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Il Manifesto Rassegna Stampa
27.03.2009 Giorgio comincia bene, ma sono solo le prime due righe
tutto il resto è la solita musica

Testata: Il Manifesto
Data: 27 marzo 2009
Pagina: 10
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «Israele - Egitto, Trent'anni di ' pace fredda '»

Riportiamo dal MANIFESTO di oggi, 27/03/2009, a pag. 10, l'articolo di Michele Giorgio dal titolo " Israele - Egitto, Trent'anni di ' pace fredda ' ". Di corretto c'è solo il titolo, ma trattandosi del MANIFESTO ne prendiamo nota con giubilo.

Giorgio scrive : " Israele dovrebbe mostrarsi più riconoscente non solo verso l’ex presidente degli Stati uniti Jimmy Carter – che ora tratta come un nemico perché ha scelto di incontrare e non di boicottare i dirigenti di Hamas – e verso il rais egiziano Hosni Mubarak che, pur non avendo ancora visitato ufficialmente lo Stato ebraico, non ha certo messo in discussione gli interessi strategici dei due paesi ". Perchè Israele dovrebbe essere riconoscente a Jimmy Carter che ha scelto di incontrare e non di boicottare i dirigenti di Hamas, ossia coloro che desiderano la distruzione di Israele ?
Poi Giorgio scrive : "
Nemmeno la prossima nomina a ministro degli esteri israeliano dell’ultranazionalista Avigdor Liberman ha pesato sulle celebrazioni dell’anniversario della firma di Camp David. Nei giorni scorsi erano circolate voci sul boicottaggio delle cerimonie da parte dell’ambasciatore egiziano, ma le autorità del Cairo si sono affrettate a smentire queste indiscrezioni e a confermare il programma stabilito dalle due parti. ". A dire il vero, come riportato nella cronaca di Francesco Battistini sul CORRIERE della SERA di ieri (riportato nella rassegna di IC nella pagina dedicata al futuro governo israeliano), il Cairo non si è affrettato a smentire nessuna voce e, anzi, ha dato il via libera a Yasser Reda, ambasciatore egiziano in Israele solo all'ultimo.
Giorgio dà un giudizio negativo sui risultati di Camp David scrivendo che: "
Il Medio Oriente invece resta una polveriera e i palestinesi, in condizioni politiche e di vita sempre più difficili, non solo non hanno ancora potuto proclamare un loro Stato indipendente ma rischiano in futuro anche di ritrovarsi in città-bantustan. ". La colpa, secondo Giorgio, è di Israele e non dei Paesi arabi e  dei dirigenti di Hamas che hanno sempre la speranza di arrivare a distruggere Israele invece che farci la pace insieme.

Ecco l'articolo :

Gli israeliani la chiamano la «pace fredda», quasi una «non-belligeranza», ma a Camp David il 26 marzo del 1979 lo Stato ebraico ha firmato con l’Egitto quello che rimane l’accordo più importante che è stato mai raggiunto in Medio Oriente negli ultimi sessanta anni della sua storia. Senza dubbio più rilevante di quello siglato 15 anni dopo con la Giordania, con cui Tel Aviv aveva comunque mantenuto contatti segreti anche in tempo di guerra. A trent’anni di distanza dalla firma del trattato di pace da parte del presidente Anwar Sadat (assassinato poi nel 1981 da un commando del Jihad egiziano) e il premier Menachem Begin, Israele dovrebbe mostrarsi più riconoscente non solo verso l’ex presidente degli Stati uniti Jimmy Carter – che ora tratta come un nemico perché ha scelto di incontrare e non di boicottare i dirigenti di Hamas – e verso il rais egiziano Hosni Mubarak che, pur non avendo ancora visitato ufficialmente lo Stato ebraico, non ha certo messo in discussione gli interessi strategici dei due paesi. Anzi il coordinamento, specie nelle questioni di sicurezza, è molto stretto. Lo si è visto di recente, con l’Egitto che ha contribuito al blocco israeliano che strangola la Striscia di Gaza, pur di tenere sotto pressione Hamas, costola palestinese del movimento egiziano dei Fratelli musulmani, e quindi spina del fianco del regime di Mubarak. Nemmenola prossima nomina a ministro degli esteri israeliano dell’ultranazionalista Avigdor Liberman ha pesato sulle celebrazioni dell’anniversario della firma di Camp David. Nei giorni scorsi erano circolate voci sul boicottaggio delle cerimonie da parte dell’ambasciatore egiziano, ma le autorità del Cairo si sono affrettate a smentire queste indiscrezioni e a confermare il programma stabilito dalle due parti. Eppure motivi per contestare il futuro ministro degli esteri dello stato ebraico, l’Egitto ne ha in abbondanza. Lieberman, fautore accanito dell’uso della forza militare e teorico del «transfer» degli arabo israeliani, qualche anno fa propose il lancio di una bomba atomica sulla Diga di Aswan per dare una lezione all’Egitto e in seguito ha mandato pubblicamente «al diavolo» il presidente Mubarak. È anche arrivato a proporre la soluzione «nucleare» per Gaza. «Dobbiamo fare esattamente ciò che fecero gli Stati uniti con il Giappone durante la Seconda guerra mondiale, così non ci sarà bisogno di occupare Gaza», ha dichiarato nelle settimane passate. Il Cairo invece continua ad incassare senza battere ciglio. Le celebrazioni per la firma di Camp David si stanno svolgendo regolarmente anche se un po’ in sordina. Israele ha festeggiato la ricorrenza con un ricevimento alministero degli esteri e con un simposio all’ Università ebraica di Gerusalemme al quale hanno preso parte l’ambasciatore egiziano Yasser Reda e quello di Israele al Cairo Shalom Cohen. Trent’anni dopo, Camp David dimostra il fallimento della soluzione degli accordi di pace bilaterali tra Israele e i paesi arabi inaugurata da Sadat tra le proteste del resto dei mondo arabo e dei palestinesi. Il trattato firmato da Sadat e Begin doveva divenire, almeno nelle intenzioni ufficiali, la base per una pace generale nella regione e della realizzazione delle aspirazioni palestinesi. Il Medio Oriente invece resta una polveriera e i palestinesi, in condizioni politiche e di vita sempre più difficili, non solo non hanno ancora potuto proclamare un loro Stato indipendente ma rischiano in futuro anche di ritrovarsi in città-bantustan. Nel frattempo il piano arabo per la pace globale in cambio dei Territori occupati è ancora in attesa di una risposta israeliana.

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