Riportiamo da PANORAMA n°21 del 15/05/2009,a pag. 98, l'analisi di Fiamma Nirenstein dal titolo " Infranto il tabù atomico "
Benjamin Netanyahu pensa che la strada per Ramallah passi per Teheran, mentre Barack Obama pensa che la strada per Teheran passi per Ramallah. È per questo che all’avvicinarsi del 18 maggio, data del suo viaggio a Washington, il premier israeliano appare preoccupato.
L’atmosfera fra Stati Uniti e Israele è più fredda del solito, diversa l’
analisi delle forze in campo, diverse le soluzioni preconizzate. Dopo aver
inaugurato un inusitato dialogo col mondo arabo e con l’Iran, Obama ha lanciato un drammatico avvertimento a Israele per bocca del vicesegretario di Stato, Rose Gottemoeller: vuole che firmi il trattato di non proliferazione nucleare (Npt). Nessuna amministrazione americana aveva mai fatto riferimento alle
strutture e alle armi nucleari semisegrete israeliane e aveva mantenuto l’
ambiguità sulla loro esistenza.
Alcuni rappresentanti del ministero degli Esteri hanno descritto la scelta
della Gottemoeller come «un preoccupante sviluppo». Aggiungendo tristemente: «Gli americani preparano regali per gli arabi e gli iraniani e pagano in moneta israeliana». L’Npt, oltretutto, non ha avuto alcun effetto costrittivo con Iran e Siria, ambedue firmatari del trattato. Il reattore nucleare della Siria,
quasi completato, fu distrutto dall’aeronautica israeliana nel settembre
2007.
Israele ritiene che sia il momento di intervenire in Iran per fermare il
completamento della bomba atomica, praticamente pronta insieme ai missili
Shihab che possono trasportare testate nucleari. Teme soprattutto che l’Iran
possa fornire l’atomica a una terza parte, per esempio terroristi, messi così
in grado di ricattare lo stato ebraico e il mondo intero.
Gli Stati Uniti hanno avuto sempre l’approccio, al di là della scelta attuale
di Obama di ricercare il dialogo, di graduare progressivamente le minacce.
Per quanto ci sia un certo ottimismo nel viaggio di Netanyahu verso la Casa
Bianca, ricordando che gli Usa e Israele non possono fare a meno gli uni dell’
altro, la visione dei due leader appare oggi molto diversa. Sia Obama sia
«Bibi» sono convinti che il rischio maggiore sia l’Iran e le sue strutture
atomiche. Però Obama pensa che se Gerusalemme accetterà subito il compromesso di costruire due stati a tutti gli effetti, questo disinnescherà almeno in parte il pericolo iraniano.
Netanyahu ritiene invece che permettere la costruzione di uno stato
palestinese adesso non servirebbe a disinnescare l’Iran, che anzi ne sarebbe
ringalluzzito e aumenterebbe la pressione sull’area tramite Hamas, Hezbollah e la Siria.
Netanyahu dirà a Obama che per ora è meglio un’Autonomia palestinese
rafforzata, escludendo un esercito nazionale ma includendo un incremento degli aiuti economici, così da stimolare il senso di responsabilità della comunità
palestinese. Obama chiederà a Netanyahu di smantellare gli avamposti, bloccare gli insediamenti dei coloni e togliere i posti di blocco. Chiederà anche di cessare la demolizione delle case delle famiglie dei terroristi, come ha
dichiarato giorni fa in un’intervista a un giornale palestinese Jack Wallace,
il console americano a Gerusalemme.
Secondo Netanyahu queste misure mettono in pericolo la sicurezza degli
israeliani e, di conseguenza, bisogna aspettare una situazione più propizia per
riprendere il discorso strutturale su due stati per due popoli. Prima bisogna
lavorare per indebolire l’Iran, il che comporterebbe una minore capacità
pratica e psicologica di Hamas e delle altre forze terroristiche di attaccare
Israele.
www.fiammanirenstein.com
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