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Corriere della Sera - La Repubblica - L'Unità - Il Manifesto Rassegna Stampa
22.04.2009 C'è chi ama Durban II. E non sono solo i Paesi arabi.
Anche alcuni giornalisti italiani

Testata:Corriere della Sera - La Repubblica - L'Unità - Il Manifesto
Autore: Sergio Romano - Anais Ginori - Umberto De Giovannangeli - Alberto D'Argenzio
Titolo: «Dovevamo partecipare e batterci - La Francia ha fatto bene ad andare anche così si contrasta il razzismo - Tutte le ragioni per non lasciare vuote le sedie del summit - Hanno avuto torto gli assenti e i preveggenti»

L'Italia non ha preso parte alla conferenza antisemita di Gineva,nota come  Durban II. E' un ottimo segnale, ma c'è chi non la vede così. Per qualcuno, infatti, Durban II non è antisemita ed è stato un errore non partecipare. C'è anche chi si felicita del fatto che i rappresentanti dell'Ue siano tornati in aula dopo essersi allontanati in seguito alle parole di Ahmadinejad. Di seguito riportiamo dal CORRIERE della SERA, a pag. 1-16, l'analisi di Sergio Romano dal titolo " Dovevamo partecipare e batterci ", dalla REPUBBLICA, a pag. 4, l'intervista di Anais Ginori a Rama Yade dal titolo "  La Francia ha fatto bene ad andare anche così si contrasta il razzismo ", dall'UNITA', a pag. 25, l'analisi di Umberto De Giovannangeli dal titolo "  " e dal MANIFESTO l'articolo di Alberto D'Argenzio dal titolo " Hanno avuto torto gli assenti e i preveggenti " preceduti dal nostro commento. Ecco gli articoli:

CORRIERE della SERA - Sergio Romano : " Dovevamo partecipare e batterci "

Romano, molto favorevole a Durban II perchè è un processo a Israele che condivide in pieno, ritiene che sia stato un errore boicottarla e scrive anche che " Questa non è diplomazia: è una forma di presuntuosa arroganza.".
Arroganza non partecipare a una farsa antisemita? Arrogante è chi, come Romano, cerca di convincere i lettori che Durban II è una conferenza seria sul razzismo, negando l'evidenza ( nel suo discorso Ahmadinejad è stato chiaro circa la sua posizione su Israele. E l'applauso ricevuto dai Paesi arabi ha a sua volta chiarito che la conferenza era per il presidente iraniano una tribuna).
Romano, odiatore di Israele, avrebbe partecipato volentieri...e noi ci rallegriamo del fatto che a decidere per l'Italia non sia stao lui. Ecco l'articolo

C ome la conferenza precedente, anche «Durban II» si è conclusa con un comunicato pasticciato, zeppo di buoni propositi ed esortazioni generiche, privo probabilmente di pratiche conseguenze.
Le posizioni, dentro e fuori la conferenza, erano troppo distanti.
 
