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Mario Vargas Llosa, un odiatore con la O maiuscola 01/06/2009

Questa e-mail è stata inviata a Mario Calabresi, direttore de La Stampa, dopo la pubblicazione dell'articolo di Mario Vargas Llosa:

Dopo la lettura di quanto da lei scritto su La Stampa, qualsiasi attento
osservatore del conflitto israelo-palestinese non potrà non farle osservare
quanto segue:
1) Lei, che spesso scrive su questo argomento, ha il grave vizio di credere
che i problemi siano sempre e solo causati dagli israeliani. Se così fosse
realmente, essendo Israele una democrazia, certo un qualche nuovo
governante, arrivato sulla scena politica negli ultimi anni con libere
elezioni, avrebbe saputo rimediare. Ma così non è mai successo, e allora lei
dovrebbe trarne un serio motivo di riflessione.
Gli estremisti ("ultranazionalisti, razzisti, xenofobi") sono sempre, solo
israeliani? Suvvia! E gli impegni di Annapolis (o magari altri, più
vincolanti) sono stati calpestati proprio, soltanto, da Israele? Si informi
meglio su quanto è stato detto e scritto su questo argomento.
2) Quando ricorda gli aiuti in denaro che Israele riceve dagli USA, dovrebbe
considerare anche che, in parallelo, grandissime somme arrivano anche alle
due fazioni palestinesi, sia dagli USA che dall'Europa (oltre che da Iran ed
altri stati arabi). Ma questo è sempre assente nelle sue analisi, che così
peccano della mancanza di elementi essenziali per arrivare ad una corretta
comprensione dei problemi. E forse è proprio questa enorme massa di denaro
che è all'origine di molti problemi.
3) Quanto alla "paranoia che porta Israele a vedere nemici ovunque, e in
particolare in Europa occidentale", signor Vargas Llosa, le ricordo che
risale alla guerra del 73 allorquando nessun paese europeo, con l'esclusione
del Portogallo, volle concedere agli aerei cargo americani il diritto di
atterraggio, essenziale per portare quegli aiuti necessari alla
sopravvivenza dello Stato. E' nel momento del pericolo che si capisce chi è
un amico e chi non lo è, ed è bene ricordarsene sempre.
4) Israele è uno "stato ebraico" fin dal momento della sua proclamazione. Il
fatto di non volerlo riconoscere, oggi, è soltanto una nuova scusa per
bloccare quei negoziati sempre fermati dai palestinesi all'ultimo momento;
questi non potranno mai procedere se da entrambe le parti, e quindi anche
dalla parte araba, non si vorrà procedere. Sulle stesse colonne de La Stampa
si è spesso ricordato quanto i palestinesi hanno sempre rifiutato, nelle
trattative dirette, a Barak come a Olmert; offerte estremamente generose. Se
lei dimentica queste realtà, non può poi essere credibile nei suoi commenti.

In un passato non troppo lontano la sua penna è arrivata a scrivere, proprio
su La Stampa, che il muro è provvisto di una rete ad alta tensione. E la sua
invenzione, perché tale era, serviva a paragoni con l'apartheid sudafricano
che, chiunque vada sul posto con mente libera da pregiudizi, non potrà non
considerare assurdi. Nello stesso modo oggi, quando scrive "se Hamas rifiuta
il dialogo, Israele negozi con l'Autorità Palestinese", dimostra di non
essere affatto interessato a quanto sta succedendo in Medio Oriente, giorno
dopo giorno, da anni. Lei è solo accecato, nella sua mente, dall'odio verso
tutto ciò che fanno i governanti israeliani. E, mentre gli avvenimenti si
succedono, lei neppure li scorge.

Emanuel Segre Amar


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