Su AVVENIRE di oggi, 12/04/2009, a pag. 12, Barbara Uglietti descrive la Pasqua a Gaza in un articolo dal titolo " Gaza, cristiani e musulmani pregano insieme". Il pezzo è un concentarto di sublime ipocrisia, descrive una realtà inesistente, atteggiamento tipico della stampa cattolica in genere e di AVVENIRE in particolare. L'esodo dei cristiani dai paesi arabi è un dramma conosciuto da tutti, ma che sfugge al quotidiano della CEI. Leggendolo si hal'impressione che sia tutto un velemose bene, quando la realtà è ben diversa. In chiusura viene evocato Monsignor Sabbah, tristemente noto per il suo atteggiamento benevolo nei confronti del terrorismo palestinese, e allora il gioco si fa più chiaro. Ci viene in mente un a altro Monsignore, quell'Hilarion Capucci, che tuttora svolge liberamente la sua propaganda terrorista fra le accoglienti mura vaticane, e allora l'articolo della Uglietti trova la sua spiegazione. Ci verranno a dire che in Vaticano ci sono delle correnti schierate contro altre correnti, che i rapportio di forza al suo interno complessi, tutto quel bla bla che sentiamo ogniqualvolta si tratta di giustificare posizioni imbarazzanti. Ma qui si tratta del quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana, come può mentire in questo modo ai suoi lettori ? Gradiremmo una spiegazione. Ecco l'articolo:
L a piccola chiesa cattolica di Gaza da una settimana è piena. Di cristiani. E di musulmani, che ieri hanno accolto il patriarca emerito Michel Sabbah arrivato mercoledì nella Striscia: oggi celebrerà la messa di Pasqua.
Questa è Gaza. Che nelle parole dei fedeli cristiani – una piccola comunità di tremila persone, la maggior parte ortodossi, mentre sono 200 i cattolici, su una popolazione di circa un milione e mezzo – sembra lontana anni luce dalla “roccaforte di Hamas” che fa paura al mondo.
«Abbiamo problemi più urgenti delle questioni politiche – racconta Elias, cristiano di Gaza –, per esempio trovare del cellophane da mettere alle finestre di- strutte nei bombardamenti. O reperire medicinali». Gli stessi problemi li hanno musulmani, con i quali i cristiani convivono in pace e spirito di solidarietà. Putroppo di aiuti, compresi quelli promessi a marzo dalla comunità internazionale a Sharm-el-Sheikh, non se ne vede traccia. Per ora.
In soccorso della comunità cristiana è arriva invece la Colletta per la Terra Santa: i fondi raccolti il Giovedì Santo sono stati interamente dedicati alla popolazione della Striscia. Cristiani e musulmani che intrecciano sofferenza e speranza. E intrecciano cesti di fiori. Tra le iniziative più simboliche di queste celebrazioni c’è stata proprio questa, che ha coinvolto i bambini di Gaza nella Domenica della Palme. Con i fasci delle palme hanno costruito i cesti che, riempiti di fiori, sono stati portati in processione in città. E poi c’è stata una sorprendente partecipazione al rito della Lavanda dei piedi. Mentre il Venerdì Santo un’enorme croce, addobbata con i fiori, è stata saluta da tutta la città durante la processione.
Le autorità israeliane hanno anche dato alcuni permessi per spostarsi a Gerusalemme per partecipare agli appuntamenti della Settimana Santa. Un segno di disponibilità che è stato molto apprezzato dalla comunità locale. Ma restano tutti i problemi legati al blocco, che non consente l’ingresso di materiali di prima necessità nell’enclave. «Non abbiamo cemento, non abbiamo mattoni, non abbiamo elettricità, non abbiamo medicine, cibo, lavoro, non abbiamo niente», dice padre Manuel Musallam, parroco della chiesa della Sacra Famiglia di Gaza City. «L’assedio – spiega – è molto più severo di prima. Di prima della guerra. Gli aiuti umanitari non arrivano: sono stoccati in Egitto». Fermi. «E qui – continua –, a distanza di tre mesi dalla guerra, la gente continua a morire per la mancanza di tutto». Le case distrutte dall’offensiva di gennaio sono rimaste com’erano: macerie. E la gente vive ancora nelle tende.
Oggi i cristiani e i musulmani di Gaza incontreranno il Patriarca Sabbah. Parleranno con lui. Chiederanno una Pasqua di Resurrezione per questa terra. Pregheranno insieme. «Perché il Rosario è lo stesso», conclude padre Musallam.
Oggi la messa del patriarca emerito Sabbah. Gli aiuti della Colletta per la Terra Santa
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