Sul rinvio - perchè tale è - del viaggio di Bibi Netnayahu in Europa si possono solo fare supposizioni. Da quella più ovvia, che Bibi avesse impegni più urgenti, ma che difficilmente può essere credibile. Valgono allora tutte le altre, prima fra tutte, quella che Bibi voglia vedere alcune carte degli altri giocatori prima di mostrare le sue. Ci sono i pessimisti, coloro che vedono in Bibi un novello Enrico IV, quello che da protestante divenne cattolico con la spiegazione che " Parigi val bene una messa". Ma ci sono anche i realisti, fra i quali noi di IC, che dicono "aspetta e vedrai".
Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 28/05/2009, a pag. 15, l'articolo di Francesco Battistini dal titolo " Polemica su Gerusalemme. Netanyahu non va in Europa ":
GERUSALEMME — Caro Nicolas, caro Silvio, caro Gordon: arrivederci alla prossima. Bibi resta qui. Non va in Europa. Doveva essere il primo tour continentale di Netanyahu premier, Parigi-Roma- Londra, tre incontri in tre giorni con Sarkozy, con Berlusconi e con Brown. Martedì sera, a sorpresa ma neanche tanto, il comunicato ufficiale: «Per impegni urgenti, il viaggio del primo ministro israeliano è annullato». Il portavoce Mark Regev spiega che «si tratta solo d'un rinvio a giugno », che l'urgenza è dovuta all'approvazione del bilancio statale e alla nomina del nuovo negoziatore per la liberazione di Gilad Shalit (peraltro già fatta: sarà il ministro Dan Meridor). I giornali israeliani non ci credono.
«Perché questo spostamento? — titola dubbioso Haaretz —. Fonti diplomatiche dicono che Netanyahu vuole incassare qualche risultato, prima di presentarsi agli europei ». «Sono i primi segni di tensione fra Gerusalemme e le capitali europee — scrive sicuro Maariv —. C'è una chiara irritazione europea sulle politiche di Netanyahu e per le dichiarazioni fatte in occasione del Jerusalem Day, quando il premier ha detto che Gerusalemme sarà l'eterna capitale d'Israele e non sarà mai divisa ».
L'unica cosa smentibile è la cancellazione last minute:
in realtà, è da tre giorni che Bibi ha deciso di non partire. All'origine, la dura reazione del ministro degli Esteri francese, Bernard Kouchner, che già aveva gelato qualche settimana fa il collega Avigdor Lieberman e ora ritiene le parole su Gerusalemme «inaccettabili e contrarie alla legge internazionale ». E poiché lo stesso Sarkozy ha ripetuto lunedì che i palestinesi hanno diritto a un loro Stato, ecco la probabile ragione dell'imbarazzo: per evitare l'Eliseo, meglio saltare anche Palazzo Chigi e Downing Street.
Nessun commento dalla Farnesina, anche se si tende a sdrammatizzare, indirizzando su Parigi chi chiede lumi. «Ma chi si credono di essere i francesi?», protesta il Jerusalem
Post, azzardando un parallelo: «Vengono a parlarci di città occupata, loro che occupano la Corsica da 240 anni... ».
Ancora Gerusalemme. Secondo Maya Bengal, notista politica, la verità è che ci sono troppe cose in movimento, a cominciare dalla visita a Washington di Abu Mazen, e «Bibi non può accettare un altro appuntamento al gelo com'è stato quello alla Casa Bianca, aspettando il discorso al mondo arabo che Obama farà in giugno dal Cairo». Da Berlusconi, ieri c'era l'ex premier Olmert: Netanyahu è andato alla Knesset a garantire che Israele rispetterà gl'impegni internazionali, senza però citare la soluzione dei due Stati e ripetendo che il blocco degl'insediamenti, chiesto da Obama, è illogico. Questa diplomazia sottozero non piace al presidente Peres, entrato in polemica coi ministri della destra (e coi suoi laburisti) sulla legge, appena votata, per la «spartizione » dei palestinesi con la Giordania, in pratica una doppia cittadinanza che scaricherebbe su Amman parte del problema: «Un'allucinazione senza basi», ha protestato il vecchio Shimon. Anche il governo giordano ha convocato l'ambasciatore israeliano. Per chiarimenti. Che nessuno ha ancora dato.
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