Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Tariq Ramadan, la longa mano dell'estremismo islamista Si spaccia per 'Paladino dei diritti umani', boicotta Israele, ma non l'Egitto, dove i suoi 'fratelli musulmani' organizzano il califfato
Testata: Corriere della Sera Data: 17 maggio 2009 Pagina: 27 Autore: Cristina Taglietti Titolo: «Voi trattate l’Islam come un pericolo»
Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 17/05/2009, a pag. 27, l'articolo di Cristina Taglietti dal titolo " Voi trattate l’Islam come un pericolo ". Ramadan dichiara di non aver aderito al boicottaggio della Fiera del Libro (come aveva fatto l'anno scorso, quando ospite d'onore era Israele ) perchè " la situazione è molto diversa. Sono critico verso l’Egitto e il suo regime politico, che considero una dittatura, ma sono aperto a una discussione civile. Nel caso di Israele il problema è più ampio ed è la negazione dei diritti del popolo palestinese. I principi da difendere sono sempre gli stessi, la strategia è diversa ". Israele non nega i diritti dei palestinesi. Semmai è il contrario. Israele è uno Stato democratico e ha il diritto di esistere e di difendersi dagli attacchi esterni. Ma per il fondamentalista Ramadan la difesa di Israele è una violazione dei diritti dei palestinesi. Gli unici veri oppressori dei palestinesi sono i terroristi di Hamas che, come scopo principale, non hanno la fondazione di uno Stato palestinese ma la distruzione di quello israeliano. Aggiungiamo che Tariq Ramadan viene riverito e invitato un po' ovunque, d'altronde siamo in Eurabia, mentre gli Usa lo considerano "persona non grata" e l'ingresso gli è vietato. Ecco l'articolo:
TORINO — «L’Egitto è un grande Paese con una ricca e profonda civiltà, ma non è una democrazia. È un Paese a maggioranza musulmana che non può certo essere considerato esempio di trasparenza e correttezza. Non dimenticherò mai quando, nel ’94, sono entrato in Egitto. Mi hanno fermato per 12 ore, ma avevo il passaporto svizzero e non mi hanno toccato. Davanti ai miei occhi ho visto un ragazzo egiziano picchiato selvaggiamente ». Tariq Ramadan arriva al Salone del Libro per presentare il suo nuovo saggioLa riforma radicale. Islam etica e liberazione (Rizzoli) e qualche polemica è d’obbligo. L’anno scorso era tra coloro che avevano aderito al boicottaggio, quest’anno ha deciso di essere presente, anche se non ama il regime politico del suo Paese d’origine. «Ancora ieri mi hanno chiamato i sostenitori del boicottaggio. Ma quest’anno la situazione è molto diversa. Sono critico verso l’Egitto e il suo regime politico, che considero una dittatura, ma sono aperto a una discussione civile. Nel caso di Israele il problema è più ampio ed è la negazione dei diritti del popolo palestinese. I principi da difendere sono sempre gli stessi, la strategia è diversa». Al Lingotto Ramadan parla dell’Islam alla sfida della modernità, anzi della contemporaneità, e individua in una riforma radicale delle categorie, degli strumenti e delle metodologie della giurisprudenza islamica il modo per affrontarla. Una sfida che deve passare anche attraverso quello che l’intellettuale definisce uno «spostamento del centro di gravità dell’autorità verso i cittadini. Il che significa che la comunità islamica deve farsi parte attiva dei processi politici, economici, sociali, andando oltre il vittimismo, la mentalità passiva, la rassegnazione che la caratterizzano». Gli ostacoli sulla via di questo processo sono, secondo Ramadan, anche altri: «All’interno del mondo arabo una forte percezione di doversi difendere dalla cultura e dalla civiltà dominanti, con una classe di intellettuali molto staccati dalla società, aggrappati a regole sempre più rigide; dall’altro il ritratto che l’Occidente fa dell’Islam come di un mondo che non si conosce fino in fondo e quindi viene identificato con 'l’altro', oscuro e pericoloso. Io conosco molto bene le mie tradizioni e le mie radici, ma conosco anche la vostre. Per questo sono qui e posso dialogare con voi. Per dialogare ci vuole una conoscenza vera, approfondita dell’altro, non superficiale, solo così si possono gettare ponti. L’Islam cambia a seconda dei tempi, quello di oggi, per esempio, è molto diverso da quello del Medioevo, per certi aspetti le cose si sono ribaltate, basta pensare all’atteggiamento verso il sesso, allora estremamente libero tanto che gli occidentali pensavano che gli arabi ne fossero ossessionati, mentre oggi c’è un atteggiamento di repressione, di chiusura». Le riflessioni di Ramadan portano necessariamente verso l’attualità, verso il «sogno imperativo di una convivenza basata su principi condivisi». Nel libro lo scrittore invita gli islamici residenti nei Paesi occidentali a imparare la lingua locale e a partecipare alla società civile, come prima forma di liberazione. «Ma chi chiede, come alcuni rappresentanti del governo italiano, che gli immigrati in arrivo nel Paese conoscano già l’italiano, offende il buon senso e la dignità umana. La politica dell’Italia e di tutta l’Europa verso l’immigrazione è una vergogna, si basa su due parole: paura e sicurezza. Non possiamo trattare soltanto chi ha diritto di cittadinanza con dignità, ma tutti gli esseri umani devono essere trattati in questo modo. Una politica che dice all’Africa: dateci i cervelli, le competenze e tenetevi i poveri, non funziona. Non si può pensare soltanto alle prossime elezioni, bisogna pensare alle generazioni future e al fatto che l’Europa dei prossimi trent’anni avrà bisogno degli immigrati ». Non manca un giudizio su Obama: «Ovviamente sono stato e sono un suo sostenitore, il che non è difficile visto che la controparte era Bush. Ma non lo idealizzo e mi preoccupa chi lo fa. Andrà misurato sulla sua capacità di rispettare con coerenza i principi fondamentali dell’etica politica».
Per inviare la propria opinione al Corriere della Sera, cliccare sull'e-mail sottostante