Quando uno si chiama Richard Gladstone, può stare sicuro che il trattamento che riceverà dal MANIFESTO sarà di tutto riguardo. Per saperne di più su questo odiatore di Israele di primo livello, cliccare il suo nome nella nostra casella di ricerca in HP, per cui non staremo a raccontare chi è questo signore, scelto dall'Onu per indagare sui "< crimini > che Israele avrebbe commesso a Gaza. A Gladstone noi diamo un suggerimento. Già che è a Gaza, perchè non ne approfitta e pone qualche domanda ai capataz di Hamas sulle eliminazioni brutali degli appartenenti all'Anp ? Fucilati, scaraventati giù dai piani alti dei palazzi, "giustiziati" per strada, ne avrebbe di storie sulle quali relazionare. Peccato che all'Onu non interessino. L'inchiesta potrebbe poi interessare anche il comportamento di Hamas nei confronti della popolazione civile, ma siamo sicuri che il solerte Gladstone si guarderà bene dal toccare anche questo argomento. Il pezzo è scritto da Michele Giorgio, una firma una garanzia. Il titolo è "Massacri, parte l'inchiesta Onu" ma è il sottotitolo che è esilarante " Ora dai tunnel passano anche i tranquillanti ", Dove non arriverebbe il quotidiano comunista ! Ecco l'articolo:
Il giudice sudafricano Richard Goldstone ha messo piede ieri mattina a Gaza entrando da Rafah, il valico che collega la Striscia all’Egitto. Una scelta obbligata per il capo del team di esperti del Consiglio dei diritti umani dell’Onu chiamato ad accertare crimini di guerra commessi da Israele durante le tre settimane, dal 27 dicembre al 18 gennaio, dell’offensiva «Piombo fuso». Il valico di Erez con Israele è rimasto sbarrato per Goldstone - di origine ebraica ed ex procuratore del Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia e il Ruanda -, dopo la decisione del governo di Benjamin Netanyahu di non collaborare con una missione definita «di parte», volta «a condannare Israele in ogni caso». Passato il confine, il giudice e i suoi più stretti collaboratori - la britannica Christine Chinkin, specialista di diritto internazionale, Hina Jilani, giudice della Corte suprema del Pakistan ed ex esperta dell’Onu per i diritti umani e un colonnello irlandese in pensione,Desmond Treves - sono saliti sulle jeep dell’Unrwa, l’agenzia per i profughi, e si sono diretti verso Gaza city. Per tutto il giorno le misure di sicurezza sono state strettissime intorno al team di Goldstone, con i giornalisti tenuti a distanza. Il giudice ha chiesto tranquillità per poter svolgere con rigore la sua indagine sull’uso da parte dell’esercito israeliano di munizioni al fosforo bianco, sui bombardamenti di zone densamente popolate, sui cannoneggiamenti di edifici delle Nazioni Unite. Lo Stato ebraico invece aveva chiuso molto presto la sua inchiesta. Per i comandi politici e militari israeliani le operazioni belliche – che hanno ucciso 1.400 palestinesi e ferito altri 5mila - sono state legittime, tranne qualche «errore» non intenzionale. Una conclusione in aperta contraddizione con i rapporti presentati da Human Rights Watch e Amnesty International, senza dimenticare la denuncia della associazione israeliana «Medici per i diritti umani » sul mancato soccorso ai feriti palestinesi. Incurante dell’ingresso a Gaza di Goldstone, il governo israeliano era impegnato ieri a riaffermare che non sospenderà le attività edilizie negli insediamenti colonici nella Cisgiordania palestinese, come chiesto dagli Stati Uniti. Arrivando da Rafah, i 15 membri della delegazione guidata dal giudice sudafricano hanno potuto verificare la distruzione di centinaia di case palestinesi nei bombardamenti aerei lungo il confine con l’Egitto. Sono passati poi per Khan Yunis e infine per Sheikh Ajlin e Tel Hawa, i