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Il Manifesto Rassegna Stampa
01.05.2009 Nedim Gürsel denunciato perchè il suo libro 'insulta la religione musulmana'
Questa sarebbe la Turchia laica che vuole entrare in Europa ?

Testata: Il Manifesto
Data: 01 maggio 2009
Pagina: 20
Autore: Anna Maria Merlo
Titolo: «Se il sogno offende Allah»

Riportiamo dal MANIFESTO di oggi, 01/05/2009, a pag. 20, l'intervista di Anna Maria Merlo a  Nedim Gürsel dal titolo " Se il sogno offende Allah ":

Il prossimo 5 maggio, lo scrittore di origine turca e di nazionalità francese Nedim Gürsel sarà giudicato per la seconda volta, in Turchia. L’accusa è di aver insultato la religione musulmana nel suo ultimo romanzo, Le figlie di Allah, già uscito in Turchia (e che verrà pubblicato in Francia, dal suo editore abituale, Seuil, il prossimo ottobre). Il giudice civile dovrà stabilire se lo scrittore, attraverso il romanzo, ha «insultato pubblicamente i valori religiosi di una parte della popolazione» e, così facendo, ha «minacciato la pace sociale » del paese, infrangendo l’articolo 216 del codice penale turco, che prevede una pena da sei mesi a un anno di carcere. Dopo i processi che hanno avuto luogo in Danimarca e in Francia per le vignette su Maometto pubblicate dal quotidiano danese Jyllands Posten - e riprese da Charlie Hebdo - il processo intentato a Gürsel rischia di trasformarsi in un nuovo caso polemico internazionale. Tanto più che la Turchia sta faticosamente portando avanti i negoziati con Bruxelles in vista di un’adesione all’Unione europea. Nell’81, Nedim Gürsel era già stato convocato a presentarsi di fronte a un tribunale in Turchia. Allora si trattava di un tribunale militare, che lo aveva condannato per il suo primo romanzo, Una lunga estate a Istanbul, dove aveva raccontato, con dei riferimenti autobiografici, una giovinezza stroncata dalla repressione politica. Ma Gürsel, come molti altri intellettuali, aveva già scelto l’esilio, in seguito al colpo di stato che nell’80 aveva portato al potere la giunta del generale Evren. Due anni dopo il processo, un altro romanzo, La prima donna, era stato censurato nel suo paese d’origine. In attesa della prima udienza del processo che si svolgerà la prossima settimana, una petizione a favore di Gürsel, firmata da vari scrittori, tra cui il Nobel J.M.G. Le Clézio, Bernard Henri Levy, Tahar Ben Jelloun, Antonio Tabucchi, Eric Orsenna, sta per essere pubblicata in Francia. Con un intervento su Le Monde – «Libertà per Nedim Gürsel, lo scrittore turco èminacciato» - lo scrittore Marc Levy, che ricorda le proprie origini turche, si è rivolto al presidente del tribunale di Sisli, che dovrà giudicare Gürsel il 5 maggio, chiedendo: «questi uomini dell’accusa, che si apprestano a giudicare le pagine di Nedim Gürsel, hanno forse condannato fermamente chi brucia le scuole, chi impedisce l’istruzione delle donne, chi attacca bombe al torso dei bambini, chi terrorizza e assassina le popolazioni civili, chi commette queste atrocità sviando la parola del Profeta?». Le Editions du Seuil, in un comunicato, «si inquietano delle azioni giudiziarie che potrebbero venire intraprese contro Nedim Gürsel e considerano che il processo aperto contro lo scrittore sia un grave attacco alla libertà di espressione e di creazione». Le figlie di Allah, come altri romanzi di Nedim Gürsel, è un romanzo a varie voci. Si svolge in una cittadina turca e i protagonisti sono un nonno e suo nipote, il cui immaginario è nutrito dei versetti del Corano e delle leggende relative alla vita di Maometto. Anni dopo, il bambino diventato adulto e scrittore si interroga sulla fede, porta uno sguardo critico su di essa, pur evocando l’età d’oro dell’islam, le sue conquiste e le sue tragedie. Passato e presente si intrecciano, dalla vita del Profeta fino ai dubbi dello scrittore di oggi, passando