Fiera del Libro 2009 : anche quest'anno Ism e Forum Palestine hanno iniziato una campagna di boicottaggio. Riportiamo dal CORRIERE della SERA l'editoriale di Pierluigi Battista dal titolo " Boicottaggio solito vizio ". Dal FOGLIO, a pag. 3, l'editoriale dal titolo " Pure con l’Egitto ". Dalla REPUBBLICA, a pag. 46, l'articolo di Massimo Novelli dal titolo " La Fiera si difende e attacca Vattimo " e dalla STAMPA, a pag. 41, l''intervista di Mario Baudino allo scrittore egiziano 'Ala al - Aswani dal titolo " Dal Cairo a Torino " preceduti dal nostro commento. Ecco gli articoli:
CORRIERE della SERA - Pierluigi Battista : " Boicottaggio solito vizio "
Ancora con la fissazione del boicottaggio dei libri, delle idee censurate, degli scrittori ridotti al silenzio, dell’assedio che stringe una Fiera, come quella torinese, dove si dovrebbe discutere liberamente, e non aver paura di chi ha una sola ossessione: il sabotaggio culturale, il bavaglio universale. Si replica lo spettacolo dell’anno scorso, quando la presenza degli scrittori israeliani alla Fiera del libro di Torino venne scomunicata come una provocazione. Ora è la volta dell’Egitto, bersagliato dagli annunci di un nuovo boicottaggio. La simmetria è solo apparente. I boicottatori accusano l’Egitto di essere troppo «moderato», di non attenersi ai precetti dell’islamismo fondamentalista, di essere troppo cedevole con Israele, il Nemico assoluto. Ma hanno un conto in sospeso con gli organizzatori della Fiera, che pensavano di compensare la presenza israeliana dell’edizione scorsa con la celebrazione di un Paese arabo. Egitto o Israele, i nemici dei libri conoscono però un solo linguaggio: quello della protesta contro l’esposizione dei libri e delle idee. Una fissazione, appunto. Da contrastare con lo stesso appello di un anno fa: boicottare i boicottatori, partecipare in massa alla Fiera del libro, partecipare alle discussioni, mettere a confronto le idee diverse.
Comportarsi nello stesso modo. Anche se l’Egitto non può vantare la stessa libertà intellettuale che rinfresca ogni giorno la vita politica e culturale di Israele. Anche se i dissidenti egiziani sono rinchiusi in prigione, mentre le librerie di Tel Aviv e Gerusalemme sono piene di volumi scritti da intellettuali in dissenso dalla linea del governo. Anche se la libertà di espressione, di opinione, di stampa in Egitto non è lontanamente paragonabile a quella che fa di Israele un crogiuolo elettrizzante di tesi contrapposte che si scontrano su tutto, persino su ciò che la comunità israeliana custodisce di più sacro e fondamentale. L’equiparazione tra una democrazia e uno Stato autoritario può venire in mente solo a chi, nei proclami che annunciano il boicottaggio della Fiera, definisce Israele uno «Stato canaglia». Peccato che un anno fa, nel comprensibile tentativo di far svolgere la manifestazione torinese dedicata a Israele e di ammansire i boicottatori confortati da un Gianni Vattimo in vena di negazionismo sui Protocolli dei Savi Anziani di Sion, gli organizzatori abbiano architettato la rappresentazione della par condicio, con l’Egitto chiamato a bilanciare Israele.
È stato un errore, un eccesso di diplomazia. Ma la difesa della Fiera del libro minacciata per la seconda volta in due anni di boicottaggio (e sempre con Vattimo in prima fila) deve essere la stessa. Con l’aggiunta di un pensiero per gli scrittori dissidenti che al Cairo non godono della libertà d’espressione conosciuta da noi. E con l’impegno di discutere le tesi di Tariq Ramadan, che l’anno scorso, in odio a Israele, partecipò al boicottaggio e che quest’anno avrà una tribuna torinese tutta per lui. Almeno per non cedere su un punto: che contro l’ossessione del boicottaggio, contro l’idea che i libri devono essere nascosti e gli scrittori imbavagliati, sia almeno salvaguardato il meglio di una società aperta, che non ha paura dei libri, che non azzittisce con i fischi chi parla e chi espone una tesi, anche la più discutibile. Il boicottaggio dei boicottatori di professione è l’arma che resta a chi non sopporta ogni genere di censura.