sobborghi meridionali di Gaza city teatro dell’avanzata più profonda dei reparti corazzati israeliani all’interno del capoluogo della Striscia. Le macerie degli edifici crollati sotto le cannonate sono state rimosse solo in minima parte. Rimane per metà inagibile l’ospedale Al Quds divorato dalle fiamme ed evacuato tra scene di panico che difficilmente verranno dimenticate. «Da mesi viviamo a casa di mio fratello, la nostra casa non esiste più e non sappiamo quando riusciremo ad averne un’altra», dice Ahmed Yazji, padre di quattro figli, mentre un paio di ragazzini fanno a gara nello scalare i ruderi di un palazzo crollato. «Ricostruzione» è una parola magica a Gaza. La desiderano tutti ma non può cominciare. Israele non lascia entrare il cemento e altrimateriali per l’edilizia – assieme ad un numero imprecisato di prodotti ritenuti «non essenziali». Domenica il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha affermato che ridurre il rigido isolamento imposto a 1,5 milioni di palestinesi «non è una priorità». Israele, ha detto, «deve trovare un equilibrio tra migliori condizioni di vita per gli abitanti (a Gaza) eminori possibilità per Hamas di procurarsi armi». E mentre Netanyahu cerca il «punto di equilibrio», per i tunnel sotterranei di Rafah, i polmoni che riescono ad ossigenare Gaza alleviando il blocco, da qualche tempo passano anche delle pilloline di colore bianco. «Si chiama Tramal – ci spiega il dottor Abdel Halim, farmacista di via Omar Mukhtar – sono tranquillanti leggeri che, chi può permettersi di comprarli, manda giù senza pensarci due volte, per dimenticare una vita sempre più difficile, per dimenticare la guerra e l’embargo». Khaled Masri di Jabaliya del Tramal ha sentito parlare ma non lo hamai visto. Ha saputo dell’arrivo di Goldstone e del suo team ma la notizia non lo entusiasma. «Non riesco più a credere alla giustizia degli uomini, ora credo solo a quella di Dio – dice alzando l’indice della mano destra verso il cielo – qui a Gaza siamo come bestie in gabbia e non ci bastano più i rapporti scritti da qualche straniero, tanto alla fine l’Occidente sta sempre dalla parte di Israele e per noi palestinesi non cambia nulla». Suo cugino Amr, sposato e con tre figli, da mesi vive nella parte della sua abitazione risparmiata dai bombardamenti. «Ci hanno promesso finanziamenti (alla conferenza di Sharm el Sheikh, ndr)ma sino ad oggi non abbiamo visto nulla. Solo Hamas ci sta aiutando », dicemostrando l’assegno ricevuto dal movimento islamico come risarcimento parziale per la perdita della casa. «Non basta per costruirci una abitazionema almeno ci aiuta ad andare avanti», aggiunge. La disperazione dilaga a Gaza e lo scetticismo inevitabilmente avvolge anche la missione di Richard Goldstone. «L’inchiesta in corso èmolto importante, perché servirà a ribadire l’universalità del diritto e la necessità della sua applicazione. Allo stesso tempo comprendo lo scetticismo di tanti abitanti di Gaza», dice il dottor Eyad Sarraj, del Centro di salute mentale diGaza city. «I palestinesi - spiega il medico - hanno un disperato bisogno di aiuti per la ricostruzione e chiedono che queste inchieste portino finalmente a risultati concreti». Per il governo di Hamas l’arrivo di Goldstone è un successo politico e, pur tenendosi a distanza, il movimento islamico fa di tutto per favorire lamissione del team dell’Onu che pure ha annunciato di voler indagare sulle violazioni dei diritti umani compiute da Hamas, accusato di aver ucciso o gambizzato una trentina dimilitanti di Fatah durante le tre settimane di «Piombo fuso », e sul lancio di razzi da Gaza verso il territorio meridionale di Israele.
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