Riportiamo da SHALOM n° 4 di aprile, a pag.19, l'articolo di Angelo Pezzana dal titolo "L'ipocrisia di chi sputa nel piatto in cui mangia"
Era stato invitato lo scorso anno alla Fiera del Libro di Torino, quella che gli odiatori di professione avrebbero voluto mandare all'aria senza riuscirci. Avrebbe dovuto far parte del folto numero di scrittori israeliani arrivati per far conoscere ai lettori italiani le loro opere in una Fiera di grande successo, inaugurata - per la prima volta in vent'anni - dal Presidente della Repubblica, a significare la gioia di ospitare Israele. Invece no, Sayed Kashua declinò l'invito. " Non posso partecipare ai festeggiamenti di uno Stato che opprime il mio popolo ", scrisse proprio così, in una lettera agli organizzatori che doveva rimanere riservata. Kashua, per chi non lo conoscesse, è in Israele giornalista e scrittore molto conosciuto, potremmo dire di successo. Ha una rubrica personale su Haaaretz che appare ogni settimana sul supplemento del venerdi, è anche autore di alcuni libri tradotti in molte lingue, tra le quali la nostra. Il suo " Arabi danzanti ", tradotto da Elena Loewenthal, è stato accolto favorevolmente dal pubblico e dalla critica. Kashua, è bene dirlo subito, è un arabo israeliano, che però scrive in ebraico, vive con la sua famiglia a Tel Aviv, ha uno stile pieno di ironia nel descrivere la quotidianità del vivere nello Stato ebraico. E', di fatto, uno scrittore come tanti altri, che sia arabo invece che ebreo non ha alcuna influenza o rilevanza nel paese in cui vive. Come non ne ha sugli argomenti che fanno parte del suo bagaglio culturale, e in questo sta, credo, l'interesse che i suoi articoli suscitano fra i lettori di Haaretz, e, di conseguenza, il loro apprezzamento. Il suo rifiuto a partecipare alla Fiera del libro, in quanto scrittore israeliano, mi stupì. L'avevo sempre considerato un esempio da citare quando si parla di integrazione, mi sembrava che il suo essere israeliano, al pari degli altri, fosse un dato acquisito. Rimasi colpito dal suo rifiuto, mi sembrò un'occasione persa nel lungo e difficile cammino verso una coesistenza possibile fra radici diverse ma non per questo automaticamente nemiche. Il suo no, oltre a tutto platealmente ridicolo, visto che la sua vita non differisce da quella di molti altri suoi colleghi, mi fece capire quanta strada ci sia ancora da percorrere se uno come lui, rispettato e onorato da molti ricoscimenti ufficiali, si comporta come un qualunque delegittimatore di Israele. Perchè il suo no a festeggiarne il sessantesimo compleanno, questo significa e non altro. Non è una critica ad un governo, ovviamente legittima, ma il rifiuto di un riconoscimento. Ma il mio stupore si è notevolmente accresciuto quando ho saputo che il nostro ha accettato l'invito a partecipare alla Fiera del Libro di quest'anno, essendo l'Egitto il paese ospite. Dopo aver diligentemente verificato che il nostro non è di nazionalità egiziana, non ho potuto far altro che dedurre, con tristezza, che Sayed Kashua si trova più a suo agio a celebrare la cultura di uno Stato dove la libertà, della quale dovrebbero godere gli scrittori, troppo spesso rimane incagliata nelle trame della censura e nelle condanne di tribunali che della democrazia non hanno mai sentito parlare. Un paese il cui ministro della cultura dichiarava, non molti mesi fa, che avrebbe provveduto a bruciare con le sue mani ogni libro israeliano che avesse trovato nelle librerie. Anche quelli di Kashua,quindi, ammesso che in Egitto ne circoli qualche copia. Va detto che l'Egitto non è il peggio, se osserviamo gli altri stati della regione, non è la Siria, nè lo Yemen e nemmeno l'Iran. Caro Kashua, sei sicuro che potresti scrivere con la libertà che hai oggi in Israele ? Io credo che passeresti la maggior parte del tuo tempo in una prigione "rieducativa", a meno che tu fossi disposto a tessere le lodi del regime, perchè, lo sai bene, da quelle parti usa così, mentre nella libera e cosmopolita Tel Aviv nella quale vivi valgono le regole opposte, più sei critico con il governo più ti riempiono di onori, si può essere addirittura contro lo Stato, come hai fatto tu quando ti sei rifiutato di rappresentarlo alla Fiera dello scorso anno, e non trovare nemmeno una mail di critica sul tuo computer. Caro Kashua, tienti stretta quella terra del ben godi che è Israele, apri gli occhi su quelli che tu consideri "oppressori" e guarda bene in faccia i regimi illiberali che sembri invece apprezzare. Può darsi che le mie siano parole al vento, ti dirò che ne sono quasi sicuro. Eppure, se passerai davanti allo Stand israeliano, se ti va, fermati, troverai i tuoi libri, esposti accanto agli autori israeliani.
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