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Le accuse di Romano agli ebrei 18/04/2009

e-mail inviata a Sergio Romano al Corriere della Sera:

Nella sua risposta odierna al lettore signor Novello, lei scrive parole, a
mio modo di vedere, del tutto inaccettabili. E, ancora una volta, non può
trattenersi dal muovere accuse agli ebrei, colpevoli anche di questo nuovo
misfatto.
Inizia infatti con il mettere insieme alcune tragedie del 900; tuttavia
nella sua lista ne mancano alcune di primaria importanza, mentre trovano
spazio altre oggettivamente di minor gravità.
Ma, per le vittime, la gravità non può e non deve avere graduatorie.
Sarebbe bene, tuttavia, per il rispetto che si deve a tutte le vittime,
evitare di stilare liste che non possono essere complete.
Altri hanno ben spiegato il perché "il tema della Shoah continua a dominare
l'agenda della memoria universale", che a lei sembra proprio non andare giù.
Ma non per questo deve esistere "una gerarchia dei lutti, una graduatoria
delle sofferenze", come infatti riconosce anche lei.
Sarebbe più corretto se, anziché rimproverare i risultati ottenuti dalle
comunità ebraiche, lei ricordasse le resistenze di coloro che impediscono
che altri genocidi vengano non ricordati, ma nemmeno riconosciuti tali (come
quello degli armeni, da lei messo al primo posto della sua lista gravemente
incompleta).
Se si vuole riconoscere il doveroso rispetto verso tutte le vittime
indifferentemente, e se si vuole evitare, in futuro, che simili tragedie si
ripetano, non serve dimenticare, ma serve piuttosto analizzarne le cause e
ricordare. E solo le analisi complete possono portare a superare gli odi. Ad
esempio molti ebrei, riconoscendo il cammino fatto dallo stato e dal popolo
tedesco, oggi si sentono più vicini a loro, massimi colpevoli, che a certi
italiani che preferirono dimenticare in fretta quanto, in tanti, avevano
compiuto.
Una ben precisa "Resistenza", in Italia, ha fagocitato tutti i meriti,
cancellando la memoria di coloro che pure avevano combattuto dalla parte
giusta, e magari senza precedenti, colpevoli compromessi. Non è quindi un
caso se fu proprio Natta colui che viene ricordato come il primo che parlò
di quelle vicende. Se Natta non fosse stato di quel preciso schieramento,
neppure le sue parole sarebbero state registrate dalla storia.
Quale sia poi, per lei, la "peggiore delle tragedie", beh, signor Romano,
stendiamo un velo pietoso!

lettera firmata


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