Riportiamo dal MANIFESTO di oggi, 17/04/2009, a pag. 10, l'articolo di Michelangelo Cocco dal titolo " Pace più lontana, Netanyahu gela l’inviato di Obama " preceduto dal nostro commento.
Michelangelo Cocco scrive: "il nuovo premier Benjamin Netanyahu ha condizionato qualsiasi colloquio di pace al riconoscimento preventivo d’Israele come Stato ebraico. È stato accolto così ieri a Gerusalemme George Mitchell". La notizia della visita di Mitchell in Israele è stata trattata, oltre che dal MANIFESTO, solo da FOGLIO e STAMPA. Entrambi sostengono che Mitchell deve ancora incontrare Netanyahu, ma nell'articolo di Cocco si legge l'esatto contrario. Forse Cocco ha delle doti divinatorie?
Riguardo alla Cisgiordania e al muro costruito da Israele, Cocco scrive che : "Israele tiene di fatto «aperta» la sua frontiera orientale, spostandola sempre più a est (all’interno dei Territori palestinesi) grazie alle colonie ebraiche e, negli ultimi anni, al muro che ne ingloba una parte.". La barriear difensiva è stata costruita per difendere la popolazione civile dagli attacchi kamikaze dei terroristi palestinesi, non per " inglobare parte dei Territori palestinesi ". Ecco l'articolo:
Prima, in conferenza stampa, il ministro degli esteri Avigdor Lieberman non ha nemmeno citato l’eventualità di uno stato palestinese. Poi, nell’incontro successivo, il nuovo premier Benjamin Netanyahu ha condizionato qualsiasi colloquio di pace al riconoscimento preventivo d’Israele come Stato ebraico. È stato accolto così ieri a Gerusalemme George Mitchell, l’inviato a cui il presidente statunitense Barack Obama ha affidato l’impresa di riannodare il filo del dialogo tra due nemici che da quasi un decennio, da quando nel settembre 2000 scoppiò la seconda Intifada, di fatto non si parlano. La visita di Mitchell, che oggi sarà ricevuto a Ramallah dal presidente dell’Autorità palestinese (Anp) Abu Mazen mirava a sondare la praticabilità della soluzione dei due stati, quella individuata dalla Comunità internazionale, fin dal 1947, come unica via per risolvere il conflitto. L’ex senatore Usa che mediò nel conflitto in Irlanda del nord ieri ha ribadito la linea della sua Amministrazione: «Gli Stati Uniti preferiscono una soluzione con uno stato palestinese che viva in pace accanto allo Stato ebraico d’Israele». Un’ipotesi che Washington teme si stia allontanando sempre più dopo imassacri israeliani a Gaza, le elezioni che hanno dato vita a un esecutivo destra-ultradestra-laburisti e la colonizzazione massiccia della Cisgiordania. Netanyahu ha risposto dettando le condizioni del suo governo. Da quando nel 1967 occupò Gaza e la Cisgiordania, Israele tiene di fatto «aperta» la sua frontiera orientale, spostandola sempre più a est (all’interno dei Territori palestinesi) grazie alle colonie ebraiche e, negli ultimi anni, al muro che ne ingloba una parte. Ciononostante, come ha riferito un funzionario israeliano al quotidiano Ha’aretz, il leader del Likud ha spiegato a Mitchell che «Israele vuole che i palestinesi riconoscano Israele come Stato ebraico prima di iniziare a parlare di due stati per due popoli ». Di fatto, il politico il cui programma prevede «il miglioramento delle condizioni economiche », invece dello Stato, per i palestinesi ha detto chiaro e tondo all’inviato di Obama che, in questa fase, Israele non ha intenzione di trattare coi palestinesi. Il che potrebbe aprire nuovi scenari: che atteggiamento assumerà l’amministrazione democratica di fronte a un governo che dice apertamente di rifiutare i piani di pace, anche quelli americani come Annapolis. Intanto Tel Aviv si prepara già alla prossima guerra: se il presidente Shimon Peres ha detto a Mitchell che le voci di un possibile attacco militare israeliano contro gli impianti nucleari in Iran sono «sciocchezze», il 12 giugno si terrà in tutto il Paese un’esercitazione di simulazione di un attacco con razzi.
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