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La Stampa Rassegna Stampa
10.05.2009 Obama promette:'In Egitto un nuovo passo verso l’Islam'
L'analisi di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 10 maggio 2009
Pagina: 15
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Obama promette: 'In Egitto un nuovo passo verso l’Islam'»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 10/05/2009, a pag. 15, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo "Obama promette:'In Egitto un nuovo passo verso l’Islam' ":

Barack Obama sceglie l’Egitto per compiere un «nuovo passo verso l’Islam» ma dal Cairo i Fratelli musulmani lo accusano di preparare «un inganno per dividere la nazione araba». Il 4 giugno il presidente americano inizierà con un «discorso all’Islam» il viaggio che lo porterà nell’ex lager di Buchenwald, a Dresda e sulle spiagge della Normandia in un percorso studiato per sottolineare i valori che più ha a cuore in coincidenza con il 65° anniversario dello sbarco alleato che diede inizio alla liberazione dell’Europa dal nazifascismo. Aver inserito il «braccio teso verso l’Islam» in questo itinerario significa per Obama voler ribadire che «una delle sue missioni da presidente è il dialogo con i musulmani» come suggerisce il portavoce Robert Gibbs ricordando quanto disse nel giorno dell’insediamento, l’intervista ad Al Arabiya e il recente discorso ad Ankara sull’America «non in guerra con l’Islam».
Lo staff del presidente aveva presentato due opzioni per la sede del discorso, Marocco o Egitto, e a prevalere è stata la seconda perché «è un Paese percepito come il cuore del mondo arabo» spiega Gibbs. Fra gli analisti di Medio Oriente a Washington c’è la convinzione che il presidente andrà ben oltre le espressioni di riconciliazione politica. «Obama ha creato una combinazione di curiosità ed eccitazione in tutto il Medio Oriente - spiega Jon Alterman, direttore degli studi mediorientali del Centro di studi strategici e internazionali - perché incarna il cambiamento in una regione dove molti ne sono terribilmente assetati, per questo mi aspetto un discorso più personale, su di sé, la sua storia, la sua famiglia». Gibbs avvalora tali attese quando preannuncia: «Quanto il presidente dirà in Egitto non sarà destinato ai leader e ai governanti ma a molte, molte, persone comuni nel mondo arabo e musulmano». E’ un approccio che serve anche per prendere le distanza dal presidente egiziano Hosni Mubarak, accusato di sistematica repressione delle libertà. «Avremo modo di parlare di diritti umani nel corso del viaggio», assicura la Casa Bianca.
Per ragioni di sicurezza il luogo dove parlerà Obama non è stato rivelato anche se, secondo indiscrezioni rimbalzate dal Cairo, potrebbe essere l’Università di Al-Azhar, considerata uno dei cuori pulsanti dell’Islam. Ma l’Egitto è anche una roccaforte dei fondamentalisti. E’ qui che sono nati Ayman Al-Zawahiri, ideologo di Al Qaeda e vice di Osama bin Laden, e Mohammed Atta, l’ex poliziotto del Cairo che guidò il commando di kamikaze che attaccò l’America l’11 settembre 2001 causando tremila vittime. E dalla galassia dei fondamentalisti sono arrivate le prime critiche al viaggio quando Mohamed Habib, vice leader dei Fratelli Musulmani, ha parlato di «inganno». «Le aperture degli Stati Uniti a Siria e Iran, le visite in Arabia Saudita e Egitto e anche il discorso che farà Obama servono solo per promuovere l’agenda pro-Israele della superpotenza - ha accusato - l’America sta cercando di dividere questi Paesi per usarli singolarmente per servire l’agenda e gli interessi nazionali al fine di promuovere, proteggere e garantire la superiorità dell’entità sionista».
Poiché i Fratelli Musulmani sono il principale partito di opposizione in Egitto, controllando un quinto dei seggi in Parlamento, le frasi di Habib preannunciano manifestazioni e proteste, lasciando intendere che Obama non troverà un giardino di rose. «Le affermazioni dell’amministrazione sono rosee ma la politica si basa non su parole ma su fatti, aspetteremo prima di fidarci», ha concluso Habib, parlando a nome di una forza politica che molto ha contribuito al radicamento dell’ideologia panislamica. Secondo un recente sondaggio Gallup solo il 13% degli egiziani approvano l’operato del governo americano.

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