E' morto a 83 anni, Amos Elon, in toscana, nella casa di campagna dove viveva dopo la decisione di lasciare Israele nel 2004. Ci viveva già da tempo, da quando, come succede a molti intellettuali, non solo israeliani,si era reso conto che la politica e,soprattutto, il governo dello Stato, sono cosa differente dalle prediche culturali. E' stato giornalista e storico nella scuderia Haaretz, e questo spiega come si sono formate le radici della sua scelta di andarsene da un paese che non era diventato come lui avrebbe voluto. Fra i suoi libri, in particolare "Requiem tedesco", aiuta a capire quanto il suo sionismo fosse in realtà la nostalgia di un sogno diventato incubo, il rapporto fra ebrei e Germania, chiuso con la Shoà. Un pezzo di storia rimasto fuori dal libro, che si ferma infatti al 1933, quando Hitler prende il potere. L'addio di Elon a Israele ne ricorda uno recente, quello di Avraham Burg, solita intervista ad Haaretz, addio alla patria che non lo merita, buen retiro in Europa, che ha le braccia sempre aperte ed accoglienti con chi spara a zero contro Israele. Il paragone con Burg non è del tutto meritato, Amos Elon ha vissuto onestamente e in modo sofferto la sua scelta. Il richiamo che Sandro Viola fa con altri scrittori, tra i quali Amos Oz, David Grossman e A.B.Yehoshua, è del tutto fuori luogo, dovuto più che altro all'abitudine di Viola di citare a sproposito nomi famosi, pur sovente critici con la politica del paese nel quale vivono, ma che non hanno nessuna intenzione di abbandonare. Invecchiare bene non è facile, Viola ne è un esempio, i pregiudizi si incarogniscono, i rancori si estendono. Viola non ha ricordato il suo profondo sionismo, meglio rappresentarlo come "israeliano deluso". Ma la dolcezza delle colline toscane, nè l'edizione on line di Haaretz, avranno reso meno tristi i suoi ultimi anni e meno pesante l'esilio volontario. Ecco l'articolo:
La prima cosa che si coglieva in Amos Elon, lo storico e giornalista israeliano morto ieri a 82 anni nella sua casa sulle alture di Montecatini, era la sua amarezza. Erano amari gli sguardi, il tono di voce, e soprattutto i discorsi su Israele e la politica dei suoi governi. Qui, riguardo a Israele e alle trasformazioni conosciute dalla società israeliana, la sua delusione e il suo rammarico non riuscivano mai a placarsi. Nel 2004, al momento di lasciare per sempre la sua casa a Gerusalemme, aveva dato un´intervista -qualcosa d´assai simile a un testamento- ad Ari Shavit, una delle firme più prestigiose di Haaretz. E a rileggere oggi quell´intervista, si capisce con quale stato d´animo Elon stava voltando le spalle al suo paese.
Uno stato d´animo che può essere riassunto con una sola parola: stanchezza. Una stanchezza mortale di fronte all´immobilismo della politica israeliana. Elon aveva infatti cominciato quarant´anni fa, quand´era il giornalista più influente e seguito di Haaretz, a scandire i suoi avvertimenti, i suoi moniti, sulle conseguenze che stavano producendo già allora le occasioni perdute per giungere alla pace con i palestinesi. Le sue critiche all´occupazione e colonizzazione della terra palestinese, la denuncia della tentazione espansionistica che affiorava dalla condotta dei governi di sinistra e di destra, l´allarme per l´emergere d´un vasto settore sociale attratto dai partiti di destra estrema.
Ma nessuno dei suoi moniti era stato raccolto, nessuna delle sue critiche era riuscita a modificare la condotta politica d´Israele. Quarant´anni dopo, infatti, tutto resta com´era. L´occupazione della Cisgiordania, l´"impasse" negoziale, il continuo espandersi delle colonie, la cecità con cui la classe politica israeliana ha risposto alla rivolta palestinese soltanto con gli aerei supersonici e le brigate corazzate. I suoi saggi, i suoi articoli sul New Yorker e sulla New York Review of Books non hanno smosso d´un centimetro la politica d´Israele rispetto alla questione palestinese. Né sembrava consolarlo il fatto che lo stesso stava accadendo al resto della migliore "intellighentsia" israeliana, i Grossman, Margalit, Oz, Yehoshua. Anch´essi sempre, sistematicamente, inascoltati.
L´amarezza di Elon era solo temperata dalla sua passione di storico. Dopo il grande successo internazionale di Gli israeliani, un reportage che descriveva le varie componenti della società d´Israele, s´era infatti dedicato a scrivere libri storici. Era per prima venuta una bella biografia di Theodor Herzl, poi uno splendido ritratto di Gerusalemme, poi ancora I Rothschild, la vicenda della famosa famiglia di banchieri. Ma il suo libro più riuscito, più importante, fu l´ultimo : Requiem tedesco. Storia degli ebrei in Germania 1743-1933. Un grande affresco dei quasi due secoli dell´assimilazione ebraica alla cultura tedesca attraverso il Romanticismo, le lotte nazionali e la modernizzazione, sfociata drammaticamente nel nazismo, la persecuzione, lo sterminio.
Ma la separazione da Israele pesava, non era certo oblio. Nell´intervista ad Avi Shavit aveva detto : "Inizio la giornata sentendo la radio israeliana, poi passo all´edizione on line di Haaretz".
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