lunedi` 21 aprile 2025
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



Clicca qui






Corriere della Sera Rassegna Stampa
05.06.2009 2006, una strage mancata
L'articolo di Guido Olimpio, Biagio Marsiglia

Testata: Corriere della Sera
Data: 05 giugno 2009
Pagina: 23
Autore: Guido Olimpio - Biagio Marsiglia
Titolo: «Volevano colpire il metrò. Presi 5 terroristi a Milano»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 05/06/2009, a pag. 23, l'articolo di Guido Olimpio e Biagio Marsiglia dal titolo " Volevano colpire il metrò. Presi 5 terroristi a Milano ".

MILANO — L’ordine di fare saltare la metropolitana di Mila­no, «perché è la città di Berlu­sconi e perché l’Italia collabora con gli americani», arrivò dal­l’Algeria. Proprio come quello di radere al suolo la Basilica di San Petronio, a Bologna, dove è conservato il quadro di Giovan­ni da Modena che ritrae Mao­metto in un girone infernale. E a decidere la strategia del terro­re, nel marzo del 2006, furono i vertici del Gspc, il «Gruppo sa­lafita per la predicazione e il combattimento» che si avviava a schierarsi al fianco di Al Qae­da. L’obiettivo era quello di in­fluenzare le imminenti elezioni politiche, così come era accadu­to in Spagna.
Parole chiare, quelle ascolta­te da Ameur Laredj, algerino, 29 anni, che a quel punto si ri­mise il sacco in spalla e ripartì per l’Italia, alla volta di Milano, dove viveva da clandestino as­sieme agli altri della «compa­gnia » lombarda. Una volta tor­nato avrebbe dovuto arruolare cinque persone, trovare l’esplo­sivo e dare seguito alla volontà dei salafiti.
Se oggi si sa tutto di quel pia­no lo si deve al lavoro dei cara­binieri del Ros di Milano ora di­retto dal colonnello Sandro San­dulli. Indagine, quella dell’Ar­ma, sfociata in cinque ordini di custodia cautelare per terrori­smo internazionale. Nel miri­no, oltre a Laredj, due marocchi­ni e due tunisini, tra cui Moha­med M’Sahel, 40 anni, esponen­te di spicco internazionale del terrorismo islamico già detenu­to in Marocco.
L’ultimo della lista, Houcine Tarkhani, 42enne, è stato arre­stato solo pochi giorni fa men­tre tentava di sbarcare a Lampe­dusa. I carabinieri lo hanno in­dividuato
subito e dopo gli op­portuni accertamenti lo hanno ammanettato nel centro di acco­glienza di Caltanissetta. Quan­do gli hanno notificato l’ordi­nanza, lui non ha fatto una pie­ga. Impassibile, ha replicato in francese: «È strano».
Ma non è affatto strano il suo comportamento da soldato della Jihad. Lo hanno preparato a negare l’evidenza, a seminare chi lo seguiva, a tenere i contat­ti con un network diffuso dal Marocco all’Iraq passando per l’Europa. Rispetto ad altri estre­misti, il nucleo che aveva come guide i tunisini Tarkhani e
Mohammed M’Sahel ha mostra­to un profilo più alto. Lo rivela­no i documenti recuperati dal Ros. Gli indagati non sognava­no la guerra solo tra le pareti di casa, ma la facevano davvero. Pianificando attentati e invian­do kamikaze nella fornace ira­chena. Tra gli obiettivi il quar­tier generale dei servizi segreti francesi, la linea 14 del metrò che collega Saint Lazar alla bi­blioteca Mitterrand e un centro commerciale francese. Ma nel mirino c’erano anche l’amba­sciata americana a Rabat e altri edifici in Danimarca.
In una conversazione telefo­nica M’Sahel e un complice, Sa­ber, parlano di un amico. Sa­ber: «E Ridha, sta bene?» M’Sahel: «Sì, sta bene, grazie a Dio». Saber: «Salutamelo quan­do lo contatti». M’Sahel: «Lo contattiamo in Paradiso». Ri­dha, probabilmente, è morto da «martire» facendosi saltare
per aria. Uno dei tanti mujahed che ha seguito le proprie con­vinzioni e tenuto conto dei sug­gerimenti.
Dall’inchiesta emerge poi chiaramente una cellula se­mi- organizzata ma con punti di riferimento solidi, gli «emiri» Abu Leith e Abu Hamza. Una connessione che conferma le analisi dell’intelligence. In Nord Africa gli islamisti algeri­ni hanno federato, sotto il loro cartello, i salafiti tunisini, ma­rocchini e libici, di fatto trasfor­mando i combattenti regionali in qaedisti internazionali. La re­te si è poi moltiplicata in Italia, Francia e Belgio.
I «milanesi» vivevano a ri­dosso della moschea e si finan­ziavano anche spacciando coca­ina. Il loro sogno era trovare «un italiano» da arruolare e spe­dire al cospetto di Al Zawahiri. L’impegno quotidiano, invece, era il reclutamento di fratelli da spedire nei campi di addestra­mento in Pakistan o in Afghani­stan. In tasca, per loro, 500 eu­ro e un biglietto di sola andata.

M’Sahel Mohamed, uno degli arrestati, e gli incontri tra i terroristi islamici filmati dai carabinieri del Ros a Milano

Per inviare la propria opinione al Corriere della Sera, cliccare sull'e-mail sottostante


lettere@corriere.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT