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Il Foglio Rassegna Stampa
12.05.2009 Il multicultiralismo in pratica
L'analisi di Giulio Meotti

Testata: Il Foglio
Data: 12 maggio 2009
Pagina: 1
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «Europa multietnica»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 12/05/2009, in prima pagina, l'analisi di Giulio Meotti dal titolo " Europa multietnica ".

Amsterdam. Al numero 114 di Jan Hanzenstraat c’è il cuore della moderna schizofrenia olandese. E’ lì che si trova la moschea el Tawheed, “il Monoteismo”, una delle più popolari in città. Un luogo unico al mondo, che soltanto in Olanda potrebbe esistere. Siamo nel quartiere operaio di Old West, che qui chiamano “South Bronx”. Una scritta in perfetto olandese invita a rispettare la privacy. Al di là della strada un coffeshop serve droghe leggere e graffiti di donne nude con bocche da fellatio adornano le mura attorno. Accanto alle ragazzine in t-shirt passano donne musulmane in burqa e chador. La moschea, di proprietà saudita, divenne nota il 2 novembre 2004 quando Mohammed Bouyeri, un giovane islamista che frequentava il luogo di preghiera, tagliò la gola al regista Theo van Gogh, discendente del fratello del celebre pittore Vincent. Qui pregava Samir Azzouz, condannato a otto anni per aver progettato l’assassinio di Geert Wilders, politico antiislamico che ha buone possibilità di vittoria alle prossime elezioni europee. L’imam è un egiziano che gestisce un ristorante dall’altra parte della strada e la moschea offre lezioni in olandese per i molti convertiti all’islam dalla pelle bianca. Ma anche prima che Bouyeri tagliasse “come una pagnotta” la gola a Van Gogh, la moschea era assurta alle cronache per aver venduto libri che giustificano l’uccisione degli omosessuali e la lapidazione delle adultere. E’ una delle moschee che Wilders vorrebbe chiudere. “Il fallimento del multiculturalismo è l’incontro fatale fra la perdita di Dio e la globalizzazione”, ci spiega Jos de Beus, filosofo della politica all’università di Amsterdam, laburista. Dati dell’ufficio centrale delle diocesi olandesi dicono che fra il 1973 e il 2002 oltre 240 chiese cattoliche sono state riconvertite in moschee, palestre o showroom. La chiesa protestante il Seminatore di Amsterdam oggi è la moschea Fatih. L’ultimo caso nel giorno di Pasqua, un mese fa, quando a Groningen una chiesa protestante è stata convertita in moschea. Il simbolo dell’ipersecolarismo è Oude Kerk, la più celebre chiesa di Amsterdam, risalente al XIII secolo, l’edificio più antico della capitale olandese. Di fronte ha molte vetrine di prostitute. La chiesa serve per esposizioni e può essere affittata per cene di gala. Davanti c’è il Sexyland che offre “Live Fuck Shows” (sesso dal vivo), l’High Time Coffeshop per le droghe leggere e l’Erotic Supermarket per i dildos, i peni artificiali venduti ovunque in città. Davanti alla chiesa un monumento: “Rispetto per le lavoratrici del sesso di tutto il mondo”. Costa sette euro visitare la chiesa che domina il quartiere. In una vetrina di oggettistica porno c’è una statua di bronzo con un energumeno che lecca una vagina. A pochi metri da qui però ci sono negozi di islamici in cui le donne non possono entrare. Siamo ad Amsterdam, dove l’islam è la prima religione. E i minorenni musulmani sono già maggioranza. “La vera domanda è perché è così facile integrare negli Stati Uniti e falliamo in Europa?”, dice Frits Bolkestein, teorico liberale e commissario europeo sotto Romano Prodi, accogliendoci nella sua casa sul fiume Amstel. Diciotto anni fa, quando sul giornale Volkskrant uscì un suo articolo sull’islam, Bolkestein fu tacciato di razzismo e accusato di essere un mercante di paure. Era profetico, ma all’epoca non si parlava di islam, stava crollando l’Unione sovietica, l’economia olandese non era mai cresciuta tanto quanto in quegli anni, si stava facendo la storia delle multinazionali, nasceva la Endemol del Grande fratello, l’ottanta per cento della popolazione aveva un lavoro fisso e la seconda generazione di musulmani da Marocco, Turchia e Indonesia stava facendo grandi passi in avanti. Poi, fra il 2002 e il 2004, due omicidi