Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 15/04/2009, a pag. 1-15, l'articolo di Maria Laura Rodotà dal titolo " Tolti i libri gay. Amazon sotto accusa ".
Come scritto nell'articolo, dopo aver nascosto dai propri elenchi 57.310 titoli riconducibili all'omosessualità, Amazon ha fatto marcia indietro. Ce ne rallegriamo, ma crediamo poco alla scusa dell'errore tecnico. La censura è stata effettuata su un tema specifico, non su titoli a caso e, per questo, era studiata e volontaria. Notiamo che l'episodio non si è verificato sotto l'amministrazione conservatrice di Bush, ma avviene sotto quella democratica di Obama.
Ecco l'articolo:
Amazon si è scusata e ha fatto marcia indietro: 57.310 titoli riconducibili all’omosessualità, comprese opere di autori famosi (da Forster a Vidal), ora sono di nuovo a portata di click. La libreria online aveva deciso di rendere più complicata la ricerca in catalogo di questi testi. Ma la rivolta sul web le ha fatto cambiare idea. «Abbiamo davvero sconfitto una grande corporation in due giorni? E vai! La chiameremo la Grande Internet-Rivolta di Pasqua. Ve l’avevo detto che Twitter è una potente arma politica ». Così twitterava ieri Stardragonca, nella fotina un signore barbuto e gay. Si compiaceva, con altre decine di migliaia di utenti, gay ed etero, per la vittoria riportata nella web-battaglia Twitter contro Amazon. Amazon, il più grande sito-libreria (e ora molto altro) del mondo, aveva messo un filtro che escludeva 57.310 libri causa argomenti e/o autori omosessuali (c’erano anche saggi di sessuologia e di medicina) dalle classifiche online e dalle ricerche di routine. Se ne è accorto per primo lo scrittore Mark Probst (specializzato in western con cowboys che si amano) ed è partita la protesta. All’inizio i portavoce di Amazon hanno detto che i libri contenevano «materiale per adulti» e i filtri erano stati creati «tenendo conto della sensibilità dell’intera base dei nostri clienti». L’intera base dei clienti poteva continuare a comprare in tre cliccate fotolibri di nudi di Playboy, autobiografie di pornostar e vibratori, ma pazienza.
Ma non è stata presa bene. Si è mobilitato Facebook, si è scatenato Twitter: «solo» 14 milioni di utenti; generalmente occupati a farsi i fatti propri e degli altri in 140 battute; ma con la possibilità di discutere e intervenire in massa su pagine di singoli «tags». E il tag più twitterato a Pasqua è stato «Amazonfail». Seguiva inondazione di e-mail ad Amazon e dibattito a macchia di leopardo su siti di notizie e blog. Seguiva, lunedì, una spiegazione minimalista di Amazon. Il filtro anti-gay, si leggeva, era dovuto a un «grossolano disguido di catalogazione». E poi — inevitabile sul Web, e per questo il Web è arma potentissima però spesso inaffidabile— c’è stata ieri una ridda di fanta- notizie: un hacker che si autoaccusava di essere entrato nel sistema di Amazon con l’aiuto di sotto-hacker africani; una «fonte interna ad Amazon » che rivelava come l’errore fosse dovuto a un impiegato francofono che aveva piazzato male le parole chiave dei filtri, colpa della sua scarsa conoscenza dell’inglese (strano l’avessero chiesto a lui). Eccetera. Poi da Seattle, quartier generale della weblibreria, sono arrivate altre scuse, e garanzie. Ieri pomeriggio vari romanzi e saggi di autori gay e lesbiche, manuali di self-help per adolescenti omosessuali, e altri loschi testi erano di nuovo rintracciabili. Una buona notizia per chi difende i diritti civili e per chi ama la letteratura: nel buco nero del sito erano finiti tra gli altri Gore Vidal, James Baldwin, E. M. Forster (quello di Maurice e Camera con vista), e il commediografo Larry Kramer. Che aveva lanciato, sempre online, un appello per boicottare Amazon, e aveva rapidamente raccolto 18 mila firme. E ieri dichiarava: «Non credo sia stato un errore. Dobbiamo tenere d’occhio Amazon e il modo in cui maneggia il patrimonio culturale dell’umanità».
Con parole meno alate, ora in tanti si dicono preoccupati. Per i più giovani, per i lettori forti di città e Stati senza librerie, per i lettori curiosi di tutto il mondo, finora, Amazon era una certezza, e una garanzia di libertà; di poter comprare e ricevere (quasi) qualunque libro. O di viaggiare leggeri con la propria biblioteca, poi, adesso: da quando vende il Kindle, videolibro sottile che contiene fino a 1.500 titoli. «Ma ora non riesco più a guardarlo con affetto, il mio Kindle», si lamentava ieri un twitteratore. È stata una disillusione, per i più ingenui; per altri, una presa di coscienza della nuova realtà. Fatta di organizzazioni Web gigantesche e virali. Possono imporsi come un Grande Fratello, possono essere usate per reagire (si spera; non si sa ancora come e quanto cambierà, il Web; certo stavolta l’Amazon di Jeff Bezos, tentando di offrirsi come megastore perbene al pubblico medio, ha fatto una figuraccia; ma non resterà un caso unico, è probabile; anche essere cittadini di Internet ormai è una bella fatica).
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