Il FOGLIO - " Pure con l’Egitto "
Anche l’edizione 2009 della fiera del libro torinese avrà la sua bella contestazione. Questa volta il paese la cui letteratura sarà posta all’attenzione dei visitatori è l’Egitto, ma i contestatori che invitano al boicottaggio sono sempre gli stessi, un paio di associazioni legate all’estremismo palestinese e Gianni Vattimo. I pretesti sono la scarsa democrazia del regime del Cairo e la presunta “complicità” del governo egiziano con Israele nella recente azione militare contro Hamas (che lanciava quotidianamente missili sui villaggi israeliani, ma questo, naturalmente non viene ricordato dai boicottatori). L’anno scorso la polemica contro la celebrazione della letteratura israeliana si è risolta in un fuoco di paglia, ma ha conferito un’episodica notorietà ai contestatori, che cercano di ripetere l’esperienza. Non varrebbe neppure la pena di prenderli in considerazione, se non fosse per il fatto che la manifestazione di intenzioni provocatorie nei confronti di una qualsiasi letteratura, considerata come un’emanazione diretta della politica del paese in cui viene pubblicata, dev’essere sempre combattuta. Sarebbe come boicottare un’esposizione di tappeti persiani per esprimere l’indignazione, in quel caso giusta ma mal diretta, nei confronti del regime teocratico e oppressivo di Teheran. Combattere la diffusione e la presentazione dei libri, poi, è ancora più inaccettabile. Non soltanto perché i singoli autori non necessariamente riflettono l’orientamento del loro governo, ma perché, perfino quando vi aderiscono esplicitamente, offrono comunque spunti di riflessione e di analisi che superano la contingenza politica. Qualcuno pensa che il pur fascistissimo Luigi Pirandello esprima nelle sue opere la grettezza del regime dell’orbace? In queste campagne di boicottaggio, indipendentemente dal loro scontato insuccesso, c’è un germe inaccettabile di fondamentalismo, un rifiuto del valore intrinseco del lavoro creativo, paradossalmente esibito in nome di principi di libertà. L’ostilità nei confronti di un regime arabo moderato, motivata dall’adesione al fronte del rifiuto anti israeliano, in questo quadro, appare persino un peccato minore.
La REPUBBLICA - Massimo Novelli : " La Fiera si difende e attacca Vattimo "
Il titolo è scorretto. Non è la Fiera ad attaccare Vattimo, ma il contrario, dato che ha aderito al boicottaggio promosso da Ism e Forum Palestine invitando il pubblico a fare lo stesso.
Novelli scrive : " E Picchioni, in particolare, se l´è presa con il filosofo Gianni Vattimo, che ha dato semplicemente la sua adesione alla campagna di boicottaggio antiegiziana promossa dall´International Solidarity Movement e dal Forum Palestina. «Non vorremmo - ha sottolineato con forza il presidente della Fondazione per il libro, la musica e la cultura - che tutto ciò fosse un pretesto per attaccare la Fiera del Libro in quanto tale. Perché, in questo caso, anche i futuri Paesi ospiti d´onore (saranno verosimilmente Sudafrica e Argentina, ndr) dovranno passare al vaglio della "personale democrazia" del filosofo e dei suoi accoliti».". Rispondere a Vattimo e alle sue dichiarazioni sulla Fiera del Libro, non significa "prendersela con lui", ma dialogare. In democrazia succede così: le diverse opinioni vengono espresse dalle persone. Infatti nessuno ha negato a Vattimo il diritto di esprimere la propria, anche se non condivisa dagli organizzatori della Fiera. Ecco l'articolo:
Se non è bella la vita dei consoli onorari, come la letteratura insegna, figuriamoci quella dei diplomatici di carriera. Ieri mattina, alla presentazione della prossima edizione della Fiera del Libro di Torino (andrà in scena dal 14 al 18 maggio), già minacciata a un mese dall´apertura dalle contestazioni politiche, è toccato proprio a un console il difficile tentativo di difendere il suo paese. In questo caso si tratta dell´Egitto, finito nel mirino di alcuni gruppi filopalestinesi e della sinistra radicale in quanto ritenuto dittatoriale, negatore della libertà di espressione e complice dell´assedio di Gaza. Si è assunta il compito una signora sorridente, dall´aspetto mite. É Sherine Maher, rappresentante generale a Milano dell´Egitto, che ha detto brevemente in inglese, un po´ imbarazzata: «Non credo che da noi ci sia questo problema. La libertà di parola è garantita ovunque, a tutti».
