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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
06.04.2009 Il giudice Goldstone presiederà la Commissione Onu per Gaza
Speriamo non sia un altro Falk

Testata: Corriere della Sera
Data: 06 aprile 2009
Pagina: 13
Autore: Francesco Battistini
Titolo: «Un giudice ebreo indagherà su Gaza, choc e proteste»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 06/04/2009, a pag. 13, la cronaca di Francesco Battistini dal titolo " Un giudice ebreo indagherà su Gaza, choc e proteste " sulla nomina di Richard Goldstone, giudice ebreo sudafricano, a presidente della commissione Onu per Gaza. I quotidiani hanno insistito molto sul fatto che Goldstone, oltre che avere un curriculum di tutto rispetto per le sue indagini sullo scandalo Oil for food, per i suoi studi sul nazismo in Argentina, per essere stato costituente del Sudafrica post-apartheid, è ebreo.
Se fosse stato israeliano avremmo compreso le perplessità dei quotidiani mediorientali. Un ebreo non può presiedere la commissione Onu per Gaza? Nessuno ha trovato da ridire sulla nomina a osservatore speciale dell'Onu per i diritti umani dell'ebreo Richard Falk. Che differenza c'è fra Falk e Goldstone? A differenza di Falk, Goldstone non si è ancora contraddistinto per dichiarazioni antiisraeliane e antisemite. La nostra opinione è che, comunque, sarebbe stato meglio scegliere un non ebreo. Come si è visto con la nomina di Falk. Ecco l'articolo:

GERUSALEMME — Bella grana, professor Goldstone. «La decisione non è stata facile. Ci ho pensato giorni e notti. Notti d’insonnia...». Gli scappa di di­re: «Ci sono già elementi sul pri­ma, sul durante e sul dopo l’ope­razione Piombo Fuso...». Lo in­calzano: che cosa intende, mi­ster Goldstone? «L’interesse no­stro è di far luce su tutti, ripeto tutti, i crimini». Ci vorrà qual­che settimana, prima che si riu­nisca la commissione Onu per Gaza. Ci sono voluti pochi minu­ti, per capire che il lavoro di Ri­chard Goldstone sarà ricusato da una parte o dall’altra, ovun­que vada a parare. Letto in fili­grana. Setacciato nelle virgole. Il caso Goldstone: giudice suda­fricano, come l’hanno presenta­to i media di mezzo mondo; giu­dice ebreo, hanno subito notato i giornali arabi e israeliani. Che alla fine avrà assolto l’esercito «in quanto ebreo», o l’avrà con­dannato «perché prevenuto». Comunque una bella grana... «Ci ho pensato a lungo. Alla fi­ne, qualcuno doveva pur farlo». La domanda è brutale, un po’ imbarazzante: può un giudice come Goldstone presiedere que­sta commissione d’inchiesta? La risposta sarebbe scontata — certo che può —, specie se a por­la è il quotidiano d’un Paese no­toriamente garantista, l’Iran Daily di Teheran, che quattro anni fa pubblicava senza chie­dersi nulla gli articoli di Gold­stone sul Ruanda e ora, invece, è perplesso come altri commen­tatori mediorientali: «Non è chiaro che tipo di lavoro andrà a svolgere la commissione e quanto un ebreo sappia resiste­re a certe pressioni». Venerdì, però, è stato lo stesso Goldsto­ne a dirsi «scioccato della nomi­na, in quanto ebreo». E anche Yedioth Ahronot, giornale israe­liano, ne ha rimarcato l’origine.
Mentre il
Jerusalem Post ha os­servato che il settantenne giudi­ce — un lungo curriculum di co­stituente del Sudafrica post apartheid, d’investigatore sul Kosovo e sullo scandalo Oil for food, studioso del nazismo in Argentina, autore di testi sul­l’eredità di Norimberga — è an­che «componente del comitato dei garanti dell’Università ebrai­ca ».
I diretti interessati non sem­brano porsi dubbi simili, al mo­mento. Ibrahim Kraishi, amba­sciatore palestinese all’Onu, «ac­coglie favorevolmente» la nomi­na di Goldstone. E la contrarie­tà d’Yigal Palmor, il portavoce del governo israeliano, è d’altro tipo: «A essere screditato è caso­mai il Consiglio dell’Onu, che il 12 gennaio istituì la commissio­ne e ora ha nominato i membri. Non c’è Paese democratico che abbia sostenuto quest’indagine. Non ha base morale: s’è già deci­so chi sia il colpevole e di che cosa». In effetti il mandato di Goldstone, affiancato da un’in­glese, una pakistana e un irlan­dese, è complicato: con una mo­zione su cui s’astennero 13 Pae­si (uno votò contro), l’Onu chiese d’indaga­re sulle «violazioni commesse dalla poten­za occupante d’Israele contro la popolazione palestinese». Adesso, il giudice dice che guar­derà a «tutte le violazio­ni » e alle «vittime di tutte le parti», violenze nei Territori e Qassam di Hamas compresi. Mi­ca facile: non c’è nem­meno una stima esatta e imparziale di quanti furono i morti, in quei 22 giorni. E le testimonianze rac­colte dalla stampa israeliana, che sulla «sporca guerra» ha in­tervistato molti soldati, sono contestate dall’inchiesta di Tsahal che le ha giudicate «non genuine, raccontate per sentito dire». Anche le ong sono divise: chi (Human Rights Watch) insi­ste sull’uso del fosforo bianco, chi (Stand With Us) apre blog in­nocentisti. Il giudice promette: «Ascolterò tutti». Saranno notti insonni, professor Goldstone.

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