legati all’islam misero fine a quel sogno sinistro e dolciastro. Le uccisioni di Pim Fortuyn e Theo van Gogh furono i casi di violenza politica più clamorosa dai tempi di Jan e Cornelius de Witt, i due amici di Spinoza fatti a pezzi dalla folla. Ma accadeva tre secoli fa. Questo è l’unico angolo d’Europa dove non si scatenarono pogrom, dove Rembrandt dipingeva un Gesù con i tratti dell’ebreo sefardita dove Spinoza diventava profeta di ateismo e Marx indagò le radici del capitalismo. Ma quel paese non esiste più e le città olandesi si stanno trasformando in ghetti etnici a cielo aperto. Oggi uno dei biglietti da visita più diffusi è questo: “Nome: Geert Wilders. Peccato: derisione dell’islam. Punizione: decapitazione. Ricompensa: paradiso”. Due omicidi multiculturali sarebbero bastati a vendicare Bolkestein. Ma l’ex eurocommissario ha dalla sua anche le statistiche. Entro sei anni la regione che comprende Amsterdam, l’Aia, Rotterdam e Utrecht sarà a maggioranza islamica. Intorno all’islam e al crollo del multiculturalismo è in corso una guerra che sta cambiando il volto dell’unico paese in cui Voltaire e Spinoza pubblicarono i loro scritti e Locke mise mano alla “Lettera sulla tolleranza”. E’ il paese con il più progressista sistema di diritti civili al mondo, ma per certi versi è quanto di più vicino agli stati americani della segregazione razziale. Alla scuola Rietlanden/ 8th Montessori di Amsterdam ci sono due ingressi, uno per gli olandesi nativi e uno per gli immigrati. La misura servirebbe a una migliore integrazione. E’ lo stesso governo ad ammettere che “un terzo delle scuole promuove la segregazione”. 680 istituti scolastici nel paese sono oggi composti in maggioranza da un gruppo etnico omogeneo. Uno studio dell’Open Society Institute parla di “quartieri concentrazionari” per il dieci per cento delle quattro più grandi città. Il trenta per cento dei musulmani olandesi vuole la sharia nei Paesi Bassi in una societàapartheid dove l’80 per cento dei figli di immigrati ancora oggi continua a “importare” le mogli dai paesi di origine, come Turchia e Marocco. La segregazione tra uomo e donna è finanziata anche dallo stato. A Utrecht il comune nel 2008 ha speso dieci milioni di euro per manifestazioni pro islam in cui gli uomini e le donne sono separate. La piscina Den Hommel ogni lunedì sera offre lezioni per soli uomini musulmani. Nella moschea Omar al Farouk ci sono due ingressi nell’ufficio informazioni del comune: uno per gli uomini e uno per le donne. La sharia è suffragata in nome della non discriminazione. Il Dutch Committee for Equal Treatment, una sorta di orwelliana commissione per l’eguaglianza, ha stabilito che un’insegnante di fede islamica può rifiutarsi di stringere la mano di un uomo. Come quando un celebre imam radicale, poco dopo l’omicidio di Van Gogh, si rifiutò di stringere la mano del ministro dell’Integrazione Rita Verdonk. Quella manina appesa nel vuoto divenne il simbolo dell’Olanda. Per il quinto anno consecutivo, l’emigrazione dall’Olanda ha superato l’immigrazione. L’Olanda è l’unico paese europeo che sta facendo esperienza dell’emigrazione. “Ho visto il nemico e siamo noi” Bolkestein è noto come “il leone dei liberali”. Ex ministro della Difesa, presidente dell’Internazionale liberale e fustigatore della burocrazia, Bolkestein è stato per dieci anni il mentore di Wilders. “L’Olanda non fa parte di un destino diverso da Inghilterra, Francia, Germania e Italia, che ha legami speciali con il medio oriente”, ci dice Bolkestein. “Il multiculturalismo è letale nell’idea che la cultura è di plastica, malleabile, quando invece è rigida. Nel 1991 scrissi che l’integrazione non avrebbe funzionato se i nostri valori avessero avuto una conflagrazione con quegli degli immigrati. Fui chiamato razzista, odiatore dell’islam. Oggi in Olanda si parla di limitare la libertà di parola per evitare i conflitti. Il numero di immigrati è critico, due milioni di musulmani in Olanda. La precedente minoranza, gli ebrei, erano centomila. Una grande differenza. Ci sono quartieri dominati dai marocchini e segregazione fortissima nelle scuole”. Bolkestein critica la concezione formalista della democrazia. “Un paese