per le avventure del nonno sul fronte di Hedjaz, territorio ottomano attaccato durante la prima guerra mondiale da Lawrence d’Arabia e dai beduini, cioè una guerra tra musulmani. Nedim Gürsel, che dopo anni di insegnamento a Parigi III, avrebbe voluto tornare per un anno come professore all’università di Istanbul, adesso è prudente e aspetta la sentenza. Dopo trent’anni, è l’incubo del passato e del primo processo che torna. Come mai questo processo di fronte a un tribunale civile? Da dove arriva la denuncia? Da mesi, escono articoli inquietanti contro il romanzo sul quotidiano islamista Wakit. L’estate scorsa c’è stata una denuncia presentata da un credente: in realtà, secondo me, si tratta di un paravento dietro cui si nasconde il gruppo creazionista Adnan Oktar. E’ il gruppo che ha pubblicato e diffuso, anche in Europa, un libro lussuoso a favore delle tesi creazioniste? Sì, sono loro.Hanno tanti soldi e non si sa da dove vengano. Ma il procuratore, dopo questa denuncia, aveva stabilito un non luogo a procedere. Credevo che la storia fosse finita lì. Invece, nel gennaio scorso, il Tribunale di grande istanza ha tolto il non luogo e dato il via libera al processo. Una decisione inabituale. Nel frattempo, la Direzione degli affari religiosi, una struttura posta sotto l’autorità del primo ministro Recep Tayyip Erdogan, ha pubblicato un rapporto dove mi accusano di blasfemo. Ho risposto con una lettera aperta a Erdogan, pubblicata dal quotidiano Milliyet, dove affermo che «mi sembra evidente che preso i paesi democratici e l’Unione europea alla quale il nostro paese auspica di aderire, questo processo non passerà sotto silenzio». Che cosa ti rimproverano? Si tratta di un romanzo, non di un libro di teologia. Non capisco a che titolo è intervenuta la Direzione degli affari religiosi e perché il governo prenda parte a questo scontro. Nei fatti, il libro continua ad essere in vendita in Turchia. Il mio reato è di aver parlato in modo allegorico e immaginario dell’avvento dell’islam. Nel rispetto della fede dei musulmani,mi sono concesso la libertà di interrogare ogni forma di credenza religiosa. Il giudice è lo stesso di fronte al quale era comparso il Premio Nobel Orhan Pamuk? Sì,ma Pamuk era stato giudicato per insulti alla nazione turca – ed era stato assolto. Io sono convocato per motivi religiosi. Credevo che la Turchia avesse superato questo stadio. Erdogan aveva affermato non tanto tempo fa che la Turchia non è un paese che giudica i propri scrittori. Se verrò condannato, sarà una sentenza pesante per i negoziati in corso in vista dell’adesione della Turchia all’Unione europea. La libertà di espressione fa parte dei valori europei. Nel romanzo critichi l’islam? Il romanzo non è un attacco all’islam. E’ uno sguardo all’interno della religione, attraverso gli occhi di un bambino che va alla moschea e sogna il profeta, il suo eroe, assieme a un adulto, il nonno, un uomo pio. Poi il bambino cresce e riflette. Si tratta di un’interrogazione sulla fede. Nel romanzo ci sono personaggi che attaccano il profeta, ma questo è storico, ho lavorato sugli archivi all’Institut du Monde Arabe, su fonti del IX secolo. È uno sforzo per capire da dove viene la violenza nell’islam. Come mai il governo è intervenuto? C’è una guerra tra il governo e il gruppo editoriale Dogan, che è ilmio editore. Forse per il governo questo processo è un modo per metterli in riga. Si tratta di un grosso gruppo, che pubblica due quotidiani, Milliyet e Radical, che ha tre reti tv, molto seguite grazie ai serial. Il governo controlla il gruppo concorrente Savah, dove il genero del primoministro è uno dei direttori. Con Erdogan, stiamo assistendo a una deriva verso l’autoritarismo. Il primoministro non sopporta la critica e ricorre a tutti i mezzi per far tacere la stampa.

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