Non poteva che rispondere in questo modo, visto il suo ruolo ufficiale. E non altrimenti potevano fare Rolando Picchioni ed Ernesto Ferrero, timonieri da dieci anni della kermesse. Hanno difeso la «pluralità della fiera, che non invita i Paesi e le loro politiche interne ed estere, ma le loro culture». E Picchioni, in particolare, se l´è presa con il filosofo Gianni Vattimo, che ha dato semplicemente la sua adesione alla campagna di boicottaggio antiegiziana promossa dall´International Solidarity Movement e dal Forum Palestina. «Non vorremmo - ha sottolineato con forza il presidente della Fondazione per il libro, la musica e la cultura - che tutto ciò fosse un pretesto per attaccare la Fiera del Libro in quanto tale. Perché, in questo caso, anche i futuri Paesi ospiti d´onore (saranno verosimilmente Sudafrica e Argentina, ndr) dovranno passare al vaglio della "personale democrazia" del filosofo e dei suoi accoliti».
Polemiche e «accoliti» a parte, il salone del Lingotto, giunto alla ventiduesima edizione e declinato stavolta nel filo conduttore di «Io, gli altri», si annuncia con un programma ricco e con un gran numero di nomi importanti della cultura, della letteratura, del giornalismo, della scienza. Un elenco di assoluto rispetto che annovera, tra gli altri, da Orhan Pamuk a Salman Rushdie, da David Grossman allo scrittore cinese Yu Hua, da Eugenio Scalfari (che terrà anche una lezione magistrale) a Donald Sassoon, impegnati in un certame che li vedrà dare voce rispettivamente a Nietzsche e a Marx. Mentre Umberto Eco, Jean-Claude Carrière e a Marco Belpoliti, in dialogo tra loro la mattina di giovedì 14 maggio, battezzeranno l´inizio di Librolandia.
Nell´oceano di incontri, dibattiti e personalità, ci sarà posto per tutto e per il contrario di tutto. Se la fiera ospiterà Salman Rushdie, perseguitato dai fanatici musulmani, dedicherà un ampio spazio agli scrittori palestinesi, ricompensati in qualche modo dalla presenza israeliana del 2008. L´invito è stato esteso pure a Tariq Ramadan. Islamista discusso e discutibile, l´anno scorso si era schierato con chi aveva osteggiato la passerella di Israele ospite d´onore al salone di Torino. Nei giorni scorsi Ramadan è stato accusato di «omofobia», a causa di alcune dichiarazioni rilasciate ai giornali olandesi. Ma il nipote del fondatore dei Fratelli Musulmani, che è consulente del comune di Rotterdam, ha saputo smussare i toni, sostenendo che quelle frasi erano state utilizzate «fuori dal loro contesto».
La STAMPA - Mario Baudino : " Dal Cairo a Torino "
Lo scrittore 'Ala Al-Aswani, nel corso dell'intervista dichiara, riferendosi alla Fiera dell'anno scorso, con Israele come ospite d'onore : " Il nostro governo non è affatto democratico ma almeno non occupa terre altrui né usa bombe al fosforo. Le due situazioni non sono comparabili.".
Le due accuse mosse a Israele sono false, ma Baudino si guarda bene dal contraddire lo scrittore.
