Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 15/05/2009,a pag. 49, la risposta di Sergio Romano ad un lettore dal titolo " L'Egitto degli italiani, un mondo scomparso".
Di fatto Sergio Romano non risponde al lettore. Conclude così il suo pezzo "Verranno di lì a poco la guerra arabo-israeliana, che avrà conseguenze disastrose per la comunità ebraica, l’esilio di re Faruk, l’avvento al potere degli ufficiali ribelli di Nasser, la proclamazione della repubblica. «L’Egitto degli italiani» apparteneva ormai al passato e sarebbe esistito da allora soltanto nelle memorie familiari di coloro che lo avevano amato.". Non vediamo il nesso logico fra la domanda che gli pone il lettore e tutta la risposta con l'accenno finale alla guerra dei Sei Giorni. La frase è costruita in modo ambiguo, sembra che l'esilio del re Faruk e l'avvento di Nasser siano conseguenze della guerra che l'Egitto e i Paesi arabi fecero a Israele. Il che è falso. Molti italiani furono cacciati da Nasser dopo la guerra dei sei giorni, ma l'espulsione degli ebrei dall'Egitto, come da tutti i paesi arabi, non viene nemmeno accennata da Romano. Per avere un'analisi onesta e accurata della Guerra dei sei giorni, consigliamo la lettura del libro "La guerra dei sei giorni" di Michael Oren, uno storico serio, oggi ambasciatore d'Israele a Washington (Oscar Mondadori). Ecco lettera e riposta:
Sarebbe interessante conoscere la storia degli italiani residenti nei Paesi belligeranti e internati dalle autorità locali. Penso al caso degli italiani in Egitto che conosco per esperienza familiare. Tutti i maschi tra i 18 e i 60 anni furono strappati alle loro famiglie. I loro beni e affari furono messi sotto sequestro e la stragrande maggioranza perdette ogni fonte di reddito; e il recupero postbellico fu assai arduo.
Bruno D’Alba
bruno.dalba@fastwebnet.it
Caro D’Alba,
Grazie a un libro di Marta Petricioli pubblicato da Bruno Mondadori nel 2007 («Oltre il mito. L’Egitto degli italiani 1917-1947»), posso dare ai lettori qualche dato interessante. La presenza di una comunità italiana in Egitto è antica, ma assunse particolare importanza quando i Khedivé vollero modernizzare il Paese e ne aprirono generosamente le porte. Gli italiani e i greci formavano le comunità straniere più numerose. Erano commercianti, artigiani, agricoltori, professionisti, funzionari delle pubbliche amministrazioni. Vi furono settori, come l’urbanistica e l’architettura, in cui gli italiani, dopo il bombardamento inglese di Alessandria (1882) e fra le due guerre, ebbero una posizione pressoché monopolistica. Progettarono e costruirono piazze, strade, palazzi per uffici, teatri, ville residenziali.
Secondo il censimento del 1927 erano 51.175 distribuiti fra il Cairo (18.575), Alessandria (24.280), Porto Said (472), Suez (1.273), Basso Egitto (1.767), Alto Egitto (1.108), con un aumento di 10.000 persone rispetto ai dati del decennio precedente. Avevano passaporti italiani ed erano molto patriottici (ne dettero la prova durante la Grande guerra e la Guerra d’Etiopia), ma erano un microcosmo multinazionale e multireligioso. Nella sua prefazione al libro di Marta Petricioli, lo storico Luigi Goglia ricorda che molti di essi erano figli di madri greche, egiziane, siriane, libanesi, maltesi. Gli ebrei erano circa 7.000 ed erano divenuti italiani, secondo un rapporto del console Camillo Salvago Raggi, scritto nel 1905, «per sottrarsi alle vessazioni alle quali erano esposti in questo Paese gli israeliti, sessanta o settant’anni or sono». Accolti da un regime tollerante, questi italiani, scrive Marta Petricioli, «partecipavano alle feste di tutti, andavano al matrimonio in sinagoga, ai funerali nella chiesa copta, ai battesimi nella chiesa ortodossa e prendevano parte al Bairam musulmano, dopo la fine del Ramadan. Dalle comunità italiane del Cairo e di Alessandria emersero Filippo Tommaso Marinetti, creatore del movimento futurista, il poeta Giuseppe Ungaretti, la scrittrice Fausta Cialente, il socialista Paolo Vittorelli e Renato Mieli, direttore de L’Unità fra gli anni Quaranta e Cinquanta, ma duro critico del Pci dopo la rivoluzione ungherese. Terminata la guerra vi furono negoziati per la ripresa dei rapporti diplomatici con l’Egitto e accordi finanziari che colpirono i beni della comunità e ne accelerarono la dispersione. Verranno di lì a poco la guerra arabo-israeliana, che avrà conseguenze disastrose per la comunità ebraica, l’esilio di re Faruk, l’avvento al potere degli ufficiali ribelli di Nasser, la proclamazione della repubblica. «L’Egitto degli italiani» apparteneva ormai al passato e sarebbe esistito da allora soltanto nelle memorie familiari di coloro che lo avevano amato.
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