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Il Manifesto Rassegna Stampa
25.03.2009 Michele Giorgio e Yuli Tamir criticano Barak per la sua scelta di entrare nel governo
E la proposta di Lieberman di modificare i confini viene tacciata di razzismo

Testata: Il Manifesto
Data: 25 marzo 2009
Pagina: 10
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «Israele, Netanyahu arruola i laburisti - La ministra Tamir: così Ehud calpesta i nostri principi»

Riportiamo dal MANIFESTO di oggi, 25/03/2009, a pag. 10, due articoli di Michele Giorgio. Il primo, titolato " Israele, Netanyahu arruola i laburisti " è una cronaca, il secondo, titolato " La ministra Tamir: così Ehud calpesta i nostri principi " è un'intervista alla laburista Yuli Tamir, contraria all'entrata del suo partito nel governo presieduto da Netanyahu. Riportiamo, inoltre, sempre dal MANIFESTO, a pag. 10, una breve dal titolo " Due piccoli ritocchi razzisti " . Ecco gli articoli, preceduti dai nostri commenti :

Michele Giorgio : " Israele, Netanyahu arruola i laburisti "

Giorgio scrive : " I Labour darà una copertura internazionale al nascente governo di Netanyahu che mette insieme forze apparentemente diverse ma che insieme attueranno una politica rigida, di netta chiusura verso un vero accordo territoriale con i palestinesi. ". Non è chiaro su quali basi Giorgio fondi la sua conclusione. Nè Netanyahu, nè Barak si oppongono per principio alla nascita di uno Stato palestinese. Quando sembrava che il governo israeliano sarebbe stato formato solo da partiti di destra, Giorgio si preoccupava per il futuro dei palestinesi che, a suo avviso, sarebbero stati privati di ogni possibilità di avere il loro Stato. Ora che nel governo ci sono i laburisti di sinistra le sue accuse rimangono invariate.
Nel suo articolo, poi, Giorgio descrive anche la manifestazione avvenuta ieri a Umm el Fahem dove un gruppo di israeliani hanno organizzato una marcia chiedendo fedeltà allo Stato di Israele e sventolando bandiere israeliane definendola "
Una provocazione non autorizzata in passato per ragioni di ordine pubblico e che, non casualmente, ora ottiene il via libera dei comandanti della polizia che ieri si vantavano di essere in grado di garantire il «diritto di protesta» in qualsiasi parte del paese. Potranno mai centinaia di cittadini arabi «protestare» e marciare nelle vie di cittadina popolata solo da israeliani ebrei?". Giorgio mette in dubbio che Israele sia un Paese democratico, mentre la realtà è che manifestazioni di ogni genere avvengono continuamente in Israele, incluse quelle dei partiti arabi. Se  gli ebrei manifestano, però, per Giorgio si chiama " provocazione ". Se fossero gli arabi a farlo, sarebbe una "protesta " . Ecco l'articolo :

Ha vinto Ehud Barak. Il Partito laburista, scrivendo un’altra pagina indecorosa della sua storia, entrerà nel governo che sta formando il premier incaricato Benyamin Netanyahu alleandosi non solo con il Likud ma anche con il partito razzista Yisrael Beitenu del futuro ministro degli esteri Avigdor Lieberman e altri tre partiti di estrema destra e religiosi. Ieri sera Barak è riuscito ad ottenere il via libera alle intese con Netanyahu da parte dell’Assemblea laburista (680 sì, 507 no). Un voto che riflette la frattura profonda nel partito. «Nel nuovo governo a dare il tono saranno Bibi (Netanyahu), Lieberman e gli ortodossi di Shas», ha protestato la deputata Shelly Yehimovic. «Sulla carta (Netanyahu) può scrivere qualsiasi cosa», ha aggiunto a proposito di un possibile negoziato con arabi e palestinesi, «mentre è certo che andando al governo i laburisti si avviano verso una morte vergognosa». Barak si è difeso, ha parlato dell’importanza di mostrarsi responsabili verso il paese, di necessità di «moderare» la linea delle destre. A garantirgli la vittoria sono state però le parole pronunciate dal segretario della Histadrut (la centrale sindacale), Ofer Eini, a proposito della gravità della crisi economica. «Nei prossimi mesi, 100 mila lavoratori rischiano di perdere il loro posto di lavoro. I lavoratori hanno bisogno di noi adesso, non in un lontano futuro », ha affermato Eini aggiungendo che le intese raggiunte da Barak con Netanyahu sugli aiuti alle imprese e ai lavoratori sono vitali. Il leader ha vinto ma i dissidenti che volevano il partito all’opposizione, ora minacciano la scissione e di non votare la fiducia al nuovo governo che nasce. Paradossalmente resta isolato all’opposizione e fuori dai giochi proprio Kadima, partito di Tzipi Livni vincitore, anche se dimisura, delle elezione del 10 febbraio. Rimasto fuori dalla porta principale, in futuro potrebbe però unirsi al governo entrando dalla finestra. Se Netanyahu e Barak lo vorranno e i dubbi sono forti. I Labour darà una copertura internazionale al nascente governo di Netanyahu che mette insieme forze apparentemente diverse ma che insieme attueranno una politica rigida, di netta chiusura verso un vero accordo territoriale con i palestinesi. Forse il futuro esecutivo non si lancerà in devastanti avventure militari come ha fatto il governo «pacifista» di centrosinistra ma si impegnerà a fondo nella «questione demografica» e nel contenere la cosiddetta «quinta colonna» araba israeliana con le «soluzioni» che propone il futuro ministro degli esteri Avigdor Lieberman. L’influenza inquietante di questo nuovo governo si è vista già ieri. A Umm el Fahem, la seconda città araba di Israele, controllata dal movimento islamico, un centinaio di coloni e di estremisti di destra, tra i quali Itamar Ben Gvir, Baruch Marzel e il deputato Michael Ben Ari, hanno ottenuto di poter sfilare nelle vie del centro protetti da quasi 3mila poliziotti tra le proteste degli abitanti. Una provocazione non autorizzata in passato per ragioni di ordine pubblico e che, non casualmente, ora ottiene il via libera dei comandanti della polizia che ieri si vantavano di essere in grado di garantire il «diritto di protesta» in qualsiasi parte del paese. Potranno mai centinaia di cittadini arabi «protestare» e marciare nelle vie di cittadina popolata solo da israeliani ebrei? I coloni e fanatici di estrema destra sono arrivati in un centinaio a Umm el Fahem, per pretendere dalla gente del posto «lealtà» - secondo la parola d’ordine di Lieberman - allo Stato di Israele Ne sono usciti mezz’ora più tardi lasciandosi dietro una trentina di contusi e feriti leggeri. «Siamo giunti qui armati solo di bandiere israeliane per simboleggiare la sovranità dello Stato su tutto il territorio nazionale », ha detto Ben-Ari, erede politico del Kach, il movimento dichiarato fuori legge per istigazione alla violenza razziale. Ad avere la peggio, come era prevedibile, sono stati gli abitanti, una quindicina dei quali sono stati arrestati, incluso lo sceicco Raed Salah, leader del movimento islamico locale. Ma ad assaggiare i colpi dei manganelli sono stati anche tanti militanti di Hadash (Partito comunista) che a Umm el Fahem vanta parecchi sostenitori. Inevitabile lo scontro con la polizia schierata a protezione dei provocatori. Tra i contusi anche un deputato del Meretz, Ilan Gilon, deputato delMeretz , giunto aUmmel-Fahem con un pugno di pacifisti per testimoniare solidarietà agli abitanti. «Noi non volevamo lo scontro - ha spiegato il sindaco, Khaled Hamdan - e non lo abbiamo pianificato: in città gli ebrei sono bene accetti, quel che non possiamo accettare è il razzismo».

Michele Giorgio : " La ministra Tamir: così Ehud calpesta i nostri principi "

Le dichiarazioni di Yuli Tamir su Netanyahu " Partecipare al governo che sta formando Netanyahu è dannoso per il paese e rischia di danneggiare il raggiungimento di un accordo di pace con i palestinesi. Netanyahu non manterrà le promesse che ha fatto in queste ultime ore per convincere Barak". Non è chiaro su quali basi Yuli Tamir possa prevedere il futuro comportamento di Netanyahu, ma Giorgio, ovviamente, si guarda bene dal chiederle delle spiegazioni approfondite.
Ecco l'intervista:

