sabato 23 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






Il Sole 24 Ore Rassegna Stampa
10.05.2009 Pressioni (e fondi) iraniani dietro la rottura tra Mauritania e Israele
Ma la scusa ufficiale è la guerra a Gaza

Testata: Il Sole 24 Ore
Data: 10 maggio 2009
Pagina: 8
Autore: Roberto Bongiorni
Titolo: «L'ospedale di Israele agli ayatollah»

Riportiamo dal SOLE 24 ORE di oggi, 10/05/2009, a pag. 8, l'articolo di Roberto Bongiorni dal titolo " L'ospedale di Israele agli ayatollah ".

La Mauritania è uno dei 22 paesi membri delta Lega Araba. Nel 1999, terzo Stato arabo dopo Egitto e Giordania, avvia piene relazioni diplomatiche con Israele. Irritata per l'offensiva israeliana contro Gaza, il 6 marzo 2009, la giunta mauritana, salita al potere con un colpo di Stato neI 2008, espelle l'ambasciatore israeliano. Nel 2000 prende il via la costruzione a Nouakchott di un moderno ospedale per curare il cancro finanziato dal ministero israeliano della Salute  Lo scorso ottobre le autorità israeliane consegnano le chiavi della clinica. Dopo la rottura dei rapporti con Israele in seguito all'offensiva su Gaza, l' Iran annuncia che finirà i lavori. Dopo l'attacco a Gaza, la giunta mauritana espelle l'ambasciatore israeliano e la repubblica islamica diventa sponsor del progetto. Come si chiamerà? Ospedale israeliano, così come è conosciuto oggi? Ospedale israelo-iraniano? Oppure solo ospedale iraniano, come vorrebbe Teheran? Per la popolazione della Mauritania, uno dei Paesi più poveri dell'Africa, l'importante è che il centro specializzato nella cura dei tumori apra i battenti. Eppure il nome non è un dettaglio. Perché non si tratta di una curiosa joint-venture umanitaria tra due paesi nemici, di fatto in stato di guerra. Tutt'altro. Il nuovo ospedale che Teheran vuole far suo è piuttosto uno dei segni dell'offensiva diplomatica che la repubblica islamica sta sferrando contro Israele. E la Mauritania è solo l'ultimo capitolo di un'espansione silenziosa - messa in ombra dall'avanzata commerciale cinese - che l'Iran sta portando avanti soprattutto in Africa. Tutto inizia nel 2000.Il clima allora era un altro: l'attentato alle Torri gemelle era di là da venire e gli estremisti islamici non avevano ancora cercato riparo nelle aree desertiche del Maghreb, dove i confini sono tracciati solo sulla carta. Il ministero della Salute israeliano, in collaborazione con l'Amencan Jewish Committee, decide di stanziare i fondi per l'ospedale: un simbolo di amicizia verso l'unico paese arabo dell'Africa che, dal 1999, riconosce Israele e con cui mantiene - o meglio manteneva fino a due mesi fa - pieni rapporti diplomatici. Un esempio virtuoso che Gerusalemme si augurava potesse essere seguito da altri stati arabi. A oggi, dei 22 paesi della Lega Araba solo Giordania ed Egitto riconoscono Israele. Da Tel Aviv, Boaz Bismuth racconta la sua avventura. Ambasciatore in Mauritania dall'inizio del 2004 fino all'agosto del 2008, ha fatto dell'ambizioso progetto il suo cavallo di battaglia. Inviato di guerra in Medio Oriente, e poi corrispondente a Parigi per un quotidiano israeliano, Boaz aveva solo 39 anni quando assunse l'incarico a Nouakchott. «Era un progetto straordinario - ricorda con entusiasmo - qualcosa di importante che consolidava i rapporti con un paese con cui avevamo ottime relazioni». La costruzione incontrò più di qualche ostacolo. D'altronde la Mauritania non è certo un paese stabile. I due colpi di Stato negli ultimi tre anni e le critiche mosse dal Fondo monetario per la corruzione nella gestione dei nuovi giacimenti di petrolio sono solo gli esempi più evidenti. «Ci è voluto più tempo del previsto, ma se sapeste quanti sforzi ci è costato, quanti nostri tecnici, ingegneri e architetti hanno fatto la spola da Israele. L'ospedale non ha nulla da invidiare alle cliniche occidentali. E' un gioiello!», continua l'ex ambasciatore. Nel 2005 l'allora ministro israeliano degli Esteri Silvan Shalom, in visita ufficiale a Nouakchott, si recò al cantiere per valutare di persona l'andamento dei lavori. Il costo aveva già superato il milione di dollari, ma le cose procedevano bene; nel frattempo già 6o medici mauritani erano stati formati in Israele. Tra colpi di Stato e polemiche, passano tre anni e mezzo. Ed ecco che a metà novembre del 2008 arriva il momento tanto atteso: Miky Arbel, il nuovo ambasciatore di Israele in Mauritania, nel corso di una cerimonia solenne consegna le chiavi del centro nazionale d'oncologia alle autorità locali. Mancano alcuni apparecchi, ma tutto è pronto in attesa di essere spedito. Nessuno poteva per prevedere l'imponderabile. L'offensiva militare israeliana nella Striscia di Gaza, volta a distruggere le rampe dei missili utilizzate da Hamas, provoca oltre 1.300 morti. I paesi arabi insorgono, tra questi anche la giunta salita al potere con un colpo di Stato in Mauritania. In gennaio, a Doha, in Qatar, durante un vertice di emergenza, la Mauritania annuncia l'intenzione di sospendere i rapporti con Israele. Il 6 marzo espelle l'ambasciatore israeliano e il quotidiano liberal Haaretz avanza l'ipotesi della regia iraniana dietro l'espulsione. Non solo, circolerebbe anche un rapporto in cui si accenna al costo del blitz diplomatico: 10 milioni di dollari e la promessa di grandi accordi commerciali. Soltanto voci. Ma non passa inosservato il fatto che, appena qualche settimana più tardi, il ministro degli Esteri iraniano, Manouchehr Mottaki, compie un viaggio ufficiale a Nouakchott. Una visita lampo, solo sei ore, la prima nel paese africano dal 1982. Eppure trova il tempo per recarsi all'ospedale israeliano. «Sostituiremo Israele e forniremo all'ospedale i macchinari necessari», annuncia ufficialmente. Boaz ritorna ai tempi in cui era ambasciatore. Non si capacita di come la sua Mauritania abbia cambiato rotta. «Un paese dove l'Islam è molto tollerante. A volte accadeva che noi israeliani fossimo consultati da alcuni paesi occidentali per entrare in contatto con le autorità locali». A Gerusalemme non resta ora che mandar gi un boccone indigesto, reso ancor più amaro dal vedere i medici iraniani girare per le corsie dell'ospedale.

Per inviare la propria opinione al Sole 24 Ore, cliccare sull'e-mail sottostante


letterealsole@ilsole24ore.com

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT