Non c'è trovata propagandistica migliore che rovesciare completamente i dati storici
Cari amici, sarà che ho fatto per tantissimi anni il critico teatrale, ma il teatro mi interessa: come specchio della società ancor più che come arte. Non meravigliatevi dunque se vi racconto di uno spettacolo di teatro d'opera: si tratta del "Sansone e Dalila" di Camille Saint-Saens, un pezzo di repertorio abbastanza noto, il cui rispettabile tema biblico piace ai registi perché si presta a interessanti effetti scenici. Bene, l'opera è stata allestita dai teatri municipali di Gent e Anversa per la Flemish Opera, e firmata da due registi assieme, un palestinese Amir Nizar Zuabi e un israeliano Omri Nitzan.
Com'è andata? Come sempre quando intellettuali o politici israeliani e palestinesi si incontrano "per costruire la pace dal basso": che i palestinesi mantengono ferme le loro pretese e le loro "ragioni", mentre gli israeliani tentennano, si scusano, e alla fine danno loro ragione e si schierano dalla loro parte, svendendo le memorie di famiglia. Quel che ne vien fuori inevitabilmente è propaganda palestinese pura e semplice, l'inversione della realtà. "Sansone e Dalila" è un buon esempio. Nello spettacolo viene completamente rovesciata la storia del fortissimo ebreo che lotta per liberare il suo popolo dai Filistei (popolazione indoeuropea scomparsa duemila cinquecento anni fa, la quale non ha nulla a che fare coi palestinesi che si sono appropriati cent'anni fa del loro nome, per via del fatto che i Romani, dopo la distruzione di Gerusalemme, decisero di eliminare ogni traccia ebraica anche dalla denominazione del territorio). In concreto, i Filistei oppressori nello spettacolo belga sono l'esercito israeliano, gli ebrei di allora sono i palestinesi.
Spiega il co-regista arabo Zuabi: L'opera "opens with brutal conquest and culminates in slaughter. It is clear that the war is between Israelis and Palestinians - hence the role reversal from the original - but it also could be Americans versus Iraqis. It is the same dynamic: It is an opera about the mechanisms of occupation. It is not a political manifesto, but it is a political opus, and I am not ashamed of that." Già, un'opera politica e un'opera politica invertita: non c'è trovata propagandistica migliore che rovesciare completamente i dati storici: gli israeliani sono i Filistei di oggi, come sono i nazisti di oggi e magari anche l'inquisizione di oggi, chi oggi chiude nel ghetto gli altri. Chissà perché le vittime di ieri sono diventati i carnefici di oggi: che abbiano subito una modificazione genetica per via della fondazione di Israele, catastrofe che ha distrutto la loro identità di vittime permanenti? O forse ieri non è successo niente, la Shoà è solo un mito per giustificare l'eterna cattiveria del popolo deicida?
Per il resto lo spettacolo è roba forte, che piacerebbe a Vattimo o a Diliberto. Secondo la cronaca del New York Times, infatti, "Jews, in fancy dress, dance atop a shiny, black, two-tiered set, oblivious to the swarm of robed Palestinians under their feet." Elsewhere in the show, "Israeli soldiers clad in black humiliate blindfolded Palestinians and shoot a Palestinian child, who reappears as a kind of leitmotif during the opera." And after "Israeli soldiers dance orgiastically with their phallic rifles". Orgiastici, fallici, ignari della sofferenza altrui, assassini di bambini: questi sono i soldati israeliani. Ma non è propaganda, naturalmente, è solo la pura eurabica verità
E naturalmente l'inversione dei ruoli arriva fino a Sansone che alla fine dell'opera, per rovesciare le colonne del tempio filisteo indossa un "dynamite-loaded vest" con cui compie un bell'attentato suicida. Dato che indossa una cintura esplosiva. Come dice Nitzan "Samson is a shaheed [è il nome elogiativo islamico di un terrorista]". Però Dalila, che pure è dalla parte dei cattivi, ha qualcosa di buono in quanto tradisce uno che è pur sempre un ebreo: "Delilah is his lover from the enemy camp. She is, if you will, a patriot fighting for her people." Lui un attentatore suicida (quindi hanno iniziato comunque gli ebrei), lei patriota, perché "uccidere gli ebrei non è reato".
La rivendicazione finale di Nitzan è piuttosto buffa: "We didn't change a thing in Saint-Saens' opera, which, like our work, has a political dimension." Sarà, non siamo qui per difendere la memoria di Saint-Saens o del libro dei Giudici. Vorrei chiedere però a Nitzar e al direttore della Flanders Opera, Aviel Cahn, che ha concepito la brillante idea di questa collaborazione: dopo questa originale pensata degli israeliani come filistei, perché non provate a fare un'inversione analoga sul Corano, mostrando Maometto come un barbaro che invade la pacifica capitale dell'Arabia? O non allestite l'incendio della Biblioteca di Alessandria ad opera degli invasori islamici? Avete paura di rischiare la pelle? No, forse Eurabia non ha neanche bisogno delle minacce per piegare la storia alle esigenze del terrorismo: le basta la sua disinteressata, pacifica, progressista vigliacca disonestà intellettuale, aiutata dal comodo tradimento di un "artista" israeliano che ha scoperto che può fare meglio i suoi affari trasformandosi in propagandista palestinese. Tornando poi a casa con la coscienza pulita e la soddisfazione di essere parte dell'élite intellettuale di Israele, critica e amante della pace. Tutt'altra cosa dei rozzi soldati fallici e orgiastici che suo malgrado difendono la sua sicurezza.
Ugo Volli