Ricorre quest'anno il centenario della fondazione di Tel Aviv. Riportiamo da REPUBBLICA di oggi, 14/04/2009, a pag. 34, cronaca di Marco Ansaldo dal titolo " È festa nella città laica, Tel Aviv compie 100 anni " e la sua intervista allo scrittore Etgar Keret dal titolo " Da qui gli orrori sembrano lontani ". Ecco gli articoli:
Marco Ansaldo : " È festa nella città laica Tel Aviv compie 100 anni "
Ci sono già le ragazze in bikini, e i gelatai sulla spiaggia. Ci sono festoni a ogni angolo. I trampolieri su Rotschild Boulevard e i suonatori di tamburo su Hava Naghila. A piazza Rabin, la spianata centrale triste scenario del celebre omicidio, l´altra notte hanno sparato fuochi artificiali bianchi e blu, i colori nazionali. Buon compleanno, Tel Aviv! E che i tuoi cento anni, che cadono nell´anniversario anche della liberazione nel Lager di Buchenwald, siano più lieti delle tante tragedie attraversate.
Centinaia di fotografie risplendono a Giaffa, nucleo originario della città. Conferenze e spettacoli ovunque. Concerti e rievocazioni. «La collina della primavera», questo vuol dire Tel Aviv, è da settimane nel vortice di una movida colossale che continuerà tutto l´anno. Una "fiesta" destinata a non finire. Non solo perché questa è una città che non dorme mai. Ma perché, come ha detto il capo dello Stato Shimon Peres ricordando la sua giovinezza, «è il posto adatto per innamorarsi».
Da qui partirono i pionieri di Theodor Herzl, sbarcati in Palestina all´inizio del XX secolo, che nella costruzione del nuovo centro si ispirarono nel 1909 agli ideali della «città-giardino». Più tardi, i loro successori la vestirono di grandi edifici bianchi, nella stagione architettonica di scuola Bauhaus. Una città in festa, che non dimentica però le sue cicatrici: dai feroci scontri con i vicini arabi negli Anni venti, ai micidiali bombardamenti italiani nel 1940; dalla caduta dei missili Scud nella prima guerra del Golfo, all´assassinio di Yitzhak Rabin. Un centro in espansione. Patrimonio dell´umanità per l´Unesco, Tel Aviv-Giaffa è ora anche il cuore pulsante dell´economia israeliana.
Tenore di vita alto e appartamenti a caro prezzo. Ci si diverte, e si lavora. Bar, ristoranti, discoteche aperte fino al mattino. Nessuno qui è più libero dei gay. Nessuno la notte caccia le prostitute russe. E nessuno si scandalizza su questioni altrove invece dirimenti. L´altro giorno un giovane ebreo ortodosso, vestito di scuro e con la barba di ordinanza, si è spogliato completamente davanti alla cassa di un supermercato, rimanendo con un solo calzino a coprire le parti intime. Protestava per la presenza sugli scaffali di pane lievitato, vietato dalle prescrizioni religiose della Pasqua ebraica, e quindi «non kosher». E´ stato portato fuori e alla fine la polizia non gli ha contestato alcun reato.
Naturalmente Tel Aviv non è la città perfetta. E´ poco verde, e da un punto di vista ambientale lascia parecchio a desiderare. Il traffico spesso non dà scampo. Ma al di là degli inevitabili problemi, qui arrivano per divertirsi milioni di visitatori. «Tel Aviv - spiega Yael Dayan, presidente del consiglio comunale e figlia del generale Moshe Dayan - è un modello per quel che Israele dovrebbe essere. Gerusalemme è un simbolo, più che una città, e la gente viene via. Noi siamo esattamente il contrario: qui la gente accorre, e si vive e si lascia vivere». E allora, cento di questi anni, Tel Aviv.
Marco Ansaldo : " Da qui gli orrori sembrano lontani "
Occidentale e levantina, Tel Aviv è adorata dai suoi abitanti. Chi la conosce bene è Etgar Keret, 42 anni, scrittore fra i più apprezzati (diversi suoi libri come Pizzeria Kamikaze, Abram Kadabram o Gaza blues sono pubblicati in Italia dalle edizioni e/o), valorizzato anche come regista da Nanni Moretti che ha portato il suo film Meduse al cinema Nuovo Sacher dopo la vittoria della Camera d´oro al Festival di Cannes. Una pellicola firmata con la moglie Shira Geffen.
Che cosa le viene in mente quando pensa alla sua città?
«Penso a Tel Aviv come a un´entità extraterritoriale rispetto a Israele. Molti ne parlano come di una "bolla", un´area a sé stante, chiusa, lontana dal resto. Più che una città, è uno stato mentale. Ha dei vantaggi: è stata creata dal nulla, lontano da tragedie e confronti religiosi altrove molto presenti. Ti salva così da tutte le esperienze orribili del Medio Oriente».
Tutta un´altra cosa rispetto a Gerusalemme?
«Senz´altro. Lì ogni pietra è rivendicata da qualcuno. E ognuno vive rinchiuso nella sua zona: gli ebrei, i musulmani, i cristiani, gli armeni. Qui no, si vive tutti mescolati. Non è un posto sacro. Ed è un posto molto tollerante».
E´ realistico il famoso detto secondo cui «a Gerusalemme si prega, a Haifa si lavora, e a Tel Aviv si vive»?
«A Tel Aviv si sogna, direi. C´è l´oceano, e si respira. Il mare davanti è un punto di vista ideale per proporzionarsi con il mondo».
Il suo film Meduse è per l´appunto girato a Tel Aviv, avendo come sfondo il mare.
«I miei genitori sopravvissero allo sterminio nazista e su questa spiaggia mio padre aprì poi un chiosco di gelati. Ho trascorso tutta la mia infanzia davanti all´oceano, un luogo dove puoi spogliarti dei tuoi abiti, e vivere liberamente la tua identità. Senza sentirti per forza un israeliano, ma solo e semplicemente un essere umano. Questa per me è Tel Aviv».
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