La presenza di Ariel Sharon rivive nella sua fattoria " I Sicomori" nel racconto i Davide Frattini sul CORRIERE della SERA di oggi, 04/04/2009, a pag.17, dal titolo " La vita da contadini dei figli di Sharon. Qui la guerra è contro i cacciatori". Ecco l'articolo:
SHIQMIM (Israele) — Aringhe e cipolle, pane cotto in casa, marmellata di fragole che arrivano dai campi, salsa con i peperoni coltivati nelle serre, formaggio di capra dal latte munto nella fattoria. La colazione autarchica è come la divorava Ariel Sharon. Il tavolo quello disegnato dalla seconda moglie Lily, le mattonelle di ceramica scelte una per una.
L’emorragia cerebrale lo ha colpito qui al ranch, un elicottero lo ha trasportato al pronto soccorso dalla pista privata tra le colline, adesso serve i primi ministri che vengono in visita a Sderot. Omri, il figlio maggiore, è in ospedale a Tel Aviv, dove il padre è ricoverato in coma dal 4 gennaio 2006. Il pomeriggio è il turno di Gilad. I fratelli hanno una stanza alla clinica, c’è sempre qualcuno — Omri non è potuto andare nei cinque mesi passati in cella per finanziamenti illeciti —, Sharon sta in quella accanto, attaccato a un respiratore.
E’ Gilad che segue il lavoro della fattoria, quaranta dipendenti fissi più gli stagionali (anche arabi, thailandesi, nepalesi), quattro chilometri quadrati, valore 11 milioni dollari (oltre otto milioni di euro), lievitati dai 500 mila spesi da Sharon, quando lo comprò negli anni Settanta. Le terre facevano di lui — secondo le stime del quotidiano Haaretz — il premier più ricco della storia di Israele.
Gilad, 42 anni, è stato coinvolto nelle indagini sui finanziamenti illeciti. Non ama le cifre che attirano l’attenzione. Dei decenni del padre al potere, restano la protezione della privacy, le torrette blu per le guardie del corpo e la cantina-archivio dove il generale ha raccolto le foto e i documenti: le guerre combattute (dalla prima, quella d’Indipendenza) e le battaglie politiche, fino alla rottura con il Likud e il lancio di Kadima, il partito di centro adesso guidato da Tzipi Livni. Quando non è in giro per i campi, Gilad è chiuso qua dentro, sta scrivendo la biografia — Sharon: un leader e un padre — che verrà pubblicata da HarperCollins nel 2010.
Il mastino spagnolo Golda sbircia dal giardino verso il posto a capotavola rimasto vuoto. Sharon si sedeva con i consiglieri — la squadra del ranch — per mangiare e prendere le decisioni più importanti. Il ritiro da Gaza è stato progettato tra la cucina e la vetrata, l’idea di fondare Kadima è nata nel salone a fianco, c’era bisogno di un tavolo più grande. Al secondo piano, le camere da letto. In cima alla vecchia torre dell’acqua (14 metri) lo studio dove l’ex primo ministro saliva — in ascensore — per osservare i suoi campi. Sulla balaustra delle scale, sono appoggiate le selle e le briglie, simboli da pionieri. «E’ lui che ci ha insegnato a cavalcare», racconta Gilad.
Le foto di Sharon in divisa — con la benda insanguinata alla testa nel 1973, con l’elmetto sulle colline attorno a Beirut, nove anni dopo — rimangono in archivio. La guerra resta fuori. Sulle pareti, sono appesi i disegni dei tre nipoti (hanno ereditato il talento del bisnonno paterno, pittore), in soggiorno campeggia il dipinto di un sicomoro, che dà il nome alla fattoria.
Gilad guida la jeep verso quello che Sharon ha chiamato «l’albero erotico»: il tronco è contorto in un abbraccio, una radice d’edera penetra in una fessura nel mezzo. «Lo divertiva portare qua i visitatori e raccontare come aveva battezzato la pianta». Dietro, gli aranceti e i campi di frumento. Quando si muoveva tra queste colline nel deserto del Negev — ricorda un consigliere —, il padre tracciava campi di battaglia. «Qui piazzerei un’imboscata — diceva indicando un cespuglio e un fossato — e da lì potrebbero spararti». Gilad invece tira fuori la macchina fotografica digitale e inquadra un fiore, passa davanti agli agnelli e scatta un ritratto. «Non smetto mai, documento ora per ora i cambiamenti nella natura». Nei fine settimana, lui e Omri, un eco-attivista, danno la caccia ai cacciatori di frodo. «In queste zone vivono volpi, iene, gazzelle, abbiamo fatto delle nostre terre un’oasi protetta».
La sua passione sono i tori, razza Simmental. Ogni anno partecipa all’asta nel nord del Paese, il padre seguiva i rilanci in diretta al telefono, anche se era impegnato in colloqui con diplomatici internazionali. Miguel Moratinos, ministro degli Esteri spagnolo, lo ha sentito eccitarsi di più per l’acquisto di tre bestie del Golan che per le conseguenze del ritiro da Gaza.
Settembre del 2005. Una settimana dopo Sharon era salito sul podio all’assemblea generale delle Nazioni Unite. Senza dimenticare il ranch: «Se non fosse stato imposto dalle circostanze, non sarei diventato un soldato. Avrei coltivato la terra, il mio primo amore». «E’ alla fattoria che veniva per ricaricarsi », ricorda la nuora Inbal. Ha conosciuto Gilad vent’anni fa, sono sposati da tredici. Lei, vegetariana, ha imparato a cucinare l’agnello al forno come lo preparava Lily, morta nel 2000. «Non lo assaggio, è intuizione, capisco il punto giusto di cottura».
La grigliata dei pionieri era il rito del venerdì. Sharon raggruppava i contadini e gli amici sotto la tettoia del magazzino per la frutta e la verdura. Davanti al fuoco, Mussa, il fattore, apprezzato dall’ex premier soprattutto per come preparava la carne. «Il ranch è stato il suo rifugio — raccontava Uri Dan, si erano conosciuti nel 1954 —, gli ha dato la forza di affrontare le tragedie. Prima la morte di Margalith, poi quella dell’unico figlio che avevano avuto Gur: si è sparato a undici anni giocando con una pistola. Mi sono chiesto come sia rimasto in piedi dopo la perdita di Lily».
Chi lo conosce bene dice che non si è mai ripreso dalla scomparsa. Sposata nel 1963, era la sorella più giovane della prima moglie. E’ seppellita sulla collina degli Anemoni, che domina la fattoria, la lapide circondata da piante lasciate crescere in sorvegliata libertà. «I cactus e il mandorlo disegnano sulla cima la figura di un dinosauro», indica Gilad. «Mi piace pensare che stia a guardia di mia madre». L’ultimo dei dinosauri israeliani, assieme al presidente Shimon Peres, ha chiesto di essere deposto sulla stessa collina, vicino all’amore di una vita e lontano dagli altri padri fondatori, celebrati sul Monte Herzl.
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