Paesi ex coloniali credono, non senza qualche ragione, che «razzismo» fosse quello dei conquistatori e non accettano lezioni morali dai loro vecchi padroni. I Paesi musulmani pensano che le critiche all’islamismo e il dileggio delle loro credenze siano colpe più gravi della durezza con cui i loro governi trattano gli oppositori. I Paesi arabi, in particolare, ritengono che lo Stato israeliano abbia usurpato le loro terre e trattato i loro connazionali come cittadini di seconda categoria. I Paesi occidentali non intendono rinunciare agli illuminati principi della loro migliore tradizione filosofica e chiedono al mondo di rispettarli. Ma quando un membro della loro famiglia li ha platealmente violati nel carcere di Abu Ghraib, a Guantanamo, nella pratica delle «consegne straordinarie» e persino nelle istruzioni impartite dal suo governo ai propri servizi di sicurezza, i cugini occidentali hanno chiuso un occhio o, addirittura, prestato la loro collaborazione. Sperare, in queste circostanze, che la conferenza di Ginevra potesse produrre una linea concordata, utile ed efficace, era ingenua illusione. Come tutti gli esercizi inutili, anche questo potrebbe lasciare una coda di risentimenti e rendere le grandi crisi internazionali ancora più imbrogliate e avvelenate.
Che cosa avremmo dovuto fare di fronte a un tale mostro diplomatico?
Partecipare o restarne fuori? Per rispondere a queste domande sono state
espresse molte opinioni, fra cui quelle, appassionate e bene argomentate, di Angelo Panebianco e Paolo Lepri sul Corriere degli scorsi giorni contro la partecipazione. Proverò a sostenere la tesi opposta.
La conferenza di Ginevra non è una iniziativa privata. È un incontro promosso dall’Onu, nell’ambito delle sue attività istituzionali, e inaugurato
dal suo segretario generale. Sapevamo che sarebbero stati pronunciati discorsi intolleranti e inaccettabili. Ma è forse la prima volta che propositi di questo genere turbano un dibattito delle Nazioni Unite? Decidemmo di boicottare l’Assemblea generale quando Nikita Kruscev si tolse la scarpa per batterla sul leggio del suo scranno e annunciò che il comunismo ci avrebbe sepolti? Gli assenti, a Ginevra, hanno dato agli altri la sensazione di non tollerare la sconfitta, di non voler essere minoranza.
Questa non è diplomazia: è una forma di presuntuosa arroganza. Noi italiani, in particolare, abbiamo dimenticato le parole di Giovanni Giolitti ai deputati che si erano ritirati sull’Aventino dopo il delitto Matteotti: «A mio avviso dovreste
rientrare alla Camera». E quando il socialista Giuseppe Modigliani replicò «Per fare a revolverate?», il vecchio di Dronero rispose «Può darsi». Intendeva dire che persino la durezza del dibattito può essere preferibile a un atteggiamento che si propone d’inceppare un meccanismo istituzionale.
Avremmo dovuto andare a Ginevra per affermare le nostre verità, rintuzzare le faziose parole di Ahmadinejad, separare i faziosi dai ragionevoli (esistono anche quelli), comprendere le ragioni degli altri, lasciare agli atti della Conferenza programmi e concetti a cui avremmo potuto fare riferimento in altri momenti e circostanze. La Santa Sede lo ha fatto e ci ha dato, in questo caso, una lezione di laico buon senso.

La REPUBBLICA - Anais Ginori : "  La Francia ha fatto bene ad andare anche così si contrasta il razzismo "

Rama Yade dichiara :" Non potevamo disertare la battaglia contro il razzismo e le discriminazioni. Bisognava essere presenti per contraddire immediatamente gli estremisti e manifestare la nostra disapprovazione, come abbiamo fatto lasciando la sala durante il discorso del presidente iraniano. Ma era doveroso mantenere la nostra partecipazione alla Conferenza per difendere le nostre convinzioni e fare pressioni su chi voleva rimettere in discussione il carattere universale dei diritti umani ...il testo adottato mi pare equilibrato ". Per lei la Francia ha fatto ebne a partecipare a Durban II. Parla del momento in cui i rappresentanti sono usciti dall'aula. Peccato che poi siano rientrati e abbiano firmato il documento di Durban II. Questo non è contestare gli estremisti, ma piegarsi alle loro richieste. Ecco l'intervista.

PARIGI - Nessun pentimento. «Non si doveva abbandonare la tribuna dell´Onu agli estremisti. La Francia ha fatto bene a partecipare alla Conferenza per difendere i valori universali». Rama Yade, sottosegretario al ministero degli Esteri per i diritti umani, è uno dei personaggi politici più popolari del momento. I francesi apprezzano la schiettezza e una certa dose di ribellione di questa giovane donna nata in Senegal 33 anni fa.
Perché la Francia ha deciso di rimanere alla conferenza anche dopo le dichiarazioni di Ahmadinejad?
«Non potevamo disertare la battaglia contro il razzismo e le discriminazioni. Bisognava essere presenti per contraddire immediatamente gli estremisti e manifestare la nostra disapprovazione, come abbiamo fatto lasciando la sala durante il discorso del presidente iraniano. Ma era doveroso mantenere la nostra partecipazione alla Conferenza per difendere le nostre convinzioni e fare pressioni su chi voleva rimettere in discussione il carattere universale dei diritti umani».
E´ soddisfatta del documento approvato?
«Dopo aspre trattative, il testo adottato mi pare equilibrato: non supera le "linee rosse" fissate dalla Francia e dalla Ue ed è stato purgato da dichiarazioni antisemite. E´ stato cancellato anche il concetto di diffamazione delle religioni. Rispettiamo le credenze di ognuno, ma nel paese di Voltaire la critica delle religioni non deve essere un reato».
Eppure molti osservatori parlano di un fallimento.
«Nella dichiarazione finale ci sono invece molti punti positivi, soprattutto riguardo al tema della libertà di espressione. Nel testo si parla anche della condizione dei migranti, delle donne vittime di violenza o di tratte, vengono evocate le forme più umilianti dello sfruttamento. Faccio notare che la Dichiarazione richiama gli Stati anche a vigilare sulla condizione delle donne nel mondo del lavoro. Infine il paragrafo specifico sulla memoria dell´Olocausto è stato completamente mantenuto. Ventiquattro ore dopo l´intervento di Ahmadinejad, è questa la migliore dimostrazione dell´isolamento dell´Iran».
Resta il fatto che ha usato la Conferenza per esternare al mondo dichiarazioni antisemite.
«Quello che ha detto Ahmadinejad è intollerabile. Durante il suo discorso, la Francia ha subito protestato ordinando alla nostra delegazione di abbandonare la sala. E´ stato un segnale morale in una conferenza che ha, ricordiamolo, una dimensione soprattutto morale».
Gli Stati Uniti, come l´Italia, rimangono convinti che fosse necessario boicottare la Conferenza.
«E´ una scelta che rispetto. In questo caso, abbiamo pensato che la politica della "sedia vuota" non fosse un modo appropriato di difendere i nostri valori universali. Di fronte al rischio di manipolazioni e strumentalizzazioni era importante essere presenti per riaffermare quello in cui crediamo: la democrazia, lo Stato di diritto, la libertà di espressione, l´uguaglianza tra uomo e donna, la lotta contro l´impunità. E credo sinceramente che abbiamo raggiunto il nostro obiettivo».

L'UNITA' - Umberto De Giovannangeli : " Tutte le ragioni per non lasciare vuote le sedie del summit "

Anche Udg, come Romano, è un grande sostenitore di Durban II. Questo non stupisce visto il taglio e l'impostazione dei suoi articoli su Israele.
Udg inizia il suo pezzo scrivendo : "
Per una volta almeno, impariamo dalla Francia. E, se ciò costa troppa fatica, guardiamo oltre Oceano e proviamo ad ascoltare l’alleato americano. ". Forse Udg non se n'è accorto, ma anche gli Usa hanno boicottato Durban II...
Ecco l'articolo:

Per una volta almeno, impariamo dalla Francia. E, se ciò costa troppa fatica, guardiamo oltre Oceano e proviamo ad ascoltare l’alleato americano. In un caso o nell’altro, rendiamoci conto che non basta chiamarsi fuori da un consesso internazionale, come ha fatto l’Italia con la Conferenza Onu sul razzismo, per rivendicare un ruolo attivo sullo scenario internazionale. La condanna del farneticante attacco di Mahmoud Ahmadinejad a Israele è fuori discussione. È netta. Senza se e senza ma. Come deve essere la condanna dell’uso strumentale, cinico, che il presidente iraniano fa del dramma del popolo palestinese, per alimentare il suo viscerale, esecrabile antisemitismo mascherato da antisionismo. Da Roma, Silvio Berlusconi, con la sua solita modestia, afferma: «Siamo stati preveggenti» nel boicottare Ginevra. Come definire allora i leader dei ventidue (su 27) Paesi dell’Unione Europea che hanno deciso di essere parte attiva della Conferenza? Ingenui sprovveduti? O peggio ancora dei portatori d’acqua del «nuovo Hitler» iraniano? E in questo poco edificante schieramento va annoverato anche Papa Benedetto XVI che ha avuto parole di apprezzamento per la Conferenza Onu? E come considerare allora la politica inclusiva adottata da Barack Obama nei confronti dell’Iran? Un cedimento a colui che vorrebbe realizzare una nuova Shoah, stavolta nucleare? Il presidente Usa ha condannato fermamente il discorso pronunciato da Ahmadinejad a Ginevra. Ma al tempo stesso non è venuto meno alla strategia del dialogo con Teheran. Fa politica, Obama. E cerca di tenere insieme principi e diplomazia. Lo stesso impegno manifestato dal presidente francese Nicolas Sarkozy. La Francia è stata presente a Ginevra, e il suo ministro degli Esteri, Bernard Kouchner, ha giudicato la Conferenza Onu «tutt’altro che una sconfitta, piuttosto l'inizio di un successo». Si sta in un’assise per contare e incidere sul suo svolgimento e sulle sue conclusioni. Nel documento finale di Ginevra, rileva Kouchner «c’è quello che volevamo menzionare, ovvero l'antisemitismo, la discriminazione delle persone, la libertà d'espressione. Si parla del genocidio, dell'Olocausto, dei diritti delle donne, della tratta degli esseri umani, degli ammalati di Aids e delle persone handicappate». Ridurre Ginevra allo «show» di Mahmoud Ahmadinejad non è solo un errore. È la forzatura della realtà. Una forzatura che, se portata al suo estremo, dovrebbe indurre i paladini del boicottaggio attivo, e tra essi l’Italia, a emarginare sempre e su tutto il presidente iraniano. Ma così sappiamo che non è. Una conferma viene dal nostro ministro degli Esteri. Nello stesso giorno in cui si fa vanto del boicottaggio italiano, facendo leva sulle parole gravissime di Ahmadinejad, il titolare della Farnesina ammette che il convolgimento dell’Iran, di questo Iran, nel processo di stabilizzazione del Grande Oriente (dalla Palestina all’Afhganistan) è un fattore importante, per molti versi decisivo, di una politica di pace. Anche per questo la sedia italiana rimasta vuota a Ginevra più che metafora di coerenza, e il triste segno di impotenza nel giocare un ruolo attivo sullo scacchiere internazionale.

Il MANIFESTO - Alberto D'Argenzio : " Hanno avuto torto gli assenti e i preveggenti  "

Pure D'argenzio ritiene che sia stato un errore non andare a Durban II che, a suo avviso, non è antisemita, anzi. Negare l'evidenza e la realtà pur di convincere il lettore delle proprie posizioni non è un modo serio di fare giornalismo, ma corrisponde a ciò a cui ci ha abituati il MANIFESTO. Ecco l'articolo:

