|
|
||
copia di mail inviata a IL RIFORMISTA: Islam e omossessualità
Caro direttore, leggo sempre con molto interesse, pur dissentendone, le tesi di Tariq Ramadan. Purtroppo ogni volta ritrovo nelle sue argomentazioni quel metodo sofistico e non euristico che è proprio invece della tradizione greca (Socrate-Platone- Aristotile) e giudaica (Talmud e tradizione rabbinica). Cercherò di essere chiaro e conciso. Dice Ramadan: 1) La “cultura europea” si adatta alle circostanze, è cioè storicamente determinata e quindi, aggiungo io,cambia e i suoi valori sono mutevoli. 2) Mentre alcuni seguono le posizioni del Papa e di qualche intellettuale, affermando che le radici dell’Europa sono greche e cristiane, alcuni intellettuali dichiarano che “l’integrazione” musulmana in Europa dipenderà dalla accettazione o meno della omosessualità. 3) Poiché però, sia il cristianesimo che il giudaismo che altre tradizioni condannano l’omosessualità non si comprende come queste posizioni, in sé contraddittorie, possano stare insieme per condannare la posizione islamica sull’omosessualità, che invece si apparenta a quella delle altre religioni Aggiunge peraltro Ramadan, che chi fa professione di fede islamica è musulmano ma se pratica l’omosessualità “non spetta a nessuno escluderlo dall’islam”. I musulmani europei hanno quindi diritto di esprimere le loro posizioni ma allo stesso tempo rispettare le persone per il loro essere e i loro diritti. Invece c’è un atteggiamento e delle campagne malsane contro l’islam. Non è sufficiente questo atteggiamento di rispetto ma si chiede al musulmano di condannare il Corano; questo per Ramadan “rivela un nuovo dogmatismo – con qualche sentore coloniale antico perfino xenofobo-”. E’ vero che le altre religioni ritengono deviante e condannano l’omosessualità. Si può discuterne ma, a differenza dell’islam, non ne traggono la conseguenza di una punizione penale che troppo spesso coincide con la condanna a morte a mezzo impiccagione o lapidazione. Se uno legge la Torah(il Pentateuco) si trovano condanne terribili per molti comportamenti dell’uomo, ma la Torah orale (cioè il Talmud) che specifica e spiega le regole giuridiche e pratiche da seguire, affermava già 2.000 anni fa che un tribunale che in 70 anni avesse comminato una pena di morte sarebbe stato considerato un ben crudele tribunale. Inoltre l’ebraismo in particolare raccomanda ai propri fedeli e alle sue comunità nella diaspora di adeguarsi alle leggi locali, senza la pretesa di voler imporre l’Halacha, cioè la legge ebraica, cosa che non avviene per l’islam che ha invece la pretesa di voler utilizzare per sé e magari imporre agli altri la Svaria, anche in Europa. Ramadan crede di aver risolto in problema parlando di “musulmani europei”, escludendo quindi quelli che vivono nei paesi islamici, senza considerare che gli islamici tutti si considerano parte di una unica comunità, la Umma e che quindi, questa distinzione è inefficace oltre ché subdola e capziosa. I non islamici, che siano occidentali o orientali, del nord come del sud del mondo chiedono appunto agli islamici tutti di distinguere la legge religiosa dalla sua applicazione pratica, la condanna del peccato, da quella del reato, la persecuzione delle persone dalla riprovazione delle attitudini. Ma è proprio su questo terreno che Ramadan esprime posizioni inaccettabili, sia pure ammantate della massima disponibilità al dialogo e al rispetto reciproco. Nessuno vuole ritenere impossibile (ancorché molto difficile) l’integrazione di qualcuno; ma non è certamente con queste argomentazioni capziose che questo processo si facilita.
Guido Guastalla Assessore alla cultura Comunità ebraica di Livorno
|
Condividi sui social network: |
|
Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui |