La Turchia in Europa ? Magdi Cristianio Allam dice di no, nell'articolo uscito oggi su LIBERO, a pag.1-16, con il titolo: " Turchia europea ? Ecco perchè non si può fare ":
Quando ieri su l’Avvenire ho letto che, mentre tutto il mondo riduce gli investimenti diretti esteri in Turchia, l’Italia si distingue per averli aumentati del 53% nei primi due mesi del 2009, mi è venuto in mente un altro nostro primato pubblicato sulla Stampa il 14 aprile scorso, che indica che la Turchia è il maggior acquirente di armi italiane, aggiudicandosi la quota del 35,86% del totale per un valore di 1,092 miliardi di euro. Mi sono domandato se ci sia un nesso tra questa realtà economica e militare con il fatto che il governo Berlusconi sia il più acceso sostenitore dell’ingresso della Turchia in Europa. Ebbene lo confesso: sono estremamente preoccupato essendo totalmente contrario a questa prospettiva. E vi spiego il perché. Partiamo dal dato che dovrebbe essere ovvio. È sufficiente guardare la carta geografica per “scoprire” che la Turchia non è in Europa. Calcolando minuziosamente la superficie, si accerta che ben il 97% del territorio turco è in Asia. Se si dovesse considerare europeo uno stato che ha il 3% del territorio nazionale nell’Europa geografica, allora dovremmo ritenere che anche la Tunisia fa parte dell’Europa, avendo la punta settentrionale più a nord dell’estremo limite meridionale dell’Italia, ossia l’isola di Lampedusa. Eppure almeno finora non si è mai affermato a livello internazionale che la Tunisia farebbe parte dell’Europa o che l’Italia farebbe parte dell’Africa. L’ha fatto, per la verità, solo il dittatore libico Gheddafi, che sogna di trasformarci in una terra arabo-islamica sottomessa al suo arbitrio, rievocando l’occupazione arabo-berbera della Sicilia iniziata nell’827 e protrattasi per due secoli.
Stato islamizzato
Per me questo dato dovrebbe essere sufficiente a considerare chiuso il discorso sull’ingresso della Turchia nell’Unione Europea. So che c’è chi sostiene che anche la Russia, il cui territorio si sviluppa anche in Asia, potrebbe non essere considerata Europa. Ma a parte la sostanziale differenza della consistenza della superficie europea della Russia, pari a circa un quarto del totale, stiamo parlando di una civiltà che è tradizionalmente parte integrante della cristianità, con una spiritualità cristiana che non è mai venuta meno neppure nel corso della lunga tirannide del comunismo. E qui arriviamo alla seconda ragione per cui ritengo che la Turchia non ha nulla a che fare con l’Unione Europea. Per quanto sia stata fino al settimo secolo la culla del cristianesimo dell’Impero Romano d’Oriente, oggi la Turchia è uno stato sempre più islamizzato. Sotto la determinata strategia portata avanti dai governi che si sono succeduti nell’ultimo quindicennio, ispirati al movimento integralista dei Fratelli Musulmani, sempre più donne indossano il velo e proliferano le scuole coraniche. Tutto ciò avviene a dispetto del fatto che la Costituzione turca, varata nel 1924 con la nascita della Repubblica sulle ceneri dell’ultimo impero islamico ottomano, è non solo laica, ma laicista, dove la parola “islam” non compare neppure una volta. In questo contesto, ed è la terza ragione, negli ultimi anni si è registrato un particolare accanimento nella repressione dei cristiani. Ci sono stati missionari e sacerdoti assassinati, tra cui il nostro don Andrea Santoro il 5 febbraio 2006 a Trebisonda. Oggi in Turchia i cristiani sono costretti a professare la loro fede in semi-clandestinità, con le chiese protette dai militari, avvolti in un clima di pregiudizio e ostilità alimentato dai mezzi di comunicazione. Al riguardo, ed è la quarta ragione per cui la Turchia non ha titolo per entrare nell’Ue, è il persistente negazionismo del genocidio di circa un milione e mezzo di cristiani armeni tra il 1915 e il 1919, atroce verità storica la cui affermazione è considerata un reato e un tradimento, comporta carcere e ostracismo sociale. La quinta ragione è l’occupazione militare di Cipro, stato membro dell’Unione Europea. È già di per sé grave che l’Europa mantenga normali relazioni con chi, in modo illegale, occupa il territorio di uno stato membro dell’Unione; ma sarebbe davvero singolare che l’accreditasse come partner a pieno titolo nel momento in cui persevera in questa occupazione. Ed anche nel settore di Cipro occupato dall’esercito turco si scopre la profanazione delle chiese, alcune delle quali sono state distrutte ed altre trasformate in moschee. La sesta ragione, ma non è meno rilevante delle precedenti, è la violenta repressione del popolo curdo che ha una specificità nazionale del tutto negata da tutti i regimi turchi che si sono succeduti dalla rivoluzione repubblicana di Kemal Ataturk. Nei confronti dei curdi sono stati commessi dei crimini immani, ciò che non deve tuttavia indurci né a giustificare né a legittimare il terrorismo del Pkk che colpisce indiscriminatamente i civili.
Diritti violati
Queste ed altre ragioni che concernono più specificatamente la violazione dei diritti fondamentali e la democrazia sostanziale si ritrovano nel saggio di Alexandre del Valle, “Perché la Turchia non deve entrare in Europa”. Nel 1997 l’attuale premier Erdogan fu arrestato per aver letto in pubblico una poesia che recitava: i minareti sono le nostre baionette, le cupole sono i nostri elmetti, le moschee sono le nostre caserme. Nel 1998 Erdogan è stato condannato per incitamento all’odio religioso ed è stato bandito dalle cariche pubbliche, con l’esclusione dal corpo elettorale fino al 2002. Dei 10 mesi di condanna, Erdogan ne scontò 4 in carcere. Con un fare del tutto disinibito Berlusconi nell’agosto del 2003 si prestò ad essere il testimone di nozze del figlio di Erdogan, tra l’elogio della stampa turca che lo ritrasse come il miglior avvocato di Ankara, l’alleato più fedele, il lasciapassare per l’Unione Europea. Nel maggio del 2003 Berlusconi riuscì a strappare un’importante commessa a beneficio dell’operatore di telefonia mobile Aria, partecipata da Tim. Ma è l’insieme dell’Unione Europea che difende unita il regime islamico di Erdogan. Dopo che nell’aprile 2008 la Corte Costituzionale turca aveva dato luogo a procedere alla richiesta del procuratore di Cassazione per chiudere il Partito della Giustizia e dello Sviluppo presieduto da Erdogan, con l’accusa di aver attentato alla laicità e di voler trasformare la Turchia in una repubblica islamica, la Commissione Europea intervenne a difesa Erdogan sostenendo che qualsiasi accusa contro il governo dovrebbe essere discussa in parlamento o decisa dagli elettori e non da un tribunale.
Lusinghe e ricatti
Anche recentemente l’Europa si è ritrovata impotente di fronte al veto posto da Erdogan alla candidatura del premier danese Rasmussen a segretario generale della Nato, sulla base del fatto che non si oppose alla pubblicazione sul giornale Jyllands-Posten di una serie di vignette su Maometto tacciate come blasfeme. Solo l’intervento degli Stati Uniti è riuscito a rimuovere il veto turco. Per tutte queste ragioni dico no alla Turchia nell’Unione Europea. La verità è che questa Europa è allo sbando, incapace di compattarsi sul piano della politica internazionale, della difesa, della sicurezza e dell’integrazione, finendo per cedere a lusinghe e ricatti, immaginando che è comunque preferibile avere la Turchia all’interno dell’Unione che rischiare che possa allearsi con un blocco islamico. Ecco perché è fondamentale che l’Europa acquisisca la certezza di un’identità forte che si fonda sulla verità storica delle radici giudaico-cristiane. Ed è da qui che inizierò il mio mandato se sarò eletto nel Parlamento Europeo: la nostra missione è far sì che l’Europa abbia un’anima e che non sia solo un colosso di materialità.
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