Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 05/06/2009, a pag. 51, la risposta di Sergio Romano ad un lettore dal titolo " Il ritorno dei palestinesi fra giustizia e realismo ".
Il lettore fa notare a Romano alcune discrepanze fra due sue risposte sul "diritto al ritorno" dei palestinesi. Le due lettere in questione sono state criticate da IC e per leggerle è sufficiente cercare "Sergio Romano" in archivio.
Romano, invece di rispondere al lettore, si limita a fare un riassunto delle risposte precedenti e a sostenere che non c'è contraddizione tra le due risposte. Questo dimostra quanto poco onesto sia, su tutti i fronti, Romano. Su Israele riesce solo a comporre articoli carichi d'odio e contraddittori. E se qualcuno glielo fa notare, nasconde la testa sotto la sabbia e nega l'evidenza. Ecco lettera e risposta:
Con molta sorpresa constato una sua evidente contraddizione: l’aneddoto da lei citato nella sua risposta al signor Blasetti ( Corriere, 21 maggio) sembra confermare le critiche rivolte a Israele in merito al rifiuto del «ritorno» dei profughi palestinesi. In un’altra risposta ( Corriere, 7 maggio) lei affermava che, cito a memoria, tra tutte le rivendicazioni portate avanti dai leader palestinesi, quella del «ritorno» era quella oggettivamente meno sostenibile. Accettare lo Stato d’Israele a condizione di imporre il ritorno dei profughi palestinesi sul suo territorio è una evidente contraddizione in termini. Per le ragioni demografiche che, se non vado errato, lei stesso ha avuto modo di evidenziare, tale Stato non potrebbe sopravvivere a lungo.
Rony Sutton
rony@sapsonline.it
Caro Sutton,
Riassumo per i lettori i termini della questione. Un lettore mi ha scritto per esortarmi a riconoscere che i palestinesi, se vogliono un accordo, dovrebbero smettere di avanzare «quel tanto reclamato diritto del ritorno ». Gli ho risposto che il ritorno dei profughi mi sembra essere effettivamente la meno ragionevole delle richieste avanzate dai palestinesi. E ho aggiunto che chi crede davvero nella soluzione dei due Stati deve rassegnarsi ad ammettere che Israele non potrà mai accettare il ritorno dei profughi in città e paesi che fanno ora parte del suo territorio nazionale.
Qualche giorno dopo un altro lettore ha preso spunto da una dichiarazione del rabbino capo di Roma contro il respingimento di immigrati provenienti dalla Libia per osservare che non è giusto pretendere dagli italiani ciò che è rifiutato dagli israeliani. Ho risposto che il confronto mi sembrava zoppicante (sono fenomeni quantitativamente incomparabili e destinati ad avere conseguenze diverse), ma ho ricordato un’altra contrapposizione evocata dall’ex ministro degli Esteri egiziano Boutros Boutros-Ghali in una conversazione con Shimon Peres. Non è paradossale, chiese Boutros- Ghali, che Israele dia la cittadinanza israeliana a ebrei che non hanno mai vissuto in Palestina e si opponga al ritorno di coloro che vi hanno vissuto per molti secoli? Lei osserva, caro Sutton, che fra queste due risposte vi è una contraddizione. Nella prima ho detto che non è realistico chiedere il ritorno dei palestinesi nel territorio israeliano. Nella seconda ho citato, dando la sensazione di approvarla, una osservazione con cui Boutros- Ghali mette in evidenza il doppio standard praticato da Israele verso gli ebrei e i palestinesi.
Non credo di essermi contraddetto. Continuo a pensare che il ritorno dei palestinesi sia per lo Stato d’Israele inaccettabile e quindi in queste circostanze irrealistico. Questo non significa tuttavia che la posizione israeliana sia moralmente impeccabile. Credo che vi siano circostanze in cui il realismo, nell’interesse della stabilità e della pace, debba prevalere sulla giustizia. Ma vorrei che questo venisse ammesso esplicitamente senza alibi pretestuosi e infingimenti retorici. Sarà più semplice comprendere lo stato d’animo delle famiglie dei profughi a cui è negato il ritorno e prendere provvedimenti che le compensino dalla speranza perduta.
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