una cultura, dovrebbe essere così. C’era un comico americano che disse: ‘Ho visto il nemico e siamo noi’. E’ questa l’Olanda. Avremmo dovuto insistere su alcuni valori non negoziabili, come la libertà di parola, l’eguaglianza uomo- donna, la separazione di stato e chiesa e così via. Sono le rocce della libertà che trovi nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo”. L’ex eurocommissario Frits Bolkestein è stato il maestro, oltre che di Wilders, che oggi critica, anche di un’altra “estremista liberale” come la dissidente somala e apostata Ayaan Hirsi Ali. “Abbiamo bisogno di persone come Ayaan, la adoro, la sostengo, è uno scandalo che lei, un membro del Parlamento, avesse bisogno di una protezione totale, così come Wilders. E’ una situazione scioccante”. Jaffe Vink è l’ex direttore del settimanale “Opinio” e una firma storica del quotidiano cristiano di sinistra Trouw. E’ stato lui a pubblicare il primo articolo di Ayaan due mesi dopo l’attentato alle Torri Gemelle di New York. “Parliamo di culture, ma non ne vediamo le differenze”, ci spiega Vink nella sua casa di Amsterdam. “Pensavamo che noi e Ratko Mladic avessimo la stessa cultura, che avrebbe pensato come noi”. Vink parla di uno dei segreti che tormenta la coscienza olandese: Srebrenica. Con i suoi 7.500 musulmani assassinati, fu la più grande strage di civili in Europa dopo il 1945. A difendere la popolazione dai serbi era stato dislocato un battaglione di paracadutisti olandesi. Una delle cartoline più cupe del Novecento mostra il colonnello olandese Ton Karremans brindare con Mladic. Subito dopo comincerà la strage dei civili. “Eravamo molto pacifisti, non volevamo più guerre, eravamo ricchi, mai stati tanto opulenti e liberi”, prosegue Vink. “Non avevamo più idea del nemico e fu fatale a Srebrenica, una città grande quanto l’olandese Old-Leusden. Non avevamo idea di cosa fosse il male e questo è successo perché abbiamo perso ogni legame con la religione”. Vink parla di “disintegrazione” dell’Olanda multiculturale. “Wilders ogni giorno potrebbe fare la fine di Theo van Gogh e Pim Fortuyn. Nella storia passata c’è stata così tanta violenza e sangue che abbiamo pensato fosse lontana, oggi la storia è in mezzo a noi. E’ in corso una metamorfosi completa delle nostre città e il successo di Wilders passa dal mutamento della strada. Il multiculturalismo ha dimenticato i fattori educativi, religiosi, culturali, pensando soltanto a quelli sociali. Negli ultimi vent’anni ci siamo disinteressati delle minoranze, la chiamavamo tolleranza, ma era indifferenza. Mia figlia frequenta una scuola al sessanta per cento di immigrati. Il primo passo dell’apartheid è portare i figli in un’altra scuola, poi si cambia casa. E’ segregazione, ma per trent’anni non ne potevamo parlare”. Leon de Winter è uno degli scrittori olandesi di maggior successo. Fino a pochi anni fa era una specie di “provos”, i provocatori che qui ad Amsterdam ben prima del 1968 facevano “happening”, evento. Poi De Winter ha cambiato idea sul fallimento olandese. “Vedo ogni giorno le conseguenze del relativismo culturale e della correttezza politica che ci impedisce di essere chiari, critici e orgogliosi sui nostri valori e la nostra civiltà”, spiega al Foglio De Winter. “E’ una crisi del nostro sistema e di ciò che siamo. La grande popolarità di Wilders sta dando voce a sentimenti condivisi dalla popolazione, costringendo il resto dei partiti a parlare di immigrazione e di islam nel sistema giudeo-cristiano. Wilders riveste quindi un ruolo molto prezioso. L’Olanda è costretta a essere all’avanguardia in questi problemi perché abbiamo avuto due omicidi politici in pochi anni, una cosa che non si vedeva da secoli in un paese molto pacifico e con gerarchie rigide”. Gli omicidi di Fortuyn e Van Gogh hanno abbattuto il tabù del multiculturalismo. “Quelle morti hanno avuto come effetto, contrariamente allo scopo degli assassini, la sollevazione di un velo. Abbiamo scoperto di aver educato due persone a uccidere per mettere a tacere gli oppositori. Dopo lo shock si è aperto in modo straordinario lo spazio della discussione sull’islam. Ho appena letto l’editoriale di un giovane laburista a favore della