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Ugo Volli
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Arabi israeliani e ebrei ultraortodossi, una miscela esplosiva 09/06/2009

Haaretz, giornale israeliano molto liberal, ha pubblicato qualche giorno fa una strana notizia, che è stata commentata con preoccupazione anche dal demografo Sergio Dalla Pergola, il quale non è sicuro della loro accuratezza, ma li vede come un'indicazione di pericolo. Sembra che, restando immutate cose come i confini, l'immigrazione e le tendenze demografiche, fra vent'anni, nel 2030, gli arabi e gli ebrei ultraortodossi (haredim) assieme faranno il 60 % degli iscritti alle scuole elementari (nel 1960 erano il 12%, oggi sono il 46 %) e il 40 % dell'elettorato. Rapidamente poi prenderanno la maggioranza nel paese. Perché accostare arabi israeliani e ebrei ultraortodossi (non gli ebrei sionisti eredi di Rav Kook, ma i membri delle varie sette hassidiche e "lituane")? Ci sono ottime ragioni. In entrambi i gruppi i giovani non fanno il servizio militare e l'ideologia ufficiale nega la legittimità dello stato di Israele, anche se usano le istituzioni israeliana "come un taxi" per dirla con Enrico Mattei. (Chi fosse dubbioso sull'estraneità a Israele degli haredim, legga il libro di Aviezer Ravitzky, "La fine svelata e lo Stato degli Ebrei", Marietti 2007, che mi è stato segnalato da un gentile lettore: un ritratto tanto più impressionante dell'ideologia antisionista degli Haredim, in quanto molto simpatetico con loro.) Entrambi sono isolati dalla corrente principale della società israeliana, educano i figli in scuole private e di figli ne fanno tantissimi (7 a coppia per gli ultraortodossi e 3,9 per gli arabo-israeliani). Certo, gli Haredim non fanno attentati, non sostengono eserciti nemici. Ma questo non li rende meno lontani dallo stato sionista.  Come Lieberman sa benissimo, sono loro, con il loro crescente peso demografico e non gli isolati intellettuali ultrasinistri alla Haaretz, i veri nemici interni dell'Israele moderna e democratica. Lo si è visto in questi giorni con la guerriglia urbana scatenata per impedire l'apertura di un parcheggio nel centro di Gerusalemme di sabato, peraltro gestito da dipendenti non ebrei e quindi formalmente accettabile. Del resto i giornalisti del "Jerusalem Post", che hanno seguito la vicenda del parcheggio, testimoniano che nel quartiere più noto abitata dagli haredim, Meah Sharim, si leggono sui muri manifesti che chiamano la festa dell'indipendenza "abominazione" e che propongono l' "espulsione dei sionisti dalla terra di Israele": la stessa posizione degli arabi che lamentano la Nabkah. Insomma, purtroppo non si può dimenticare che i nemici di Israele si trovano anche dentro il popolo ebraico e non solo all'estrema sinistra del "postsionismo" liberal.

Ugo Volli


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