Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 28/05/2009, a pag. 12, l'articolo di Marzio Breda dal titolo " Afghanistan, dall’Italia sì a Obama «In campo più civili e militari» " e, a pag. 15, l'articolo di Lorenzo Cremonesi dal titolo " Kamikaze a Lahore Oltre trenta morti ". Ecco gli articoli:
Marzio Breda : " Afghanistan, dall’Italia sì a Obama «In campo più civili e militari» "
ROMA - «Un impegno da rinnovare e, per quanto possibile, potenziare», da parte dell'Europa e «dell'Italia in particolare», in Afghanistan. «Un impegno» da sviluppare «sia sul piano militare sia su quello della cooperazione civile », e comunque tale da contribuire concretamente «allo sforzo che la comunità internazionale sta conducendo » in quel difficile contesto dell'atlante geopolitico mondiale.
Un impegno che dovrà essere tarato sulle «risorse finanziarie disponibili», com'è ovvio in tempi di crisi, ma che presto sarà presentato al Parlamento alla stregua di una scelta inderogabile. In coerenza con «la partecipazione delle nostre forze armate alle missioni in corso e alla loro prevedibile evoluzione».
E' questa l'indicazione più netta e urgente emersa dalla riunione del Consiglio supremo di difesa, tenutasi ieri al Quirinale. Il vertice (presieduto dal presidente Giorgio Napolitano, cui hanno partecipato il premier Silvio Berlusconi e i ministri di Esteri, Interno, Economia, Difesa, Sviluppo Economico, oltre al capo di Stato Maggiore generale Camporini, e al consigliere militare del Colle, generale Mosca Moschini) ha offerto così una prima risposta alla nuova amministrazione Usa.
La quale ha già «energicamente » richiesto — con ripetuti discorsi del presidente Barack Obama — «una più incisiva cooperazione multilaterale, rinforzata anche dalla necessità di far fronte in maniera coordinata alla crisi economica globale in atto, come importante segno di svolta nel contrasto del terrorismo internazionale e per un più efficace intervento multidisciplinare nelle aree di crisi». Infatti, «il rapido recupero economico, sociale e civile e, quindi, la stabilizzazione di tali aree sono condizioni essenziali per il rilancio di un processo di sviluppo globale pacifico ed equilibrato».
Questo è quanto si osserva in una nota dell'intero Consiglio supremo di difesa. Testo in cui si ricalcano le riflessioni del presidente Napolitano all'Istituto internazionale di studi strategici, a Londra, una settimana fa, e concentrate sulla «pericolosa illusione di credere che il futuro dell' Afghanistan non riguardi il futuro della pace nel mondo ».
Secondo punto in agenda, i «provvedimenti di razionalizzazione da adottare, in vista del bilancio 2010, per consentire alle forze armate di far fronte ai crescenti impegni operativi internazionali e nazionali in un quadro di ridotte disponibilità finanziarie ». E qui entra in gioco la richiesta rivolta dalla Nato a Roma nelle scorse ore, a far parte di una missione di addestramento delle forze di polizia afghane.
Il ministro della Difesa Ignazio La Russa ha già annunciato il sì del nostro governo (per una mobilitazione di 100 uomini, «da tutte le armi »), mentre si profila come incerto (tenuto conto delle «limitate risorse disponibili e delle esigenze crescenti di impegno operativo all'estero ») il destino dell'impiego di soldati per garantire la sicurezza nelle città italiane.
Lorenzo Cremonesi : " Kamikaze a Lahore Oltre trenta morti "
L’attentato di ieri mattina nel cuore di Lahore era stato messo in conto da parte delle autorità pakistane. «È molto possibile che i talebani e i loro alleati possano vendicarsi per le operazioni dell’esercito a Swat tornando a colpire le nostre città», dicevano già tre settimane fa i portavoce militari a Rawalpindi per spiegare i nuovi posti di blocco nelle città pakistane.
Si propone ora però un interrogativo inquietante: come mai, nonostante l’accresciuto allarme, gli estremisti sono riusciti per l’ennesima volta a raggiungere con apparente facilità il loro obbiettivo? Ieri la loro azione è stata devastante. Secondo i bilanci ufficiali ci sarebbero almeno 24 morti e circa 300 feriti, ma fonti ospedaliere parlano di almeno 30 vittime. L’attentato è stato rivendicato ieri sera dai talebani.
Sembra che il commando fosse composto di più uomini. Due sono arrivati in auto alle 10 e mezzo davanti all’edificio locale del Inter-Services Intelligence (l’Isi, il noto servizio segreto militare) e qui hanno iniziato a sparare, prima di fare saltare in aria il potentissimo ordigno nella loro vettura. Nel frattempo altri complici appostati negli edifici vicini aprivano il fuoco, sembra anche con lanciagranate. Alla fine la piccola stazione della polizia era rasa al suolo, lo stabile dell’Isi appariva gravemente danneggiato.
Chi sono i responsabili? Il premier Asif Zardari punta il dito contro Al Qaeda. Il ministro degli Interni, Rehman Malik, non esita a vedere un collegamento diretto con le operazioni anti-talebane in corso. «I nemici del Pakistan ora vengono qui per vendicare la loro sconfitta subita a Swat», ha detto nel pomeriggio. Non va comunque dimenticato che le stragi precedono di gran lunga l’offensiva a Swat, Buner e Dir iniziata il 2 maggio. Dopo l’assassinio di Benazir Bhutto, il 27 dicembre 2007, sono cresciuti gli attentati a Peshawar e nelle zone tribali a confine con l'Afghanistan. Il 20 settembre un'autobomba di fronte all'hotel Marriott di Islamabad aveva causato almeno 54 morti. Poi il terrorismo si era concentrato su Lahore, la «capitale culturale» del Paese. Il 3 marzo contro la squadra di cricket dello Sri Lanka (6 agenti della scorta uccisi) e un mese dopo dopo ai danni della locale accademia di polizia (8 morti).
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