Moni Ovadia accusa Israele Per la ' tragedia del popolo palestinese '
Testata: Il Manifesto Data: 22 aprile 2009 Pagina: 12 Autore: Moni Ovadia Titolo: «L'impronta di Stalin»
Riportiamo dal MANIFESTO di oggi, 22/04/2009, a pag. 12, l'articolo di Moni Ovadia dal titolo " L'impronta di Stalin "
Queste le parole conclusive dell'articolo di Moni Ovadia : "Ovviamente il libro di Mlecin non cambia il giudizio sulle vicende successive, in particolare sulla tragedia del popolo palestinese e sulle sue sofferenze determinate principalmente dall’occupazione e dalla colonizzazione voluta dall’establishment politico militare israeliano con la totale complicità dei governi statunitensi... ". Ovadia vede la causa della "tragedia del popolo palestinese e le sue sofferenze " nello Stato di Israele. Ha perso di vista i veri responsabili. Non menziona i Paesi arabi, il terrorismo, il fondamentalismo islamico. La colpa di tutto, per Ovadia, è di Israele. Non è ben chiaro per quale motivo. L'odio dei fondamentalisti islamici per Israele e gli ebrei è palese (Durban II ne è stata una manifestazione legalizzata dall'Onu), mentre non esiste un corrispettivo odio ebraico per gli arabi, almeno in proporzioni politicamente significative. Poco tempo fa Netanyahu ha dichiarato di voler raggiungere la pace con i palestinesi e di volersi occupare del miglioramento delle loro condizioni di vita. Questo è odiarli?
Ecco l'articolo:
«L’antisemitismo è la più pericolosa eredità del cannibalismo ». Se facessi scommesse chiedendo alla stragrande maggioranza degli italiani, giornalisti e intellettuali compresi, d’indovinare a chi attribuire questa frase, guadagnerei delle fortune. La frase è stata scritta da Yossip Vissarionovich Dzugazvili, ai più noto come Stalin. Per non essere tedioso non sottopporrò a quiz queste altre dichiarazioni: «L’Urss era l’unica potenza a sostenere la nostra causa» e «non sappiamo se avremmo potuto resistere senza le loro armi». La prima frase è di Abba Eban, uno dei padri del Sionismo, che fu premier e ministro degli esteri dello Stato d’Israele, la seconda di GoldaMeir. Mi sono servito di queste citazioni per proporre alcune riflessioni su un libro di recente uscita publicato dall’editore Teti con lo sconcertante titolo: Perché Stalin creò Israele. L’autore del saggio è Leonid Mlecin, uno dei più prestigiosi giornalisti televisivi russi, conduttore di un importante talk show storico. Mlecin, sulla base di nuovi documenti emersi con l’apertura degli archivi sovietici, giunge a una conclusione inequivocabile come spiega Enrico Mentana nella sua bella introduzione: «Non ci fosse stata l’Urss di Stalin - proprio lui, Koba il terribile - la nazione israeliana non sarebbe mai nata. E’ una semplificazione, certo, ma chi potrebbe maimetterla in discussione? ». Il concetto viene ribadito anche nella prefazione di Luciano Canfora che spiega come Israele nacque soprattutto grazie all’appoggio sovietico e sconfisse Egitto e Giordania (armati dagli inglesi) grazie alle armi inviate su diretto ordine di Stalin attraverso la Cecoslovacchia, per aggirare l’embargo alla fornitura di armi ai combattenti ebrei della Palestina, embargo dichiarato e sostenuto dagli inglesi con l’appoggio degli Usa. Che in quegli anni erano precipitati nelmaccathismo con la caccia alle streghe che fu anche una violenta campagna antisemita. Allora nell’estabilishment ultraconservatore statunitense vigeva l’equazione ebreo/sionista =comunista. Mlecin inquadra il suo saggio nel contesto generale dei rapporti complessi e contradditori fra la vicenda del comunismo sovietico e gli ebrei ed estende la sua attenzione al periodo successivo agli anni dello Stalin filoisraeliano e ambiguamente disinteressato al destino del popolo palestinese - non diversamente in quell’epoca dall’intera sinistra occidentale - quando il dittatore georgiano, allarmato dal possibile effetto destabilizzante per il proprio potere, di un legame troppo stretto degli ebrei sovietici con il nuovo Stato ebraico, scatenò una campagna antisemita travestita da campagna contro cosmopolitismo e sionismo. Le terribili conseguenze di quell’atto furono interrotte solo dalla morte di Stalin che tuttavia, prima di lasciare la «valle di lacrime», riuscì a far fucilare in un solo giorno tutti gli esponenti dell’intellighenzia della cultura yiddish sovietica e fra questi il più grande poeta della letteratura yiddish di tutti i tempi: il colonnello del Kgb Itzik Feffer. Ovviamente il libro di Mlecin non cambia il giudizio sulle vicende successive, in particolare sulla tragedia del popolo palestinese e sulle sue sofferenze determinate principalmente dall’occupazione e dalla colonizzazione voluta dall’establishment politico militare israeliano con la totale complicità dei governi statunitensi, ma insegna che la storia è cosa altra dagli schemi ideologici di comodo e che ciascuno si deve assumere le sue responsabilità.
Occorre poi sottolineare che lo Stato di Israele fu il prodotto delle aspirazioni nazionali ebraiche e degli sforzi del movimento sionista e non fu certo una creazione di Stalin. Su questo punto, rimandiamo i lettori alla critica a suo tempo pubblicata da Informazione Corretta all'introduzione - anticipata da REPUBBLICA - di Canfora al libro di Mlecin