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L' ospitalità agli ebrei 26/03/2009

Cari amici,

Ho sempre condiviso il principio che per quanto riguarda Pio XII è necessario rendere pubblici tutti i documenti che lo riguardano e di tutta la sua vita. E qui non si tratta di nessun pregiudizio, come alcuni vogliono far credere, ma semplicemente l’esecuzione di una normativa emanata dalla Chiesa all’inizio del Novecento e confermata da Giovanni Paolo II. Sono norme che valgono per  qualsiasi cristiano che, secondo la fede pubblica, sia vissuto in fama di santità e indipendentemente da quale ruolo avesse nella Chiesa. Quindi tale norma vale dal semplice fedele sino al Papa.

Sembra però che per Pio XII tale norma non valga, almeno per alcuni. Ma non per Benedetto XVI che ha avocato a sé tutta la questione. Tuttavia i documenti di Pio XII non si vedono, né si ha sentore che siano prossimi ad essre pubblicati. E’ sorprendente peraltro che a 50 anni dalla sua morte e da 45 anni da quando Paolo VI ha avviato la causa di beatificazione, il postulatore o i postulatori  non si siano sufficientemente attivati, affinché questi documenti si possano vedere.

Qui però è il caso di trattare una questione sollevata dalla sig.ra Danielle Sussmann, ovvero la questione degli Ebrei ospitati nei conventi. Anche gli ecclesiatici brancolano nel dubbio e formulano varie ipotesi. Tuttavia non mi sembra serio andare avanti così. Proprio gli ecclesiastici sanno benissimo che esistono delle norme di diritto canonico, che anche se rinnovate dopo in Concilio Vaticano II, conservano immutata la disciplina dei conventi e dei monasteri riguardo alla clausura maschile e femminile.

A questo punto ritengo sia opportuno ricordare alcune norme. Il Codice di diritto canonico prevede tre tipi di clausura. Il primo è la clausura comune, che deve essere osservata da tutti gli istituti religiosi, "e che consiste nel fare in modo che una parte della casa sia riservata esclusivamente ai membri della comunità (can. 667 § 1)"[4]. Il secondo è la clausura monastica (can. 667 § 2-3)  che riguarda tutti i monasteri di monaci e di monache di vita parzialmente contemplativa, con norme più rigorose rispetto alla clausura comune. Il terzo tipo di clausura è quello papale (can. 667 § 3) da osservarsi nei monasteri di monache interamente dedite alla vita contemplativa e che consiste in una disciplina ancor più rigida. In linea di principio soltanto per la clausura papale è necessaria l’esplicita autorizzazione del Papa.

Però è anche il caso di ricordare che tutti i conventi e monasteri in genere, hanno sempre avuto la cosiddetta foresteria, ovvero il luogo dove si possono ospitare i fedeli di ambo i sessi, senza particolari formalità. E’ sufficiente l’approvazione o dell’abate o del priore o del superiore. Tuttavia potrebbero esistere anche delle norme derogatorie estreme per casi di pubblica necessità, che avvengono nei casi in cui sia impossibile comunicare con le autorità superiori o che si possa incorrere in gravi danni. Ma sull’argomento sarebbe utile e interessante consultare un esperto di diritto canonico.

Una cosa però che mi sembra strana è che a tanti anni dalla fine della guerra non si sia formata una memoria storica di determinati avvenimenti, come quello del rifugio dato agli Ebrei, ma che le notizie emergano casualmente e di quando in quando. A parer mio sull’argomento dovrebbe esistere un complesso di testimonianze coordinate, scritte o verbali, proprio perché sulla faccenda sono state sollevate obiezioni.

E tali obiezioni sostanzialmente si riducono a questo: per ospitare gli Ebrei che si trovavano in estremo pericolo di morte, era sempre e comunque necessaria l’autorizzazione papale o bastava quella del vescovo locale o dell’abate o del priore o del superiore. E l’autorizzazione doveva essere necessariamente trasmessa in iscritto o verbalmente, tramite persona di fiducia. E se è stata trasmessa verbalmente, alla fine della guerra, quindi dopo il cessato pericolo, perché non è stato verbalizzato quanto è stato compiuto? O forse qualcosa è stato scritto?

La soluzione di questi quesiti chiarirà molti punti controversi, cioè se fosse stato necessario un esplicito intervento di Pio XII o se la tragica situazione autorizzava, ope legis, gli ecclesiatici sopra citati a concreti interventi, che potevano essere presi in modo autonomo.

Saluti

Dario Bazec


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