Yuli Tamir, ministra laburista dell’istruzione, lunedì assieme ad altri sei (su un totale di 13) deputati del suo partito ha scritto una lettera senza precedenti al premier designato Netanyahu e al prossimo ministro degli esteri, l’ultranazionalista anti-arabo Avigdor Lieberman, per mettere in chiaro che non si sentirà vincolata all’accordo sottoscritto dal suo leader Ehud Barak con il Likud. Appartenente alla sinistra del Partito laburista, nota per aver cercato (con scarso successo) di introdurre nei passati tre anni contenuti politicamente più corretti verso i palestinesi nei programmi scolastici israeliani, Yuli Tamir considera il passaggio all’opposizione vitale per il rilancio del partito. L’abbiamo raggiunta ieri pomeriggio poco prima dell’inizio del congresso laburista chiamato a votare sull’accordo di coalizione tra Barak e Netanyahu. Come molti prevedevano Barak ha scelto di entrare nel governo. Una scelta sbagliata e inaccettabile di fronte alla situazione in cui versa il paese e il nostro partito che alle elezioni del 10 febbraio ha toccato ilminimo storico. Andare all’opposizione, rielaborare il nostro programma in senso pacifista e in appoggio ai lavoratori, può darci gli stimoli giusti per rinnovarci, per far emergere la nuova generazione del partito, inmodo da recuperare la stima e il consenso degli israeliani. Abbiamo bisogno di una svolta. Barak ha fatto una scelta che va in senso opposto rispetto a questa necessità, incomprensibile, pericolosa. Non è la prima volta che i laburisti si alleano col Likud e altri partiti di destra. Sì,ma quelle scelte spesso si sono rivelate errate. In ogni caso allearsi con la destra oggi significa rinunciare a combattere, a criticare certe scelte e posizioni contrarie ai nostri valori. Si riferisce al leader di Yisrael Beitenu, Avigdor Lieberman? Non c’è solo Lieberman, perché lo stesso Netanyahu è schierato, ad esempio, contro la creazione di uno Stato palestinese. Quello che voglio sottolineare è la necessità per il nostro partito di prendere le distanze dalle destre e di proporre all’opinione pubblica una chiara alternativa. Partecipare al governo che sta formando Netanyahu è dannoso per il paese e rischia di danneggiare il raggiungimento di un accordo di pace con i palestinesi. Netanyahu non manterrà le promesse che ha fatto in queste ultime ore per convincere Barak. Sette dei 13 deputati laburisti, tra cui lei, contestano l’alleanza con il Likud e affermano che non si sentiranno vincolati alla eventuale approvazione da parte del Congresso dell’accordo raggiunto da Barak. Vuol dire che siete pronti alla scissione e che non voterete la fiducia al governo voluto dal vostro leader? Ciò che posso dire in questo momento così delicato per il nostro partito, è che nessuna possibilità politica può essere esclusa. Far parte del Partito laburista deve avere un senso che vada ben oltre la partecipazione ad un governo e l’ottenimento di qualche carica ministeriale.

"Due piccoli ritocchi razzisti "

In questo breve articolo il MANIFESTO di scaglia contro la proposta di modificare i confini di Israele fatta da Lieberman. La proposta prevede di lasciare al futuro Stato palestinese, le città popolate in prevalenza da arabi e di lasciare a Israele quelle abitate in prevalenza da ebrei. In questo modo il "transfer" (come lo chiamano quelli del MANIFESTO) di arabi (e ebrei, ignorati dal quotidiano comunista, per il quale i "coloni" non hanno diritti) verrebbe in realtà evitato. Non è una proposta razzista. Ma al MANIFESTO importa solo screditare Israele, proprio come in questo caso in cui una proposta pragmatica che permetterebbe a migliaia di persone di mantenere la propria abitazione senza venire sradicate dal loro ambiente viene bollata come razzista. Ecco l'articolo:

La sua retorica di fuoco e la richiesta di un attestato di lealtà allo Stato ebraico in cambio del diritto di voto sono inaccettabili. Però... Però l’altra proposta del razzista Lieberman - due piccoli ritocchi alla Linea verde - è una «brillante idea». Parola del demografo Sergio DellaPergola, che la sottoscrive in un commento su «Forward». DellaPergola spiega che nel 2008 gli arabi costituivano il 21% dei cittadini d’Israele, nel 2020 saranno il 23% e nel 2050 il 27%: per evitare la nascita di uno stato binazionale bisogna cedere le città del «triangolo» arabo in Israele e Gerusalemme est in cambio dei principali blocchi di colonie in Cisgiordania. I calcoli del professor Della Pergola per preservare il carattere ebraico dello Stato non fanno una piega. Ma l’idea che a 500.000 cittadini di uno stato possa essere imposto il transfer (i palestinesi d’Israele non vogliono traslocare) in un insieme di bantustan non è un po’ razzista?

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