Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 06/04/2009, a pag. 13, la cronaca di Francesco Battistini dal titolo " Un giudice ebreo indagherà su Gaza, choc e proteste " sulla nomina di Richard Goldstone, giudice ebreo sudafricano, a presidente della commissione Onu per Gaza. I quotidiani hanno insistito molto sul fatto che Goldstone, oltre che avere un curriculum di tutto rispetto per le sue indagini sullo scandalo Oil for food, per i suoi studi sul nazismo in Argentina, per essere stato costituente del Sudafrica post-apartheid, è ebreo.
Se fosse stato israeliano avremmo compreso le perplessità dei quotidiani mediorientali. Un ebreo non può presiedere la commissione Onu per Gaza? Nessuno ha trovato da ridire sulla nomina a osservatore speciale dell'Onu per i diritti umani dell'ebreo Richard Falk. Che differenza c'è fra Falk e Goldstone? A differenza di Falk, Goldstone non si è ancora contraddistinto per dichiarazioni antiisraeliane e antisemite. La nostra opinione è che, comunque, sarebbe stato meglio scegliere un non ebreo. Come si è visto con la nomina di Falk. Ecco l'articolo:
GERUSALEMME — Bella grana, professor Goldstone. «La decisione non è stata facile. Ci ho pensato giorni e notti. Notti d’insonnia...». Gli scappa di dire: «Ci sono già elementi sul prima, sul durante e sul dopo l’operazione Piombo Fuso...». Lo incalzano: che cosa intende, mister Goldstone? «L’interesse nostro è di far luce su tutti, ripeto tutti, i crimini». Ci vorrà qualche settimana, prima che si riunisca la commissione Onu per Gaza. Ci sono voluti pochi minuti, per capire che il lavoro di Richard Goldstone sarà ricusato da una parte o dall’altra, ovunque vada a parare. Letto in filigrana. Setacciato nelle virgole. Il caso Goldstone: giudice sudafricano, come l’hanno presentato i media di mezzo mondo; giudice ebreo, hanno subito notato i giornali arabi e israeliani. Che alla fine avrà assolto l’esercito «in quanto ebreo», o l’avrà condannato «perché prevenuto». Comunque una bella grana... «Ci ho pensato a lungo. Alla fine, qualcuno doveva pur farlo». La domanda è brutale, un po’ imbarazzante: può un giudice come Goldstone presiedere questa commissione d’inchiesta? La risposta sarebbe scontata — certo che può —, specie se a porla è il quotidiano d’un Paese notoriamente garantista, l’Iran Daily di Teheran, che quattro anni fa pubblicava senza chiedersi nulla gli articoli di Goldstone sul Ruanda e ora, invece, è perplesso come altri commentatori mediorientali: «Non è chiaro che tipo di lavoro andrà a svolgere la commissione e quanto un ebreo sappia resistere a certe pressioni». Venerdì, però, è stato lo stesso Goldstone a dirsi «scioccato della nomina, in quanto ebreo». E anche Yedioth Ahronot, giornale israeliano, ne ha rimarcato l’origine.
Mentre il Jerusalem Post ha osservato che il settantenne giudice — un lungo curriculum di costituente del Sudafrica post apartheid, d’investigatore sul Kosovo e sullo scandalo Oil for food, studioso del nazismo in Argentina, autore di testi sull’eredità di Norimberga — è anche «componente del comitato dei garanti dell’Università ebraica ».
I diretti interessati non sembrano porsi dubbi simili, al momento. Ibrahim Kraishi, ambasciatore palestinese all’Onu, «accoglie favorevolmente» la nomina di Goldstone. E la contrarietà d’Yigal Palmor, il portavoce del governo israeliano, è d’altro tipo: «A essere screditato è casomai il Consiglio dell’Onu, che il 12 gennaio istituì la commissione e ora ha nominato i membri. Non c’è Paese democratico che abbia sostenuto quest’indagine. Non ha base morale: s’è già deciso chi sia il colpevole e di che cosa». In effetti il mandato di Goldstone, affiancato da un’inglese, una pakistana e un irlandese, è complicato: con una mozione su cui s’astennero 13 Paesi (uno votò contro), l’Onu chiese d’indagare sulle «violazioni commesse dalla potenza occupante d’Israele contro la popolazione palestinese». Adesso, il giudice dice che guarderà a «tutte le violazioni » e alle «vittime di tutte le parti», violenze nei Territori e Qassam di Hamas compresi. Mica facile: non c’è nemmeno una stima esatta e imparziale di quanti furono i morti, in quei 22 giorni. E le testimonianze raccolte dalla stampa israeliana, che sulla «sporca guerra» ha intervistato molti soldati, sono contestate dall’inchiesta di Tsahal che le ha giudicate «non genuine, raccontate per sentito dire». Anche le ong sono divise: chi (Human Rights Watch) insiste sull’uso del fosforo bianco, chi (Stand With Us) apre blog innocentisti. Il giudice promette: «Ascolterò tutti». Saranno notti insonni, professor Goldstone.
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