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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
29.04.2009 Bilancio di Durban II: fallimento totale, e prevedibile
l'analisi di Bernard Hénry Levy

Testata: Corriere della Sera
Data: 29 aprile 2009
Pagina: 32
Autore: Bernard Hénry Levy
Titolo: «Sciogliamo il Consiglio dei diritti dell’uomo»
Dal CORRIERE della SERA del 29 aprile 2009 riportiamo l'analisi di Bernard Hénry Levy,  "Sciogliamo il Consiglio dei diritti dell’uomo":

Possiamo discutere all’infinito sul bilancio di Durban II.

Secondo me, una conferenza antirazzista preparata dalla Libia, inaugurata dall’Iran e che si conclude con un testo il cui merito è, come si va sbandierando, di aver evitato l’attacco frontale contro donne, ebrei, minoranze sessuali e religiose, liberi pensatori e popoli indigeni, è un fallimento totale. Non rimpiango dunque di aver molto presto invitato a boicottare quella che non poteva essere che una farsa e che, da questo punto di vista, e purtroppo solo da questo punto di vista, ha mantenuto tutte le sue promesse (ringraziamo, fra l’altro, i giovani dell’UEJF, Unione studenti ebrei di Francia che, travestiti da clown, dopo aver interrotto il discorso di Ahmadinejad hanno preso al volo la parola farsa e l’hanno rispedita, come un boomerang, agli autori di questa penosa pagliacciata).

Rimane, ora, l’avvenire.

Rimane l’unica domanda che valga la pena porsi e che è quella di sapere quando, come e a quali condizioni potranno essere riparati sia l’errore sia l’oltraggio: pensiamo all’umiliazione dell’ambasciatrice del Ruanda a Ginevra che, davanti al Palazzo delle Nazioni, ha constatato ancora una volta, come durante Durban I, che la Conferenza era presa in ostaggio da gente ben decisa a fare in modo che nulla fosse detto sul terrificante martirio del suo popolo!

Pensiamo alla disperazione dei rappresentanti del Burundi, dell’Angola, dello Sri Lanka e degli Intoccabili indiani o della minoranza cristiana delle Isole Molucche, costretti a far passare la propria sofferenza in secondo piano in un
dibattito al cui proposito si era decretato che: «O avrebbe riguardato il problema dell’islamofobia, del reato di blasfemia, del carattere razzista del sionismo, oppure il dibattito non ci sarebbe stato affatto».

I milioni, anzi le decine di milioni di vittime che sarebbero dovute essere il cuore palpitante di un vertice votato a colpire con fermezza, ovunque nel mondo, gli attacchi ai diritti dell’uomo e i genocidi, si sono sentiti dire: «Non siete ebrei né palestinesi? La vostra disgrazia non deve nulla a quello Stato criminale che è Israele né, accessoriamente, al grande Satana americano che è il suo alleato? Ebbene, in questo caso, circolare! Non c’è niente da vedere nella vostra storia! Voi non esistete, letteralmente non esistete, per i brillanti ideologi incaricati dalle Nazioni Unite di preparare l’evento».

Vedo almeno una condizione perché lo scandalo non solo non si riproduca più, ma sia un giorno riparato. Ci vorrà del tempo, naturalmente. Ci vorranno uomini e donne di
una tempra diversa da quella del signor Ban Ki Moon. Ci vorranno anche democrazie che non si accontentino, come invece dichiarano a gran voce, di aver «evitato il peggio» e che osino, senza reticenze né cattiva coscienza, portare alto lo stendardo dei loro valori. Ma la verità è che c’è una premessa a tutto questo alla quale bisognerà pensare, per far bene le cose, con estrema urgenza. Questa premessa è la rifondazione del cosiddetto Consiglio dei diritti dell’uomo, che ha trascorso anni a programmare questo fallimento grottesco e che, per l’assurdità delle regole dell’Onu, ha finito con l’esser dominato dai rappresentanti non solo della Libia e dell’Iran, ma del Pakistan, del Vietnam e di Cuba.

Bisogna sciogliere il Consiglio dei diritti dell’uomo. Bisogna reinventare un Consiglio dotato di un sistema di governo che renda impossibile il suo controllo da parte di Stati assassini, come accade oggi. Bisogna inventare una procedura semplice che, così come si priva temporaneamente dei diritti civili un cittadino resosi colpevole di un atto criminale importante, permetta di escludere, finché non cambieranno regime, gli Stati canaglia, dittatoriali, colpevoli di genocidio.

È a questo prezzo che forse nascerà finalmente, su scala internazionale, una politica dei diritti dell’uomo degna di questo nome e che andrà in aiuto di tutte le vittime senza eccezione. È in questo modo che forse sarà organizzata un giorno la vera, grande Conferenza
antirazzista che si dedicherà alla sorte dell’immenso popolo di morti, o di morti in sospeso, occultato, messo a tacere, cancellato dai nostri radar, oltre che dal «grande racconto» di coloro che, nel paese dei dannati della terra, vuole ormai vedere soltanto una testa: quella antisionista e, se possibile, islamista.

Recuperiamo la bella parola «antirazzismo» dalle canaglie che se ne sono impossessate. Restituiamo il suo senso a una lotta antirazzista che non ha davvero nessuna ragione di essere abbandonata nelle mani degli amici del razzista Ahmadinejad o ai mercanti di schiavi di Khartum.

Per l’onore e la salvezza di quel che resta del Ruanda e del Darfur, per solidarietà con gli omosessuali impiccati a Teheran o incarcerati a Cuba, per amore dei giovani sposi arsi vivi in Pakistan, imprigionati in Afghanistan o lapidati nell’uno o l’altro degli Emirati Arabi, perché nulla è più odioso dell’uso di due pesi e due misure, dimentichiamo Durban II e prepariamo, al più presto, Ginevra III.

traduzione di Daniela Maggioni

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