Gli assenti hanno sempre torto, si dice. A volte anche i preveggenti, soprattutto quelli che pre-vedono ciò che dicono gli altri, ma non vedono ciò che succede in casa loro. Ieri i delegati di oltre cento paesi presenti a Ginevra per la Conferenza della Nazioni unite hanno approvato per acclamazione la travagliata e discussa dichiarazione Durban II contro il razzismo e la discriminazione (in quasi tutte le sue forme). Mancavano, e si sapeva da giorni, Stati uniti, Israele, Italia, Olanda, Polonia, Germania,Canada, Australia, Nuova Zelanda e ieri, dopo il discorso incendiario di Ahmadinejad, si è ritirata anche la Repubblica Ceca. «Siamo stati preveggenti», ha detto Berlusconi puntando il dito sulle parole di fuoco dell’iraniano. «La Conferenza non è stata assolutamente un fallimento,ma l’inizio di un successo», ribatte il ministro degli esteri francesi Bernard Kouchner. Nel testo si parla di razzismo, anche contro Rom e migranti, temi su cui l’Italia è stata ripresa la settimana scorsa dal Consiglio d’Europa. Il fallimento è stato in primis di Ahmadinejad, che con le sue parole ha mosso cumuli di indignazione, ha fatto uscire 30 delegazioni dalla sala, si è guadagnato le critiche di oltremezzo mondo,manon ha cambiato poi molto sul campo, se si eccettua la diserzione di Praga, Presidente di turno della Ue, e l’accelerazione dei lavori. Per evitare nuovi ripensamenti e soprattutto nuove strumentalizzazioni, l’approvazione è stata infatti anticipata da venerdì a ieri, d’altronde il testo era già stato negoziato palmo a palmo la settimana scorsa. Certo al testo qualcosa manca, comeil riferimento alla discriminazione verso gli omosessuali, un tema scomodo tanto per i paesimusulmani quanto per il Vaticano (e non solo).Ma comunque la Conferenza segna un prima e un dopo, nonsolo per quello che dicema anche perché Occidente (quello che ha partecipato ai lavori) e paesi islamici sono riusciti in un complesso lavoro di sintesi e mediazione che condanna il razzismo quasi a tutto campo e che ha di fatto lasciato il partito degli assenti praticamente senza argomenti, appeso solo ad un riferimento nel testo a Durban I, in cui allora sì, si bollava Israele come Stato razzista. «L’Italia – diceva ancora ieri il ministro degli esteri Franco Frattini - si rallegrerebbe se le conclusioni cancellassero quelle della conferenza precedente, dicessero che l’Olocausto è la più grande tragedia del ventesimo secolo e non parlasse di razzismo in riferimento a Israele. La speranza è l’ultima a morire». Dopo la ragione. Nel paragrafo 66 si parla dell’Olocausto, che «non deve mai essere dimenticato» (e anche così la dichiarazione è stata firmata anche dall’Iran) mentre dal testo è sparito il riferimento alle politiche di Israele nei Territori occupati e anche quello alla recente invasione di Gaza. Rimane sì il riferimento a Durban I, a quello pensano i nove paesi che sono rimasti a casa a guardare. A quello, e alle parole del Presidente iraniano. Il che nasconde anche un certo paradosso, senonun«errore» politico, sottolinea ancora Kouchner. Washington,la tesi del francese, vuoledaunlato riannodare il dialogo diplomatico con Teheran e dall’altro diserta la Conferenza di Ginevra, in cui si parla di dialogo. Un discorso chevale ancheper ilpreveggente governo italiano, che da mesi cerca di entrarenel gruppo di contatto europeo con l’Iran, dopo che già ne è già il primo partner commerciale tra i 27,mache poi fa riferimento a parole e frasi del Presidente iraniano, peraltro non certo nuove, permotivare un’assenza che puzza di torto. Nel testo si parla di relazione «tra povertà e razzismo», di necessità, da parte «degli Stati, di prendere urgenti misure per combattere la persistenza di attitudini xenofobe», vengonocondannati le violenze e gli stereotipi sui migranti, anche quelli espressi dai politici. E c’è spazio per la protezione di chi chiede asilo e di chi emigra, come per la condanna della schiavitù e della tratta di esseri umani. Ci sono articoli contro la discriminazione sulla donna e per la prima volta a questo livello si citano i malati di Aids e i disabili mentre non vi è traccia della «diffamazione di religione», un passaggio invocato dal mondo islamico ma sforbiciato dall’occidente per le sue possibili ricadute sulla libertà di espressione.E per la prima volta si parla di Rom e Sinti, della «violenza che ancora colpisce profondamente» queste comunità. Secondoil diplomatico russo Yuri Boychenko, uno degli uomini chiavi per arrivare alla quadratura del cerchio, il paragrafo fa esplicito riferimento «ad una situazione molto specifica dell’Europa». Per Navi Pillay, l’Alta Commissaria per i diritti umani dell’Onu, la necessità di agire è chiara: «dal 2001 ad oggi la situazione dei gruppi più vulnerabili è solo peggiorata». Un’altra ragione per esserci.

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