Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
" A furia di urlare al lupo si finisce poi per non riconoscerlo "
Oggi si incomincia a votare anche in Italia, ma in Olanda e in Gran Bretagna si sono già concluse ieri le votazioni e il risultato generale è già abbastanza chiaro: ci si aspetta in tutta Europa una grande sconfitta della sinistra e un buon risultato di movimenti nuovi e alternativi di destra. In tempi di crisi economica, questo è un risultato strano, vuol dire che qualcosa interferisce con l'ovvia difesa di stipendi e posti di lavoro per i più deboli, che si esprime a livello politico nel voto a sinistra. Assieme al rifiuto della corruzione e dei privilegi dei politici, questo qualcosa è Eurabia, più precisamente il rifiuto della trasformazione del proprio paese in una sorta di Libano o di Algeria, il tentativo di mantenere viva la propria identità nazionale e di non rinunciare alle libertà civili della tradizione illuminista. Le politiche della maggior parte degli stati europei e dell'Unione vanno nel senso di favorire la trasformazione dell'Europa in senso multiculturale; una parte consistente dei cittadini europei non è d'accordo e vota in conseguenza.
E' per questa ragione che per esempio in Olanda - il paese più arabizzato d'Europa, come si è potuto leggere dai reportages di Giulio Meotti sul Foglio nelle ultime settimane -, c'è stata una grande affermazione del "partito della libertà" (Pvv) di Geert Wilders, che ha ottenuto secondo gli exit poll il 17% dei voti e 4 seggi, quasi il triplo delle ultime elezioni. La città che ha dato più voti al Pvv è Rotterdam, proprio quella dove il 5 gennaio scorso è stato nominato sindaco Ahmed Absoutaleb, con doppia nazionalità olandese e marocchina, quella che ha separato gli uomini dalle donne nei teatri in omaggio alla sharia islamica e dove le moschee stanno sfrattando le chiese. Un trionfo, dato che i democristiani al governo hanno perso due seggi calando da 7 a 5 e che il grande sconfitto, il partito socialista (quello che aveva partecipato a gennaio alle manifestazioni in favore di Hamas, in cui si gridava "ebrei ai forni") è sceso da 7 a 3 seggi. Risultati di segno analogo sono previsti in buona parte dei paesi europei. Subito si è messo al lavoro il reparto di demonizzazione e diffamazione della stampa europea. Per fare solo un esempio, il "Corriere" ha parlato di "valanga populista in Europa", "una falange a testa bassa contro le istituzioni europee", la Stampa di "destra xenofoba", per il fatto che "Geert Wilders [...] si oppone all’ingresso della Turchia nell’Unione Europea e denuncia una «catastrofica islamizzazione» dell’Europa".
In effetti, l'onda lunga della resistenza a Eurabia è stata intercettata in molti paesi da movimenti dall'identità dubbia o francamente ributtante (il BNP in Gran Bretagna, il FPO in Austria ecc.). Ma non è affatto giusto accostare Wilders (e neppure la nostra Lega) a questi partiti, per il semplice fatto che si tratta di un movimento democratico, liberale, amico di Israele, senza nessuna complicità ideologica con qualunque tipo di fascismo. Se esistono forze politiche democratiche che si oppongono all'islamizzazione della società, l'elettorato europeo li premia; in loro assenza la spinta contro Eurabia va a finire all'estrema destra, con tutti i pericoli che ne seguono. E' sbagliato leggerli tutti assieme, un'operazione ideologica che tende a demonizzare ogni dissenso dal multiculturalismo del "politically correct" e all'"inevitabile" trasformazione dell'Europa in una succursale del Medio Oriente.
Dicendo che chi si oppone alla multiculturalizzazione dell'Europa è fascista (o populista, o xenofobo, o addirittura razzista, come hanno fatto molti a sinistra anche in Italia), predicando che i provvedimenti per respingere i clandestini sono "leggi razziali" e così via, si ottiene come unico risultato di legittimare e di rafforzare i fascisti veri. Wilders, cui qualche mese fa è stato impedito l'ingresso nella capitale di Eurabia, Londra, e in particolare a quel parlamento inglese cui invece si dà libero accesso ai rappresentanti di Hizbullah, non è una minaccia, ma forse la sola speranza che la vita democratica europea possa sopravvivere alle minacce di estinzione (o trasformazione in emirato, il che è lo stesso).