limitazione dell’immigrazione musulmana. Se lo avesse scritto due anni fa sarebbe stato bandito dai socialdemocratici. Invece oggi esprime idée simili a quelle di Fortuyn. Nessuno oggi in Olanda può far finta che il problema non esista. Non possiamo più chiudere gli occhi”. Quello di Paul Cliteur, docente all’università di Leiden, la più antica e prestigiosa di tutta l’Olanda, è un punto di vista affascinante perché proviene da un ateo e liberale. Cliteur è stato l’insegnante di Ayaan Hirsi Ali e sei mesi prima dell’uccisione di Van Gogh, intuendo che la critica dell’islam stava diventando pericolosa, decise di sospendere ogni intervento pubblico. “C’è una distanza sempre più crescente fra la main street, l’uomo comune, e l’élite politica”, ci racconta Cliteur. “Forse anche per questo Wilders è il primo partito al momento. Il suo successo è il fallimento della politica tradizionale. L’Olanda è un grande esperimento sociale, negli anni Sessanta e Settanta il secolarismo ha avuto un effetto devastante sulla società, peggio che in Svezia. C’è stato poi un revival religioso molto potente con l’immigrazione islamica e si è creata una tensione incredibile nella società multiculturale. Fortuyn, Van Gogh e Hirsi Ali sono manifestazioni di questa guerra. Il relativismo postmoderno ha fallito nel capire il fondamentalismo religioso islamico. C’è come un’estraniazione liberal che finisce per accettare la teocrazia islamica e per assorbire la sharia all’interno della propria decadenza”. Cliteur parla del potere del senso di colpa nella questione dell’immigrazione. “Siamo stati molto naïf nel corso della storia, abbiamo condonato il male e abbiamo finito per sacrificare la libertà per la stabilità della società. Per i multiculturalisti, l’Olocausto, il nazismo, il comunismo, la schiavitù non sono deviazioni dallo sviluppo benigno della cultura occidentale, ma prodotti della cultura europea, giudicata oppressiva in sé. I multiculturalisti rifiutano l’universalità delle idee illuministiche di democrazia, diritti umani, legge, considerate manifestazioni di arroganza culturale. Le minoranze dovrebbero poter vivere secondo i propri costumi. Ma questa visione ha conseguenze gravissime sulla società liberale. Quando venne ucciso Fortuyn c’era chi diceva: ‘Wow, è successo!’. Poi è toccato a Van Gogh: ‘Wow, è successo di nuovo’. Theo era visto come un pazzo ed è stato detto che se non fosse stato così aggressivo non sarebbe stato ucciso. Un errore fatale. E vedendo quanto si deve proteggere Wilders, la gente sta smettendo di porre la questione con chiarezza. Ne deriva un silenzio culturale. Sei mesi prima dell’uccisione di Van Gogh ero in televisione e posi la questione dell’islam. Sentivo che il governo non era pronto a proteggere gli intellettuali critici, ne parlai con Theo e gli dissi che era troppo pericoloso. Lui mi rispose: ‘Non sono disposto a farmi mettere a tacere’”. Cliteur spiega così il paradosso della liberazione sociale idolatrata in Olanda. “Trent’anni fa era facile essere a favore dell’emancipazione sessuale ad Amsterdam, il progressismo la faceva da padrone, oggi l’omosessualità è un problema con i musulmani. E in nome della stessa ideologia della tolleranza si può essere tacciati di discriminazione contro i musulmani che odiano i gay. Alla fine si finisce per essere contro tutto ciò che ha prodotto di buono l’illuminismo”. Anche Frits Bolkestein parla del senso di colpa: “La Free University di Amsterdam, una facoltà calvinista dove quando ti iscrivi devi dichiarare a quale confessione appartieni, tiene oggi corsi di formazione per imam. Alcuni giorni fa stavo parlando ad alcuni studenti universitari della Passione sulla croce e uno mi chiese: ‘E’ nel Ramadan?’