Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 01/06/2009, a pag. 12, l'analisi di Antonio Ferrari dal titolo " Abu Mazen contro Hamas " e, a pag. 14, la cronaca di Francesco Battistini dal titolo " Fatah contro Hamas, sei morti «Il caos di Gaza non si ripeterà» ". Ma sugli altri giornali poche righe o niente, come sulla STAMPA. Perchè ? la guerra civile Hamas-Anp non interessa ? Non sarà perchè non si può dare la colpa ad Israele che la notizia viene ritenuta di poco o nullo interesse ? Ecco gli articoli del Corriere:
Antonio Ferrari : " Abu Mazen contro Hamas "
Si può dire quel che si vuole ma bisogna riconoscere che il presidente palestinese Abu Mazen è uomo di parola. Aveva assicurato a Barack Obama il massimo impegno per garantire la sicurezza, e sta facendo il possibile per onorare la promessa. Anche a costo di mettere in crisi i vagiti negoziali per giungere alla riconciliazione con Hamas.
Quanto è accaduto ieri ne è la dimostrazione. Nella città di Qalqilya, scoperto il nascondiglio di due capi militari integralisti, gli agenti presidenziali hanno circondato l'edificio, e dopo aver intimato ai ricercati di arrendersi sono partiti all’attacco. Sei morti, tre poliziotti del Fatah, i due estremisti di Hamas e il padrone di casa. È lo scontro più duro da due anni, ma probabilmente era inevitabile. Perché Abu Mazen, rincuorato dall’incontro con Obama, dall’impegno della Casa Bianca sulla creazione dello Stato palestinese, e percependo il raffreddamento di Washington nei confronti delle rigidità del premier israeliano Netaniahu, non vuol perdere un’altra storica possibilità di rilanciare il processo di pace.
C’è da dire subito che qualcosa di importante è accaduto, senza troppa pubblicità, nel piccolo mondo dell’Autorità nazionale palestinese. Da mesi, grazie alla collaborazione (ma sarebbe più corretto definirla guida) dei militari Usa, le forze di sicurezza di Abu Mazen sono diventate più efficienti e incisive. Come mai era successo in passato. Un salto di qualità che non è sfuggito agli altri leader della regione, da re Abdallah di Giordania al presidente egiziano Mubarak. Certo, i sanguinosi scontri di ieri non facilitano la paziente tessitura avviata dallo stesso Mubarak per ricucire i rapporti tra i due maggiori gruppi palestinesi. Tuttavia, è il momento di compiere scelte coraggiose. La fermezza palestinese è un benvenuto a Obama che fra tre giorni, proprio dal Cairo, rivolgerà un importante appello all'intero mondo musulmano. Sprecare questa occasione sarebbe un errore madornale.
Francesco Battistini : " Fatah contro Hamas, sei morti «Il caos di Gaza non si ripeterà» "
KALKILYA (Cisgiordania)— Le scatole cinesi dei caricatori sono sparse sulle scale, nella casa. Ci giocano già i bambini, bravo chi raccoglie più bossoli. In una delle due stanze, il letto è rovesciato come la vita che ci stava sopra, quella di Mohammad Samman, 34 anni, il capo Hamas delle Brigate Qassam per la Cisgiordania del nord: resta l’impronta d’una mano insanguinata che striscia giù, verso il battiscopa. Gl’israeliani ricercavano Samman da sei anni: a Kalkilya è dal 2005 che comanda Hamas e lo sapevano tutti, sindaco in testa, che lui viveva qui. Lo sapevano anche i 25 poliziotti palestinesi che di domenica mattina, presto, hanno sfondato la porta per arrestarlo. La versione ufficiale dice che Samman e il suo vice, Mohammad Yassin, hanno risposto con un fuoco furioso: tre poliziotti ammazzati, due feriti gravi. Di sicuro, c’è che sono arrivati i rinforzi con le granate e che la sparatoria è durata fino alle 10 del mattino. Fino all'uccisione dei due uomini di Hamas e d'un poveraccio, colpito per sbaglio.
Fatah contro Hamas. Il coprifuoco imposto non copre il senso di queste pareti bucherellate. E’ dalla primavera di Gaza, 2007, che non si sparavano addosso con tanta violenza. E’ la pietra tombale, se qualcuno ci credeva ancora, sulle prove d’unità palestinese: lo dice Fawzi Barhum, numero due del movimento islamico nella Striscia, la parola fine ai cinque incontri del Cairo da febbraio a oggi, un inutile avanti- indietro per un’introvabile linea comune; lo conferma un portavoce di Abu Mazen, Nabil Rudeineh, quando ricorda che «in Cisgiordania c’è una sola autorità, una sola legge, una sola pistola: non possiamo tollerare il caos d’una Gaza-bis». Un sondaggio di qualche giorno fa sostiene che il 58% dei palestinesi vorrebbe un accordo fra le due fazioni, ma il 51 lo vede lontano e il 27 non lo vede affatto. Questa seconda sparatoria in pochi giorni è qualcosa di più d’una scaramuccia, con Hamas che annuncia vendetta contro i poliziotti «istruiti in Giordania dagli americani », che hanno «ucciso i due martiri a sangue freddo, solo perché si sono rifiutati d'arrendersi ». La vera, ultima goccia è stato il viaggio di Abu Mazen a Washington. Un riconoscimento politico, nonostante i dubbi del Washington Post sul vecchio leader («si può ancora puntare su di lui?»), a dispetto delle voci che giuravano su un canale segreto Obama-Hamas. Il movimento islamico ha ripetuto che in quell'incontro «s'è sostenuta la linea del governo sionista»: nessuna speranza di riconoscere l'ennesimo governo di Salam Fayyad, nominato il 19 maggio, chiusa ogni trattativa sul rilascio dei detenuti di Hamas, dopo i quaranta arresti degli ultimi giorni. Alla polizia palestinese è arrivato in dotazione dagl'israeliani lo «skunk», la puzzola, un gas che emana un tanfo pazzesco e ha effetti più potenti dei normali lacrimogeni. A Kalkilya, nel pomeriggio, si spara un po' per le vie strette. Le prefiche urlano per cadaveri che non ci sono più. I poliziotti vogliono evitare funerali pubblici, se li portano via. Li seppelliscono di notte. Di nascosto.
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