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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
30.05.2009 Dopo il pezzo di Meotti, il caso Halimi arriva sulle pagine del Corriere
Ma è l'unico, silenzio su tutti gli altri giornali

Testata: Corriere della Sera
Data: 30 maggio 2009
Pagina: 19
Autore: Massimo Nava
Titolo: «Sì, diedi fuoco all'ebreo. Processo choc in Francia»

L'articolo di Giulio Meotti sul FOGLIO di ieri  sull'assassinio di Ilan Halimi ha fatto da traino, almeno su un quotidiano. Il CORRIERE della SERA di oggi, 30/05/2009, a pag. 19, pubblica una corrispondenza di Massimo Nava sul processo che a Parigi si sta tenendo contro la banda che ha sequestrato, torturato e infine ucciso Halimi. Che poteva essere ritrovato ancora vivo, se solo la polizia avesse indagato come avrebbe dovuto. E non fatto. Il processo si tiene a porte chiuse, altra cautela che aiuta a capire come il senso della giustizia abbia cambiato strada nell'Eurabia che si sta costruendo. Ecco l'articolo, dal titolo " Sì, diedi fuoco all'ebreo. Processo choc in Francia". Dal silenzio sulla vicenda della maggior parte dei nostri media, aggiungiamo < ma non in Italia >.

PARIGI — Ilan Halimi, 23 anni, commesso in una bou­tique di telefonia mobile, boulevard Voltaire. Una ra­gazza s'interessa all'acquisto di un nuovo cellulare, fa oc­chi dolci, chiede il numero di telefono. L'indomani, gli propone un incontro. Ma l'in­nocente avventura è una trappola, un appuntamento con la morte.
Halimi viene rapito, segre­gato per tre settimane in un appartamento della banlieue parigina, torturato e infine ucciso. La famiglia riceve mi­nacce, insulti, richieste di ri­scatto nella posta elettroni­ca, telefonate, somme impro­babili da raccogliere, fotogra­fie dalla prigionia. Più di sei­cento contatti, ma la polizia non riesce a localizzare i rapi­tori. Il corpo del giovane vie­ne ritrovato ai bordi della fer­rovia, in aperta campagna. Ferite e bruciature non gli la­sciano scampo. Morirà du­rante il trasporto all'ospeda­le.
Il delitto, avvenuto il 13 febbraio di tre anni fa, da qualche giorno ricostruito a porte chiuse, nella Corte d'as­sise di Parigi, è uno sconvol­gente groviglio di abiezione e follia omicida, in cui l'ob­biettivo criminale del riscat­to si somma all'assurdità del presupposto razzista: la mo­desta famiglia di Halimi non poteva mettere insieme la somma richiesta, ma il giova­ne commesso era ebreo e la comunità ebraica avrebbe potuto e dovuto pagare.
Era lo scenario nella men­te di Youssouf Fofana, ven­tottenne di origine ivoriana, capo della «banda dei barba­ri », come è stata definita dal­la stampa l'eterogenea asso­ciazione di ventisette ragaz­zi, fra esche, complici, carce­rieri
e postini. Venti sono al­la sbarra, come diretti re­sponsabili del sequestro, set­te per non averlo denuncia­to.
A inchiesta conclusa, si scopre che la «barbarie» ha il volto umano di giovani della banlieue, di ragazze, di un minorenne, accumunati da miseria morale e sottomissio­ne consapevole alla volontà di Fofana.
«Se mio figlio non fosse stato ebreo, non sarebbe sta­to assassinato» dice Ruth Ha­limi, madre della vittima, che in un memoriale rico­struisce il sequestro e mette sotto accusa l'inerzia degli in­quirenti. Alcuni particolari, appaiono inspiegabili.
Youssouf Fofana, nei gior­ni del sequestro, venne fer­mato
nel centro di Parigi du­rante un controllo di polizia, ma rilasciato. Inoltre avreb­be fatto quattro viaggi in Co­sta d'Avorio, nonostante la diffusione di foto segnaleti­che. Dall'inchiesta risulta che altri cinque giovani ebrei erano stati individuati dalla banda come possibili obietti­vi.
Fuggito ad Abidjan, arre­stato dopo il delitto, Fofana ha manifestato un atteggia­mento paranoico e megalo­mane.
Ha ricusato avvocati e insultato giudici, si è assun­to con un misto di orgoglio e rassegnazione tutte le re­sponsabilità del sequestro. «Si sono stato io e voi lo sape­te bene», ha detto in aula, ammettendo di aver versato alcol sul corpo sanguinante di Halimi e di avergli dato fuoco, dopo averlo ferito con quattro coltellate.
Ilan è stato seppellito a Ge­rusalemme. «Il giudice istrut­tore ha ritenuto l'antisemiti­smo una circostanza aggra­vante. Questo non mi ridarà mio figlio, ma è di grande sollievo sapere che la Fran­cia resta fedele ai suoi ideali di giustizia» ha detto Ruth
Halimi.

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