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L'Opinione Rassegna Stampa
09.04.2009 Zamir fa marcia indietro e i riservisti vogliono i soldi da Haaretz
La cronaca di Dimitri Buffa

Testata: L'Opinione
Data: 09 aprile 2009
Pagina: 7
Autore: Dimitri Buffa
Titolo: «Zamir fa marcia indietro e i riservisti vogliono i soldi da Haaretz»

Riportiamo dall'OPINIONE di oggi, 09/04/2009, l'articolo di Dimitri Buffa dal titolo " Zamir fa marcia indietro e i riservisti vogliono i soldi da Haaretz ". Sullo stesso argomento, invitiamo i nostri lettori a leggere la "Cartolina da Eurabia" di Ugo Volli.

E’ finita “come volevasi dimostrare”: il grande accusatore Danny Zamir il direttore dell’accademia pre-militare “Rabin” di Kiryat Tivon, adesso fa marcia indietro sulle sue denunce (anche se “Repubblica” non lo scrive in prima pagina) e ora i riservisti dell’esercito israeliano chiedono ad “Haaretz” i danni per diffamazione della loro immagine. Non c’è stata alcuna azione deliberatamente persecutoria di Tzahal durante la guerra contro Hamas svoltasi a Gaza lo scorso gennaio contro l’inerme popolazione civile. Le voci in tal senso diffuse sono da attribuire alla copiosa e inflazionata categoria dello spirito delle menzogne di repertorio. Dice infatti adesso lo stesso Zamir al “Jerusalem Post” che “...la controffensiva israeliana anti-Hamas nella striscia di Gaza era pienamente giustificata e alcuni isolati casi di vandalismo non fanno certo delle Forze di Difesa israeliane un esercito di criminali di guerra, e gli ufficiali usciti dai corsi preparatori militari più osservanti dal punto di vista religioso generalmente contribuiscono ad un migliore standard di moralità delle forze israeliane”. Ora la novità è che i riservisti vogliono i soldi da “Haaretz”, accusato di non avere verificato le accuse né le fonti. Come da copione del perfetto giornalismo investigativo di sinistra, insomma. “Tutta la vicenda è schizzata fuori controllo – dice ora Zamir – da quella che era una discussione interna con alcuni soldati (che parlavano di quanto sia difficile e dolorosa una guerra) che avevo portato all’attenzione dell’esercito perché mi aspettavo che si occupassero delle questioni sollevate, i mass-media internazionali invece ne hanno tratto materia per trasformare le Forze di Difesa israeliane in criminali di guerra”. La settimana scorsa il giudice militare Avichai Mandelblit, dopo l’indagine della polizia militare, aveva archiviato l’affare e scagionato le forze armate spiegando che le presunte “testimonianze” erano tutte basate sul sentito dire senza alcuna fonte diretta. Rispetto agli articoli apparsi sul New York Times: “.. esplicitamente o per insinuazioni, sostengono che vi sarebbe un deterioramento che scaturirebbe specificamente da una crescita della presenza di soldati e ufficiali religiosi nelle forze armate in generale, e in particolare dal rafforzamento della posizione del rabbino capo militare Avichai Ronsky”. “Era come" – aggiunge l’accusatore oggi ”pentito“ - "se i mass-media fossero tutti così ansiosi di trovare motivi per attaccare le Forze di Difesa israeliane. Si sono buttati su una riunione fra nove soldati al ritorno dal campo di battaglia per condividere le loro esperienze e sensazioni personali, e hanno usato quell’unico episodio per trarre conclusioni che sembrano una condanna senz’appello”. Ciò che lo ha più disturbato, dice Zamir, è stato un articolo nel New York Times dal titolo “Una guerra religiosa nell’esercito di Israele”, in cui si lasciava intendere che sia in corso un vero e proprio scontro culturale fra soldati religiosi e laici“. Secondo Zamir, ”l’articolo dava anche l’impressione che lui personalmente fosse ai ferri corti con Ronsky, una persona che egli considera al contrario un caro amico“. Già, però anche lui sembra cadere dal pero. Non aveva calcolato prima cosa sarebbe stato montato sulle proprie dichiarazioni?

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