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Giorgia Greco
Libri & Recensioni
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Incontro con Yehoshua Kenaz ospite del Salone del Libro di Torino 17/05/2009

“Io e gli altri” è il filo conduttore scelto per l’edizione 2009 del Salone del Libro di Torino, la “casa comune” di coloro che amano i libri e si confrontano con il piacere della letteratura. E, come dice Ernesto Ferrero direttore editoriale della Fiera, la presenza dell’Egitto come paese ospite d’onore, “al di là del fascino che la sua storia plurimillenaria ha sempre esercitato su di noi, ha anche il senso di un’attenzione più consapevole verso l’Africa e il Medio Oriente: verso gli altri, perché il nostro destino sarà sempre più intimamente legato a loro”. Un’attenzione che conoscono molto bene gli scrittori israeliani che in una quotidianità complessa e spesso contraddittoria si confrontano con l’”Altro”, le sue inquietudini e le sue sofferenze spesso nella comune incapacità di pensare in termini di “noi”. Questo e molti altri sono i temi che affronta Yehoshua Kenaz, lo scrittore israeliano che Elena Loewenthal introduce al Caffè letterario sabato 16 maggio in occasione della presentazione del suo ultimo libro “Paesaggio con tre alberi” edito dalla casa editrice Nottetempo. Nato a Petah Tikva nel 1937 durante il Mandato Britannico, Kenaz è conosciuto in Italia per romanzi straordinari come Voci di muto amore, La grande donna dei sogni pubblicati da Giuntina e Cortocircuito edito, come il suo ultimo romanzo, da Nottetempo. Considerato uno dei massimi esponenti della letteratura israeliana contemporanea, vincitore nel 1995 del prestigioso premio Bialik, Kenaz è anche traduttore dal francese di Stendhal, Flaubert, Balzac e Simenon. Il tema della convivenza che appassiona lo scrittore israeliano torna nel suo ultimo romanzo, Paesaggio con tre alberi, attraverso il racconto di una famiglia di ebrei provenienti dal Cairo e da poco trasferitisi a Haifa che vivono a fianco dei loro padroni di casa, anch’essi ebrei ma di origini e confessioni diverse, pieni di pregiudizi e paure sullo sfondo della Palestina all’epoca del Mandato britannico. Il punto di osservazione è quello di un bambino il cui sguardo si rivolge con delicata ingenuità ora ai vicini così diversi per abitudini e cultura - dai quali trascorre molto tempo, affascinato dalla loro conversazione e dai loro gusti alimentari “……..è bello sentir parlare e discutere in quella famiglia, ridere con loro anche quando non si capisce quello che si stanno dicendo, scoprire il sapore dei loro cibi sconosciuti…”- ora a un soldato inglese appassionato più di pittura che di arte militare e che passa buona parte del suo tempo cercando di riprodurre al meglio il quadro di Rembrandt che dà il titolo al romanzo. Sarà proprio quest’opera a sancire la nascita di un’amicizia quando Franck, il soldato inglese, regalerà il quadro, frutto del suo impegno e di una costante ricerca di perfezione e bellezza, alla famiglia del bambino. E’ dunque il racconto di un incontro di culture diverse filtrato attraverso gli occhi ingenui di un ragazzino ebreo che vivendo a fianco di una famiglia così diversa dalla propria ne scopre la ricchezza in una lingua e in una cultura affascinanti. Yehoshua Kenaz è un autore capace di portare il lettore all’interno di storie che si incrociano per vie casuali o seguendo il destino. Quando si leggono i suoi romanzi e in particolare “Paesaggio con tre alberi” si è perfettamente coscienti della sua capacità di raccontare i misteri di luoghi intimi e cioè l’intimità di qualcosa che sta racchiuso in una casa e attraverso essa si coglie il mistero stesso della vita e delle grandi scelte che occorre fare. Il coinvolgimento per il lettore è totale e, quasi sentendosi un intruso nella vita altrui, è completamente travolto dalla magia della storia stessa di cui si sente parte integrante. Analizzando il rapporto tra il lavoro di traduttore e quello