. Esistono due tipi di società nella storia: quelle basate sulla colpa o sulla vergogna. Il medio oriente è una cultura della vergogna, la nostra è della colpa. Il protestantesimo calvinista che domina in Olanda è una religione miserabile simile ai condannati a morte giapponesi, che sapevano di dover morire ma non sapevano quando. E’ disumana l’idea di essere predestinati all’inferno qualunque cosa tu faccia. L’Olanda si basa su questo senso di colpa che ha influenzato il multiculturalismo”. Il professor James Kennedy è un liberal americano che insegna all’università di Amsterdam. Alcuni anni fa scrisse uno studio pionieristico dal titolo “Building new Babylon”. “La maggior parte di noi, compresi gli americani, pensa che l’Olanda sia un paese libertino e libero, ma non è così. E’ una nazione legata al concetto di ordine pubblico, le cose non devono sfuggire di mano. Non vogliono che ci siano pratiche illegali, così è per l’eutanasia, la prostituzione, la droga. Come risultato c’è stata un’autentica indifferenza verso gli altri. E’ un paese pluralista e per evitare i conflitti ha preferito ignorare gli altri”. Al nostro arrivo il comune di Amsterdam ha approvato le “aree gay”. L’insolita indicazione compare su cartelli installati agli ingressi di un parco di Amsterdam per fare sapere dove i gay possono andare a cercare un partner e appartarsi. Siamo a Slotervaart, lo stesso quartiere dove abitava l’assassino di Van Gogh, circondato dal lago Nieuwe Meer e dai parchi Rembrandt e Vondelpark. Sui cartelloni si indicano anche le spiagge, quelle in cui sono ammessi i cani e i parchi giochi per bambini. Ma soprattutto c’è l’area di ricreazione “de Oeverlanden” che col tempo è divenuto un luogo di incontri tra omosessuali provenienti dal resto d’Europa. E’ anche a questo tipo di follie ideologiche che pensa Nahed Selim quando parla di “negativismo olandese”. Con la partenza di Ayaan Hirsi Ali, l’egiziana Selim è diventata la più importante voce femminile in Olanda contro la sottomissione delle donne nelle comunità musulmane. “Sono una baby-boomer, parte della generazione nata fra il 1945 e il 1955”, racconta la scrittrice al Foglio. “Ho beneficiato come nessun altro della ricchezza del dopoguerra. Però ero circondata da gente immersa in un cosmopolitismo che mi appariva piacevole e bizzarro. Gente più legata all’umanità in astratto che ai propri vicini in carne e ossa. Questo strano negativismo della cultura olandese non è mai scomparso Parlare dell’islamizzazione della società è un tabù in Olanda. E per islamizzazione non intendo l’aumento del numero di musulmani o la conquista militare del paese da parte dei musulmani, ma un processo in cui la religione inizia a dominare ogni aspetto della vita. La partenza della mia amica Ayaan è stato un giorno molto triste per l’Olanda, oggi ci sono pochissime voci di donne islamiche nel paese. Gli olandesi amano credere che non vi siano differenze fra islam, giudaismo e cristianesimo. Pensano che le religioni siano tutte uguali, ma l’islam è anche sistema sociale e politico. Sono furiosa per come stiamo gettando al vento i diritti delle donne. La cosa più stupida che la democrazia possa fare è relativizzare se stessa. Stiamo svendendo i diritti umani. Se l’islamizzazione continuerà non vedo futuro per l’Olanda. Questa non è più tolleranza, è oppressione”. Per Andreaas Kinneging, accademico e figura di riferimento della cultura cattolica, si è creata una sorta di “apartheid”, come in Sud Africa. A Kinneging non piace Wilders, lo chiama “demagogo”. “La cosiddetta ‘pacificazione’, iniziata negli anni Settanta ha portato all’apartheid multiculturale. Quella olandese è una società del consenso costruita sul compromesso. La mentalità olandese è ancora molto calvinista e si basa su una visione settaria della società. Il risultato è un’apartheid, che qui però chiamiamo ‘pilastri’. Se il trend demografico continua, nel giro di qualche decennio i musulmani saranno maggioranza. L’Olanda è a un paio d’ore di aereo da Roma, i nostri problemi sono i vostri problemi. E la prospettiva nazionale non ha più senso, sono pessimista sul futuro della civiltà europea. Non so cosa sia andato storto, ma siamo deboli. E loro pretenderanno di cambiare le regole della democrazia”. Il giornalista inglese Douglas Murray è uno dei massimi fustigatori del “silenzio olandese”, come lo ha chiamato in una column per il quotidiano Times. Appena arrivato all’hotel, ad Amsterdam, in occasione di un discorso per commemorare Pim Fortuyn, Murray si sente chiedere dalla ragazza della reception: “Vuole gentilmente scrivere qui il nome che vuole usare e qui invece il suo vero nome?”