Al - Aswani era favorevole al boicottaggio di Israele, che è una democrazia, ma non lo è a quello dell'Egitto che, come ha affermato lui stesso, democratico non lo è. Ne deduciamo che, in realtà, non è contrario alla dittatura egiziana (cosa che ha dichiarato nell'intervista), se no, dato che di politica si tratta,dovrebbe essere favorevole al boicottaggio della Fiera di quest'anno. (per Israele aveva fatto questa distinzione: "L’anno scorso sostenni che era un errore invitare Israele in quanto Stato. Non avrei avuto nulla in contrario a un invito rivolto alla letteratura e alla cultura israeliana " ) Ecco l'articolo:
Non è mai stato in una delegazione ufficiale, e non lo sarà, o almeno non si considererà in questo ruolo, alla Fiera del libro che si apre il prossimo 14 maggio al Lingotto. ‘Ala Al-Aswani, l’autore di Palazzo Yacoubian e di Chicago (Feltrinelli), è il più celebrato scrittore egiziano a livello internazionale, ma è anche un fiero oppositore del suo governo. Dopo il forfait dell’anno scorso, verrà a Torino per l’edizione che vede l’Egitto come Paese ospite, incontrerà il pubblico, ma si asterrà dalle manifestazioni ufficiali che coinvolgono il Ministero della Cultura del Cairo. Dal suo studio dentistico sul Nilo, proprio mentre è in corso la conferenza stampa per annunciare la nuova edizione della Fiera, ribadisce la sua posizione: «Sono uno scrittore indipendente, non ho mai fatto parte di una delegazione governativa. E non comincerò adesso».
Non è un atteggiamento inedito. Quando l’Italia fu ospite al Salone di Parigi nel 2002, in un clima intellettuale fortemente antiberlusconiano, anche Umberto Eco sottolineò che ci andava, ma solo su invito dei francesi. E Arbasino ironizzò alla sua maniera, proponendo di pagare il volo con i punti Millemiglia. Il risultato, alla fine, non cambia molto. C’è davvero questa gran differenza?
«Sono stato invitato dalla Feltrinelli e dalla Fiera. Non dal mio governo. Ci tengo a sottolinearlo».
Forse ancora non lo sa, però stanno montando le polemiche. Il Forum Palestine, che l’anno scorso aveva contestato Israele come Paese ospite e lanciato una campagna di boicottaggio a dire il vero non particolarmente riuscita, quest’anno se la prende con l’Egitto perché autoritario e persino «complice» di Israele nella guerra di Gaza. Questo cambia qualcosa?
«L’anno scorso sostenni che era un errore invitare Israele in quanto Stato. Non avrei avuto nulla in contrario a un invito rivolto alla letteratura e alla cultura israeliana, che conosco e apprezzo, e dove ho molti amici. In tal caso sarei venuto volentieri. E’ una grande letteratura, quella di Israele. Ma c’era in più una dimensione politica».
Così non venne. Boicottò. Cosa cambia con l’Egitto?
«Il nostro governo non è affatto democratico ma almeno non occupa terre altrui né usa bombe al fosforo. Le due situazioni non sono comparabili. Del resto, non ci sono governi democratici in 22 Paesi arabi. Sono un oppositore, lo sanno tutti, e non difendo la dittatura egiziana. Però tengo a distinguere la mia posizione».
Il direttore della Fiera, Ernesto Ferrero, ha chiarito però che non c’è stato alcun problema con il Ministero della Cultura egiziano per quanto riguarda la lista degli scrittori.
«E’ vero. Prima che il mio libro avesse un’eco internazionale, quando c’erano manifestazioni internazionali di questo tipo, le autorità si guardavano bene dal propormi di partecipare. Ora lo fanno regolarmente. E io rispondo: grazie mille, no. Accetto gli inviti come scrittore, ben disposto a parlare dell’Egitto in tutti i suoi aspetti, e a rappresentarne la cultura».
Non pensa però che rapporti di questo tipo, a livello ufficiale, possano aiutare comunque le trasformazioni democratiche, rappresentare uno stimolo e una spinta? L’Egitto è un grande Paee, sta per entrare nel G8, è un partner importantissimo per l’Europa.
«Non so se sia utile o no. So che bisogna criticare gli Stati non democratici; in campo culturale sarebbe auspicabile che venissero stretti rapporti con le organizzazioni non governative. Gli inviti andrebbero fatti direttamente agli scrittori, o alle loro associazione. Per esempio, nel caso dell’Egitto, all’Unione scrittori, che è libera e democratica. Fa una bella differenza. E’ molto diverso, invece, quando arrivano i ministri».
Per inviare la propria opinione a Corriere della Sera, Foglio, Repubblica e Stampa, cliccare sulle e-mail sottostanti