Arabia Saudita, problemi si successione. Li racconta Cecilia Zecchinelli sul CORRIERE della SERA di oggi,04/04/2009, a pag.16, con il titolo " Un principe nero divide la corte saudita":
Più opaca del Cremlino ai tempi dell’Urss, più complicata della trama di mille puntate di Dynasty: la successione al trono in Arabia Saudita è da sempre (o almeno dal 1932, anno di fondazione del Regno) la questione in assoluto più privata e delicata, discussa nei palazzi e nei salotti, mai toccata dai media del Paese forse più chiuso del mondo, certo più ricco in petrolio. Ma adesso, all’improvviso, è diventata «la» questione saudita. Dal 27 marzo, per l’esattezza, quando re Abdullah in partenza per il G20 di Londra ha nominato a sorpresa il principe Nayif «secondo vice premier ». Fratellastro del sovrano- primo ministro e solo un po’ meno anziano di lui (75 anni contro gli 86 di Abdullah), Nayif è da 34 capo degli Interni.
Noto «falco» su vari fronti (donne, riformatori, sciiti) ma efficace contro i terroristi di Al Qaeda (che odiano i Saud più ancora degli americani), è potentissimo e poco amato (a differenza del re).
La nuova carica di Nayif non sembra gran che. Ma tradizione vuole che con quella nomina il ministro degli Interni diventi anche «vice-delfino» del Regno dopo il principe ereditario Sultan, un altro dei 36 figli maschi del fondatore Abdul Aziz. Ottantacinque anni, da 47 a capo della Difesa, Sultan dal 2004 è malato di cancro e da mesi ricoverato a New York (dov’è stato appena operato). E Nayif, quindi, diventa così l’erede designato: se Abdullah dovesse mancare, il trono toccherebbe a lui. Con un piccolo dubbio: nel 2006 l’attuale sovrano ha istituito un Consiglio di famiglia di 36 membri (figli o nipoti di Abdul Aziz) per assicurare la successione con il consenso più ampio possibile tra i rami rivali della grande famiglia. Ma ora il Consiglio è stato del tutto ignorato, o così sembra. E molti si chiedono perché.
«È la rivincita dei Sudairi», dice al Corriere un noto editorialista di Riad che preferisce l’anonimato. Ovvero dei Sei Fratelli figli di Abdul Aziz e della moglie favorita Hassa Al Sudairi, che costituiscono il ramo dei Saud più coeso e influente. Nayif e Sultan ne fanno parte (il settimo fratello era lo scomparso re Fahd). L’attuale sovrano Abdullah no, per loro è solo un fratellastro, e il Consiglio sarebbe stato creato proprio per arginare i Sei. Non tutti concordano su questa tesi. Ma molti, moltissimi criticano in privato la promozione di Nayif, nonostante le poesie in suo onore e le felicitazioni su tutti i media. E c’è chi, per la prima volta, dissente in pubblico. «Il Consiglio non va bypassato. Chiedo alla Corte Reale di chiarire il significato di quella nomina e dichiarare ufficialmente che non comporta la designazione di Nayif a principe ereditario», ha infatti chiesto con un comunicato alla Reuters (novità assoluta) il principe Talal. Anche lui figlio del fondatore, nato nel 1931, Talal è personaggio notissimo nel Regno. Le sue simpatie socialiste e nasseriane (lo chiamavano il «principe rosso») gli costarono l’esilio in Egitto negli Anni Sessanta, cacciato da re Saud per le richieste di democrazia (aveva perfino stilato una Costituzione, di cui l’Arabia resta priva). Riammesso a Corte, da allora è la voce più esplicita nella famiglia a favore delle riforme: anni fa ha perfino annunciato che avrebbe creato un partito, in un Paese dove sono proibiti. E forte del rango, dell’età, della mancanza di cariche politiche, del potere economico suo e del figlio Al Walid (20˚ uomo più ricco del mondo, già socio di Berlusconi e azionista di colossi globali), Talal può ora permettersi di dire ciò che vuole.
Sarà ascoltato? Pare improbabile. Re Abdullah non intende certo spiegare o smentirsi, almeno ufficialmente. E intanto i giochi interni alla famiglia andranno avanti, mentre i «sauditologi » (in testa a tutti quelli di Washington, di cui Riad è alleata cruciale) cercheranno di cogliere ogni minimo segnale. E di interpretarlo.
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