad. “Elezioni” tra virgolette, perché questa è roba da paesi comunisti dell’est, da elezioni mussoliniane e hitleriane, insomma una farsa, come quella avvenute nei territori palestinesi; che però qualche anima bella continua a proporci come prova dell’esistenza della democrazia. Il regime ha stretto i freni, forse ci saranno moti di piazza, forse no, vedremo. Certamente c’è una repressione violenta e ormai le esecuzioni capitali sono all’ordine del giorno. Di fronte a tutto questo si erge un Candide, nella persona del presidente degli Stati Uniti, Barack Hussein Obama. Egli, come il personaggio di Voltaire, vive felice nel migliore dei mondi possibili. Infatti, ha dichiarato: «Siamo molto emozionati nel vedere un dibattito così forte in Iran». Che sia “forte” non c’è dubbio. Ma da “dibattiti” simili ci scampi il Signore… L’ineffabile presidente, emozionato e con la lacrimuccia al viso, dice di seguire con il massimo interesse le elezioni iraniane e confida sempre di più in una possibilità di cambiamento: «Dopo il discorso che ho fatto al Cairo, abbiamo cercato di mandare un chiaro messaggio sul fatto che noi americani pensiamo che ci siano possibilità di cambiamento e che con le elezioni saranno gli iraniani a decidere». E conclude: «a prescindere da chi vincerà le elezioni il fatto che ci sia stato un dibattito forte fa ben sperare». Ora, come si dice a Roma, il problema è: “costui ci è, o ci fa?” Perché un conto è se crede davvero che queste siano elezioni e che ci sia stato un dibattito autentico, un conto è se fa finta di crederci. Se ci crede, allora la più grande potenza mondiale si è data come capo una persona che ha dei seri problemi, se invece non ci crede e fa finta di crederci la cosa si fa inquietante. Ma è inquietante in entrambi i casi e la discussione che si apre è del genere classico: è meglio stare nella padella o sulla brace? C’è un indizio inquietante che si tratti della brace, ovvero che non ci creda. Ed è il fatto che Obama dica che comunque vada andrà bene. Non credo per niente che Moussavi sia un vero riformatore e che avrebbe arrestato il programma nucleare, ma almeno si potrebbe far finta di crederci per dar mostra di aspirare a un qualche straccio di miglioramento. Ma se uno uno dice che ritrovarsi in faccia Ahmadinejad – che ha confermato fino a ieri di volersi dotare dell’atomica e di voler distruggere Israele – va comunque bene, allora stiamo freschi. Un amico, prima delle elezioni americane, disse che aveva letto tutti i discorsi di Obama e la sua biografia e che, se avesse vinto, bisognava cambiare pianeta. Era una battuta, ovviamente, una “boutade”, come dicono i francesi. Ma ora c’è da temere che avesse imbroccato una predizione testualmente fondata.