Riportiamo dall'OPINIONE di oggi, 07/04/2009, l'articolo di Dimitri Buffa dal titolo " Gilad Shalit trasferito in Sudan da Hamas sotto sorveglianza iraniana".
Le coincidenze a volte sono rivelatrici: pochi giorni fa era emersa la storia del bombardamento israeliano in Sudan contro un convoglio diretto a Gaza. Ieri invece dal quotidiano online panarabo, “El alaph”, è giunta una notizia se possibile ancora più clamorosa: il soldato israeliano Gilad Shalit, rapito da terroristi palestinesi nel giugno del 2006 in territorio dello stato ebraico, sarebbe stato stato trasferito nel Sudan. “El alaph”, sito di riferimento per l’ideologia pan araba, più che pan islamista, ma sempre ostile a Israele, afferma, senza citare le sue fonti, che il caporale si troverebbe in “un covo” allestito all’uopo dall’intelligence iraniana nel paese africano. Il Sudan si ritrova quindi di nuovo sotto le lenti dei riflettori come un territorio strategico per i traffici del movimento terrorista islamico palestinese Hamas con gli ayatollah di Teheran. Infatti, Khudair Taher autore materiale dell’articolo del foglio on line edito a Londra, ricorda di essere stato, “lo scorso 16 gennaio il primo ad avere svelato il contrabbando di armi tra l’Iran e Hamas” attraverso il territorio sudanese. Secondo il giornalista, nel timore di un azione di commando dell’esercito israeliano per la liberazione dell’ostaggio, visto che era stato scoperto il luogo della sua prigionia proprio all’inizio dell’operazione “piombo fuso”, Hamas, “aiutata da uomini dei servizi segreti iraniani”, avrebbe portato Shalit fuori della striscia di Gaza attraverso i tunnel sotterranei che la collegano con l’Egitto. Una volta nel deserto del Sinai, l’ostaggio sarebbe poi stato portato da alcuni beduini nel Sudan, in una prigione segreta dell’intelligence iraniana. Proprio una bella grana diplomatica anche per Obama, visto che il presidente Usa è lo sponsor numero uno della trattativa con Teheran. C’è da dire che ieri la notizia, che difficilmente potrà avere conferme ufficiali, non era ancora rimbalzata sulla prima pagina on line del Jerusalem Post. Che peraltro aveva concentrato la propria attenzione sul cittadino israeliano disperso a L’Aquila dopo il terremoto da incubo che ha colpito domenica notte il capoluogo dell’Abruzzo. Si tratterebbe per la cronaca di uno studente fuori sede, il cui nome non è stato ancora rivelato, il quale viveva in una camera d’affitto all’interno di un appartamento crollato insieme all’intero edificio in cui era locato.
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