10/6/02 VITE SPEZZATE Riflessione di Giorgia Greco
Alcune settimane fa i giornali italiani hanno riportato la notizia della tragica morte di due giovani che, lanciatisi da un ponte con una corda elastica, sono morti sfracellati perché il cavo che li sosteneva non era stato inserito in maniera corretta.
La notizia ha destato grande scalpore ma il jumping, uno sport molto praticato, consente a giovani annoiati, che al cinema, in pizzeria o in discoteca non si divertono più, di provare quell’emozione forte, quel brivido, quella scarica di adrenalina che corre lungo la schiena quando si rischia di morire. E così muoiono i giovani italiani.
Ma in Israele no.
In Israele i giovani muoiono mangiando un trancio di pizza, muoiono leccando un gelato, muoiono mentre aspettano un autobus, muoiono in fila davanti ad una discoteca, muoiono se si fermano a chiacchierare in gruppo all’incrocio di una strada.
I giovani israeliani non hanno bisogno di “emozioni forti” per divertirsi perché è già un successo se riescono a tornare a casa dalla discoteca sani e salvi; non hanno bisogno di buttarsi da un ponte per provare un “brivido” perché la semplice vista di un giovane con un grosso zaino che magari può contenere una bomba li fa rabbrividire.
La ferocia dei kamikaze non risparmia nessuno ma quando colpisce i giovani la rabbia e il dolore sono fortissimi: per i sogni stroncati, per gli studi interrotti, per i paesi che avevano sognato di visitare dopo il servizio militare e che non vedranno mai più, per il servizio militare che non completeranno, per la laurea che non potranno prendere.
Ognuno di loro ha una storia, una famiglia straziata che dovrà abituarsi a vivere senza il proprio figlio, amici che li piangeranno , ma quello che sconcerta maggiormente è che la stampa italiana, tranne rarissime eccezioni, si limita cinicamente a dare l’annuncio dell’ennesimo attentato con il numero dei morti e punto. Nessun’altra informazione è ritenuta indispensabile.
Così la tragica morte di un giovane di 18 anni presso il villaggio di Sinjil è passata inosservata: l’Unità del 7 giugno ad esempio gli ha dedicato due righe e mezzo!!
“Un giovane colono ebreo di 20 anni è stato ucciso in un agguato palestinese presso la colonia di Shilo, nella zona di Ramallah” – FINE
Chi era questo giovane di cui non si conosce nemmeno il nome? Era uno fra i tanti ragazzi israeliani morti nell’ultima settimana in ossequio ad una strategia di terrore che non risparmia nessuno.
Erez Rund aveva 18 anni e viveva ad Ofra, studente alla Yeshiva Har Meron è stato ucciso da un colpo al torace sparato da un terrorista palestinese giovedì pomeriggio mentre transitava sulla strada fra Shilo e Ofra.
Erez si era recato ad Eli dove avrebbe voluto studiare l’anno prossimo; stava tornando a casa grazie ad un passaggio offertogli da un residente di Eli quando Il terrorista ha cominciato a sparare contro il veicolo colpendo mortalmente il giovane e mancando per miracolo gli altri occupanti.
Dopo l’agguato il cecchino che era riuscito a nascondersi dietro le colline circostanti, si è dileguato raggiungendo un’area sotto controllo palestinese.
L’ambulanza sopraggiunta da Ofra in pochi minuti aveva prestato le prime cure al ragazzo, ma constatata la criticità delle sue condizioni, si era diretta velocemente all’ospedale Hadassh.
Erez, trasportato immediatamente al reparto chirurgico, morirà in sala operatoria.
Chi era Erez?
Dopo l’annuncio della sua morte un gruppo di amici si è ritrovato a casa di una famiglia per parlare del loro amico scomparso.
“Amava la vita – dice Roi Ganoniyan, cresciuto insieme a Rund – ed era l’amico più intimo che avessi. Erez studiava alla Yeshiva Tichonit a Monte Miron ma aveva intenzione di frequentare la Yeshiva a Eli prima del servizio militare e poi servire in un’unità combattente dell’esercito.
“Era importante per Erez che tutti i giovani, religiosi e laici, fossero uniti – dice Ganoniya
“Amava molto Israele e si divertiva a fare escursioni. Era sempre sorridente e sapeva come far sorridere chi stava attorno a lui”.
Erez non era diverso dai suoi compagni, amava divertirsi con gli amici, studiare, fare progetti e pensare al futuro.
Un futuro che l’odio cieco e bestiale di un terrorista gli ha negato per sempre.