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La Repubblica Rassegna Stampa
14.04.2009 Tzvetan Todorov nega lo scontro di civiltà
Un suo articolo e due interviste a Jonathan Franzen e Gilles Kepel

Testata: La Repubblica
Data: 14 aprile 2009
Pagina: 41
Autore: Tzvetan Todorov - Antonio Monda - Fabio Gambaro
Titolo: «Obama può archiviare la guerra Islam-Occidente? - I nuovi pericoli per l'America - La nostra Europa dei due mondi»

Riportiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 14/04/2009, a pag. 40, l'articolo di Tzvetan Todorov dal titolo " Obama può archiviare la guerra Islam - Occidente? " preceduto da un nostro commento, l'intervista di Antonio Monda allo scrittore Jonathan Franzen   dal titolo " I nuovi pericoli per l'America " e l'intervista di Fabio Gambaro allo studioso francese Gilles Kepel dal titolo " La nostra Europa dei due mondi ". Ecco gli articoli:

Tzvetan Todorov : " Obama può archiviare la guerra Islam-Occidente? "

Todorov nega la teoria dello scontro di civiltà, scrivendo che è " una formula troppo semplicistica e manichea che pretende di dare un nome al male, illudendosi di batterlo militarmente. È troppo facile dire che il male sono gli altri." . Contrariamente a ciò che ritiene Todorov, non è l'Occidente a pensare che "il male sono gli altri". Semmai è l'Islam fondamentalista a farlo. Todorov, inoltre, scrive che è un'illusione quella di battere militarmente i terroristi islamici. Qual è allora la soluzione che deve scegliere l'Occidente? Todorov scrive: " La civiltà, infatti, consiste proprio nella capacità di riconoscere che anche chi non ci assomiglia, per cultura o costumi, appartiene pienamente alla nostra stessa umanità.". Ne deduciamo, perciò, che, secondo Todorov, l'Islam non è una civiltà, perchè non riconosce le democrazie occidentali. E' per questo che è sbagliato parlare di scontro di civiltà? Perchè l'Islam non lo è?
A Todorov rispondiamo citando le affermazioni dello scrittore Franzen (contenute nell'intervista di Antonio Monda riportata in questa pagina) : "
Non possiamo negarci che mentre parliamo ci sono terroristi che, chiusi nelle loro caverne, complottano contro di noi. E non possiamo negarci che a volte non c´è scelta".
Ecco l'articolo:

L´idea dello scontro di civiltà non solo non ha descritto fedelmente la realtà del mondo contemporaneo, ma ha agito anche come una sorta d´imperativo che ha spinto i governi al conflitto con le altre civiltà. Barack Obama ha voluto rompere con questa lettura del mondo, affermando che non c´è spazio per una nuova guerra santa contro l´islam. Per lui, la Turchia non è solo il luogo dove le culture si scontrano, ma è il luogo dove s´incontrano producendo una nuova sintesi. Le sue posizioni mi sembrano molto più vicine alla realtà di quanto non lo siano i fantasmi evocati da Samuel Huntington. Inoltre, sembrano indicare la volontà di un approccio ai problemi internazionali molto più complesso e aperto, anche se certo ci vorrà del tempo per passare dalle intenzioni agli atti concreti. Non a caso, per ora non tutte le sue scelte sembrano essere in accordo con questa volontà d´apertura. Faccio due esempi di "scelte" del presidente americano su cui mi sembra sia necessario riflettere. Il primo è veniale, e riguarda il discorso di Ankara, dove, dopo aver difeso il multilateralismo e il diritto di ogni paese di decidere da solo del proprio destino, Obama ha invitato con forza l´Europa ad ammettere la Turchia nella comunità europea. Mi sembra un invito fuori luogo e non in linea con un´ottica multilaterale. Detto in poche parole: non sono gli Stati Uniti che devono dire all´Europa ciò che deve fare.
L´altro esempio è più importante e riguarda l´intervento in Afganistan. Qui per ora non c´è alcuna rottura rispetto al passato. La politica è la stessa di George W. Bush, il quale pensava di combattere i terroristi islamici controllando militarmente il paese. Personalmente, non credo che questa politica sia efficace. Credo invece che sia una logica figlia della paura. E di fronte a un pericolo, una reazione sproporzionata può a sua volta diventare un pericolo. La paura dei barbari può generare la barbarie. Lo abbiamo visto proprio negli Stati Uniti, una democrazia esemplare, dove però è stata legalizzata la tortura.
Gli attentati dei terroristi islamici negli Stati Uniti e in Europa sono gravissimi, ma non si può parlare di guerra di civiltà. È una formula troppo semplicistica e manichea che pretende di dare un nome al male, illudendosi di batterlo militarmente. È troppo facile dire che il male sono gli altri.
Tornando al discorso di Barack Obama ad Ankara, scorgo un´altra debolezza, quando accorda un´importanza eccessiva al carattere musulmano dei paesi musulmani. Per sfuggire alla logica della guerra di civiltà, il presidente Usa vuole valorizzare l´islam, sottolineandone gli aspetti positivi e i contributi alla storia della civiltà. Il che va benissimo, perché non è possibile appiattire l´immagine dell´islam su quella dei terroristi islamici, come non sarebbe possibile appiattire l´immagine del cristianesimo sull´inquisizione. Secondo me, però la varietà del mondo non è mai riducibile a un´unica dimensione.
Sia l´islam che l´occidente sono realtà complesse e multiformi, che non possono essere irrigidite nella sola identità religiosa. Nessun individuo è dominato interamente da una sola delle sue caratteristiche. La popolazione dei paesi a maggioranza musulmana, come per altro le altre popolazioni del mondo, non agiscono esclusivamente in funzione della religione. Le loro azioni sono determinate dall´insieme delle caratteristiche sociali e culturali che costituiscono la loro identità. E spesso queste contano molto di più della componente religiosa, la quale poi interviene a dare una forma alle loro rivendicazioni. Per quanto riguarda poi i punti di contatto, sul piano culturale, tra l´islam e l´occidente, questo è un problema di cui devono occuparsi gli storici. Tuttavia, aldilà del lavoro scientifico, la miglior cosa da fare è facilitare gli scambi culturali tra i due mondi per favorire la conoscenza reciproca. Occorre incoraggiare le traduzioni, gli incontri, i dibattiti, i viaggi e ogni altra occasione di scambio. Quando si dialoga, non ci si insulta. Il che vale per noi occidentali, ma vale anche per il mondo musulmano, dove molte spesso trionfa un´immagine schematica e caricaturale dell´occidente.
L´universalità della civiltà ha bisogno della pluralità delle culture. La civiltà, infatti, consiste proprio nella capacità di riconoscere che anche chi non ci assomiglia, per cultura o costumi, appartiene pienamente alla nostra stessa umanità. Senza pluralità di culture non c´è progresso della civiltà. La storia dell´Europa lo dimostra. L´identità europea risiede nella sua capacità di gestire la pluralità. Da questo punto di vista, mi sembra perfettamente in grado di gestire anche l´identità musulmana, la quale per altro è già da secoli in contatto con la cultura europea. Certo, localmente possono anche sorgere dei conflitti, a volte anche violenti, di fronte ai quali occorre sempre intervenire con il rigore della legge. In un paese possono esserci diverse culture, ma deve esserci una sola legge. Le differenze culturali non possono mai essere una scusa per sottrarsi alla legge che garantisce tutti.

Antonio Monda : " I nuovi pericoli per l'America ", intervista con Jonathan Franzen

Sin dal momento in cui Barack Obama ha deciso di candidarsi come presidente, lo scrittore americano Jonathan Franzen ha dichiarato pubblicamente l´importanza della novità, ma a pochi giorni dall´elezione ha cominciato a prendere le distanze, arrivando a parlare di delusione, e di una politica estera che aveva fin troppe affinità con quella di George W Bush. Le dichiarazioni di Obama ad Ankara lo trovano d´accordo su alcuni aspetti e perplesso su altri, ma sulla teoria dello scontro delle civiltà e del conflitto tra le religioni ha un approccio problematico. «Sono tra coloro che ha esultato quando finalmente il presidente americano ha distinto tra il fanatismo fondamentalista e l´Islam. Un conto è chi odia e uccide, un conto è chi ha una fede e prega. Da questo punto di vista il discorso di Obama è stato importante: mi verrebbe da dire che si tratta di un passo avanti, se non si trattasse anche di un´ovvietà».
Negare il concetto di scontro di civiltà significa affermare che le civiltà sono in grado di avere un rapporto di tolleranza e dialogo. La storia ha insegnato troppe volte il contrario.
«È vero, troppe volte abbiamo visto guerre, ingiustizie e soprusi. Ma è vero anche che sono esistite civiltà liberali e tolleranti che hanno saputo convivere e rispettarsi. E abbiamo visto anche delle situazioni di indubbia pacificazione e progresso generate anche da una situazione di brutale conquista».
Questa da lei non me l´aspettavo: a cosa si riferisce?
«Penso ad esempio a quanto è avvenuto sotto il dominio britannico, per esempio in realtà difficili come l´India. Le motivazioni degli inglesi erano legate all´economia e al potere, e si sono dimostrati spesso razzisti e brutali oppressori. Eppure sotto il dominio inglese i musulmani e gli indù hanno convissuto molto meglio di quanto abbiano fatto in precedenza. Si tratta di una pagina di storia che non si può leggere in chiave manichea: gli inglesi devono in parte vergognarsene ed in parte esserne orgogliosi. E non si può negare che siano riusciti ad esportare molti valori importanti».
Non si potrebbe applicare lo stesso criterio al principio dell´esportazione della democrazia?
«Forse continuerò a sorprenderla, ma sul principio in sé non sono contrario in maniera assoluta, e ho un approccio problematico: ritengo che un seme non si possa piantare in ogni terreno. A mio avviso l´errore dei neocon è che hanno agito con troppa violenza e troppa velocità nel terreno sbagliato».
Ritiene che il problema del rapporto con l´Islam sia superato?
«No, anzi, sono convinto che il pericolo esista e sia anche molto forte per tutto l´occidente. Mi ha colpito che Obama ha parlato di rischi per l´Europa. Oggi siamo ancora oggetto di sospetto e di odio, e il problema del fondamentalismo musulmano esiste, eccome. Obama sta cercando una via politica che nega per molti aspetti quanto ha fatto Bush negli ultimi otto anni. In un discorso ha detto che "la cooperazione con il mondo islamico è cruciale per far arretrare le ideologie estremiste rifiutate dai popoli di ogni fede". Sono parole che apprezzo e condivido, ma non mi sfugge il rischio che rimane.
Ritiene che la guerra sia sempre e comunque un male da evitare?
Non possiamo negarci che mentre parliamo ci sono terroristi che, chiusi nelle loro caverne, complottano contro di noi. E non possiamo negarci che a volte non c´è scelta».

Fabio Gambaro : " La nostra Europa dei due mondi " intervista a Gilles Kepel

Kepel ribadisce le tesi di Todorov, in più attribuisce a Huntington l'idea stessa dello scontro di civiltà, come se fosse un progetto dello studioso americano e non una chiara constatazione.

«Il discorso fatto ad Ankara da Barack Obama è un ottimo segnale che chiude l´epoca dello scontro di civiltà teorizzato da Samuel Huntington». Ne è convinto Gilles Kepel, uno dei maggiori esperti del mondo musulmano. «Con questo discorso, come pure con la decisione di chiudere Guantanamo, il presidente americano vuole rompere radicalmente con l´era Bush e la sua ideologia. L´America di Obama vuole posizionarsi aldilà della coppia terrore/martirio. Non crede più alla grande crociata dell´epoca Bush per trasformare con la forza il mondo musulmano. E abbandonando questa visione del mondo, Obama prova ad emarginare Al Qaeda, il cui mito prospera grazie all´opposizione alla politica di Bush».
La teoria dello scontro di civiltà fa comodo ai fondamentalisti islamici?
«Certo, gli islamisti adorano il libro Huntington, perché dà loro uno statuto e legittima la loro azione. Grazie a esso, essi diventano i soli rappresentati delle popolazioni musulmane. Dopo la fine del comunismo, Huntington ha cercato di trovare nuove linee di frattura a partire da un´opposizione di civiltà e di religioni. Ma in questo modo ha reificato delle identità che in realtà sono mobili. Se ha avuto tanto successo, è solo perché la sua teoria è arrivata in un momento di vuoto ideologico».
Ora la sua parabola si è conclusa?
«Obama in ogni caso non la condivide assolutamente. Lo scontro tra Bush e Bin Laden nasceva dallo scontro tra due grandi narrazioni: quella della guerra contro il terrore fatta dagli americani e quella della jihad contro l´occidente. Due narrazioni che hanno entrambe fallito i loro obiettivi. Bush non è riuscito a trasformare il Medio Oriente in una provincia sottomessa agli Stai Uniti, mentre Bin Laden non è riuscito a mobilitare le masse musulmane dietro la bandiera del martirio. Ora Obama vuole chiudere la parentesi aperta dagli attentati dell´11 settembre 2001. Vedremo se, dopo aver chiuso l´era Bush, la sua politica sarà sufficientemente efficace per chiudere anche l´era Bin Laden. E soprattutto ricostruire le relazioni con il mondo musulmano».
Crede che ce la farà?
«In ogni caso non potrà farlo da solo, dato che l´America non ha più i mezzi per una politica unilaterale. Ha bisogno di cooperare con gli alleati e deve tenere conto delle esigenze degli altri paesi. Obama sa che il mondo è diventato multipolare e sta cercano di adattarsi a questa realtà, senza ideologie preconcette. In questa prospettiva, l´Europa può svolgere un ruolo importante, ad esempio costruendo uno spazio comune nel quale possano ritrovarsi tutti paesi che si affacciano sulle sponde del Mediterraneo. Questo spazio può diventare un´occasione di incontro tra occidente e islam, dove superare le paure reciproche lasciateci in eredità da coloro che nei due campi invocavano la crociata e la jihad. Se però dimentichiamo le teorie di Huntington, tutto diventa più semplice. Certo, la presenza dei musulmani in Europa è stata vissuta in maniera drammatica al momento degli attentati di Madrid o Londra. Ma la situazione sta cambiando. In Francia i giovani musulmani in realtà sono già l´avanguardia di una nuova generazione ibrida e meticcia che viene dal mondo musulmano ma è sempre più di cultura europea. Nonostante tutte le difficoltà, questa nuova generazione si sta già lasciando alle spalle la guerra tra le culture.

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