. Un’ora prima, all’aeroporto, era stato accolto da un uomo che teneva in mano un cartello con un numero precedentemente concordato. “Non mi era stato detto dove avrei alloggiato o in quale luogo avrei parlato. La segretezza era necessaria: ero venuto in Olanda per parlare di islam”. C’era una volta il paese più libero d’Europa. Quel paese oggi non esiste più e il suo politico di maggior successo è anche quello più scortato di tutto l’occidente. “I minatori erano soliti portare un canarino sotto terra per vedere se c’era aria velenosa”, racconta Murray al Foglio. “Per me l’Olanda è come questo canarino. E’ un paese liberal per eccellenza, ma è avanzato e interessante da studiare anche per il fatto di avere un islam totalitario e antidemocratico. L’Olanda per prima in Europa ha sperimentato cosa accade quando avviene una collisione. Le vittime si chiamano Fortuyn, Van Gogh e la mia amica e collega Hirsi Ali. Salman Rushdie ha detto giustamente che Ayaan è stata la prima profuga politica dall’Europa verso gli Stati Uniti dalla fine della Seconda guerra mondiale”. Murray è uno dei più espliciti nel parlare di bomba demografica. “E’ il governo olandese a dirci che entro sei, sette anni l’area fra Amsterdam e Rotterdam sarà a maggioranza islamica”. Ma gli olandesi non sembrano preoccuparsi troppo delle centinaia di moschee sorte in tutto il paese. “Good luck to them”. Secondo Leon de Winter, il multiculturalismo è stato un fallimento soprattutto per gli immigrati. “Ha illuso i musulmani che tutto fosse uguale, mentre abbiamo scoperto che non si può trapiantare la cultura e la religione del Marocco nel cuore dell’Olanda e nell’Amsterdam ipersofisticata. Volkert Van der Graaf, l’assassino di Fortuyn, pensava che gli animali avessero gli stessi diritti degli esseri umani e che una cultura fosse uguale a un’altra cultura. Ecco che cosa ha prodotto il relativismo, la negazione della civiltà umana, basata sulla capacità di discriminare. La discriminazione è l’essenza della civiltà. Vogliono invece imporre alla società l’idea che tutto è uguale. Così come la presunzione che l’islam è uguale alla cristianità. Sono due diversi concetti di Dio. Il multiculturalismo si basa su questa presunzione. Mohammed Bouyeri era frustrato da questo. All’inizio ero orgoglioso della famosa libertà olandese, poi ho capito che era indifferenza. Qui potevi dire quel che volevi, ma nessuno ti stava davvero ad ascoltare, ognuno viveva nel proprio gruppo. Per far sì che la tolleranza olandese funzionasse bisognava chiudere gli occhi e tapparsi le orecchie. Tutto è cambiato con l’immigrazione di musulmani provenienti da tutto il mondo. E’ questa la sfida che ha posto l’islam”. Jos De Beus è uno storico intellettuale con la tessera del Partito laburista. Lo incontriamo nel suo ufficio pieno di libri sul conservatorismo e gli Stati Uniti all’interno dell’università, vicino al quartiere a luci rosse, in un bellissimo edificio che un tempo ospitava un ospedale. E’ con tristezza che De Beus denuncia l’estraniazione della propria cultura politica e l’alienazione prodotta dall’ideale multiculturale. “Qui non esistono problemi locali, siamo un paese piccolo, quello che accade ad Amsterdam ha riflessi ovunque. L’errore della sinistra è pensare che gli elettori di Wilders sia gente delle periferie, rozza e razzista. Il multiculturalismo si era illuso di poter fare a meno della questione religiosa. Pensavamo che l’educazione e il lavoro avrebbero integrato. Ci sbagliavamo, era materialismo e abbiamo perso ogni senso della storia. Siamo un’avventura miracolosa di democrazia e per questo si pensava che dovessimo essere fiduciosi, tutto sarebbe andato per il meglio. La situazione però è sfuggita di mano. Il nostro libertinismo non è quello di Locke, ma di ogni giorno. Gramsci parlava di ‘consenso organico’ e visti dall’esterno siamo dei conformisti. Un famoso film degli anni Sessanta spiegava bene l’Olanda. Il film si concludeva con centinaia di operai che alla fine del turno di lavoro salivano sulle proprie biciclette tutte nere e pedalavano fra i canali di Amsterdam. Ma è come se non si conoscessero. Tutti si ignoravano”.

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