di scrittore, Kenaz afferma di non sentirsi influenzato dall’autore che sta traducendo in quanto cerca di entrare nella sua mente e nel suo stile, mentre quando scrive l’attenzione è rivolta alla propria interiorità. (“Cerco di immedesimarmi in me stesso”). E, come sottolinea Elena Loewenthal traduttrice e scrittrice lei stessa, “la traduzione è un lavoro di artigianato, una sorta di confronto fra la parola che incontro e quella in cui debbo condurre un testo”. Moltiplicare i personaggi è un’altra straordinaria capacità di Yehoshua Kenaz : sia che si tratti di personaggi principali o di comparse i suoi protagonisti sono figure complete. Nei suoi romanzi non c’è la figura appena abbozzata e anche se si tratta di un comprimario che si colloca in una scena molto breve e poi l’abbandona per non farvi più ritorno, lo scrittore israeliano costruisce tutti i suoi personaggi con grande perizia. Alla domanda di Elena Loewenthal di quale sia il segreto per trasformare ciò che ha sotto la pelle in una tale varietà di colori, di suoni e di voci, Kenaz risponde che, nonostante la sua non più giovane età, non ha la minima idea delle ragioni che stanno alla base della scrittura e della lettura; probabilmente è ascrivibile ad una sorta di dovere che si avverte dentro se stessi, un sentimento profondamente intimo. “Ci sono tante cose che non capisco – continua Yehoshua Kenaz – soprattutto in ciò che scrivo. Nella traduzione invece è tutto più facile: recentemente ho tradotto dieci novelle di Simenon, uno scrittore francese che considero un genio, e ho trovato questo lavoro semplice in quanto mi sono limitato a scrivere mettendomi nei panni dell’autore, come se fosse Simenon stesso a scrivere in ebraico”. Quando invece interpreta il ruolo di scrittore, Kenaz sente di avere una storia nella mente che lascia “passeggiare” fino a che non giunge il momento di sedersi e metterla su carta. “A questo punto cerco di descrivere le persone alle quali ho pensato, il loro modo di parlare e di agire e alla fine mi trovo dinanzi ad un nuovo romanzo o a una novella. E quando dopo diverso tempo debbo rileggere ciò che ho scritto, ad esempio per una nuova edizione del romanzo, rimango piacevolmente colpito dalla bellezza di quelle pagine”. Per quanto riguarda la presenza di elementi autobiografici nella sua opera, lo scrittore israeliano sottolinea che in tutto ciò che scrive esiste una sorta di nucleo, di centro autobiografico che ovviamente si sviluppa con il tempo e attorno ad esso l’arte letteraria costruisce e dà vita a quello che prima era racchiuso nella sua mente; si tratta di esperienze legate all’infanzia, alla giovinezza oppure alle persone che ha conosciuto e che avevano qualcosa di interessante da raccontare. “A mio parere è proprio questa la vera avventura letteraria: inserire qualche elemento autobiografico nella narrazione creando attorno un tessuto di avvenimenti e personaggi”. Un elemento che incuriosisce nell’incontro con Yehoshua Kenaz è che, a differenza di molti autori israeliani che hanno un rapporto privilegiato con la letteratura russa oppure con quella tedesca o anglosassone, si coglie in lui una profonda conoscenza della cultura francese, un percorso culturale che lo porta a fare da ponte fra la letteratura francese e quella italica. La ragione è da ricercarsi negli anni della sua giovinezza quando decise di iscriversi ad un corso alla Sorbona sulla civilizzazione francese; in questi due anni Kenaz ha avuto l’opportunità di scoprire la sua vocazione di scrittore e entrare in contatto con la letteratura francese: “un incontro che ha rappresentato un vero shock dal quale non mi sono ancora liberato e che continua ad accompagnarmi ancor oggi”. Una delle voci più alte della narrativa israeliana, Yehoshua Kenaz è uno scrittore che Elena Loewenthal invita a leggere con “riverenza” per poter apprezzare e subito dopo amare intensamente i suoi romanzi.

Giorgia Greco


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