Sull'esclusione di Israele dai Giochi del Mediterraneo una lettera di Mario Pescante e la risposta di Davide Giacalone
Testata: Libero Data: 24 marzo 2009 Pagina: 1 Autore: Mario Pescante - Davide Giacalone Titolo: «È merito del nostro sport se Israele è ora più vicino - La sua esclusione dai Giochi ricade soltanto su di voi»
Riportiamo da LIBERO di oggi, 24/03/2009, in prima pagina, due opinioni contrapposte sui Giochi del Mediterraneo. La prima, titolata " È merito del nostro sport se Israele è ora più vicino ", è una lettera di Mario Pescante, commissario governativo ai giochi, la seconda, titolata " La sua esclusione dai Giochi ricade soltanto su di voi " è la risposta di Davide Giacalone. Eccoi testi :
Mario Pescante : " È merito del nostro sport se Israele è ora più vicino "
Pescante scrive : "... Per questi motivi il Comitato olimpico della Palestina partecipa ai Giochi Olimpici dal 1996 e pertanto può giustamente pretendere di prendere parte ai Giochi del Mediterraneo". A escludere i palestinesi dai Giochi del Mediterraneo sono stati i Paesi arabi, pur di poter escludere anche Israele. In ogni caso, proprio come i palestinesi possono pretendere di partecipare ai Giochi, non vediamo per quale motivo non debba essere lo stesso per Israele. Ai Giochi partecipa pure S. Marino (che non è bagnato dal Mediterraneo). Perchè i palestinesi possono pretendere di partecipare e Israele no? Ecco la lettera:
Caro direttore Feltri, la ringrazio in anticipo per lo spazio che concederà a questa mia replica a un articolo a firma Davide Giacalone relativo ai prossimi Giochi del Mediterraneo di Pescara ed alla non partecipazione di Israele e del Comitato olimpico palestinese. Giacalone ha una sua opinione al riguardo: la rispetto, pur non condividendola, come Lei usa fare con quelle che pubblica. Trascurerò il riferimento personale al mio ruolo di Commissario Straordinario ed alla necessità di “cacciarmi”: se non avessi la stima che ho del dottor Giacalone, mi sembrerebbe solo il naturale corollario a quelle baruffe provinciali italiote intorno al mio ruolo, che riguarda l’organizzazione dei Giochi, ma soprattutto, il severo controllo organizzativo, economico e finanziario degli stessi, che sto effettuando. Un ruolo che nulla toglie al collega Sabatino Aracu, sulla cui definizione di “artefice e alfiere” dei Giochi sono completamente d’accordo con Giacalone. L’alfiere, però, non deve essere stato seguito adeguatamente dalla sua squadra se il Governo, d’intesa con il Coni e gli Enti locali, ha ritenuto di nominarmi Commissario Straordinario per rimettere in moto l’organizzazione dei Giochi. A titolo esemplificativo cito uno degli aspetti organizzativi segnalati da Giacalone che riguarda il bacino di canottaggio. Premesso che le competizioni si svolgeranno nel Lago di Bomba, confermo il mio dissenso dovuto al fatto che le Federazioni sportive competenti non condividono la scelta di creare un bacino di canottaggio tra le montagne dell’Abruzzo, campo di gara che per ragioni geografiche e meteorologiche non potrà in futuro essere utilizzato. In conclusione avremo un altro “monumento nel deserto” del quale non si sentiva il bisogno. Ciononostante, i miei predecessori sollecitati eventualmente proprio da quella politica che il giornalista cita a chiusura dell’articolo, hanno condiviso la scelta finanziandola pienamente. Per ragioni di carattere giuridico-amministrativo sono stato costretto ad assecondarla. Per quanto riguarda i riferimenti di carattere personale che Giacalone mi ha riservato, le assicuro che non ho la “fantasia” che mi attribuisce per pensare al Premio Nobel della pace! (Oddio, non mi dispiacerebbe). Cerco solamente di svolgere al meglio le funzioni di Presidente della Commissione per i Rapporti Internazionali del Cio, carica che ricopro da sei anni. In questa veste ho contribuito all’ingresso di Israele tra i Comitati nazionali olimpici europei consentendogli di partecipare alle competizioni del nostro Continente (lo sport ha fatto entrare Israele in Europa ben prima di altri settori) e poco dopo ho presenziato all’insediamento a Gaza del Comitato olimpico palestinese. A proposito della Palestina, il dottor Giacalone mi suggerisce di consultare il “Bignami” per apprendere che uno “Stato palestinese” non esiste. Lo ringrazio, ma avevo già qualche idea al riguardo. Inviterei, però, il giornalista a consultare a sua volta la Carta Olimpica (non olimpionica come lui scrive) ove apprenderà che lo sport ha le sue regole ed il Cio riconosce i Comitati nazionali olimpici indipendentemente dalla posizione della Nazione di appartenenza. Citerei Hong Kong, Macao, Croazia e Slovenia, queste ultime due riconosciute prima dal Cio che dall’Onu. Per questi motivi il Comitato olimpico della Palestina partecipa ai Giochi Olimpici dal 1996 e pertanto può giustamente pretendere di prendere parte ai Giochi del Mediterraneo. Ciò premesso, le posso assicurare che mi sto battendo per riavviare la “road map sportiva” che potrebbe permettere a Israele e Palestina di partecipare alla prossima edizione dei Giochi del Mediterraneo. L’iniziativa è stata presa seguendo le indicazioni del Ministro Frattini, con il consenso del Cio. Su questa linea, anche se non appare, ci stiamo muovendo con una strategia che richiede fede, silenzio, tessitura. Stiamo facendo passi, piccoli passi sulla via del superamento di ogni difficoltà: faticosamente togliamo sassi anche se, spesso, ci troviamo davanti macigni. Il suo collaboratore, se non mi crederà, potrà informarsi presso le Autorità sportive d’Israele o, se troppo lontane, presso la stessa Ambasciata di Roma. Caro direttore, sono comunque consapevole che l’argomento è complesso oltre che delicato. È improbabile che i suoi lettori possano trovare appropriati elementi di valutazione da una mia controreplica ad un articolo del suo giornale. Mi ritenga, pertanto, a disposizione nell’eventualità che, nei tempi e nei modi che vorrà decidere, ritenesse utile un approfondimento del tema in un confronto giornalistico tra le parti in causa.
Davide Giacalone : " La sua esclusione dai Giochi ricade soltanto su di voi "
Abbiamo sollevato, sabato scorso, il problema dei Giochi del Mediterraneo, con l’inaccettabile esclusione d’Israele. Il problema è talmente serio da costringere il ministro degli esteri, Franco Frattini, a intervenire, nel tentativo di metterci una pezza. Purtroppo, assai più colorita del buco. Anzi, le parole del ministro rendono la faccenda decisamente più grave. Mario Pescante, commissario governativo che presiede ai giochi, uomo politico che reclama l’indipendenza dello sport dalla politica, aveva sostenuto d’essersi impegnato per avere gli atleti israeliani, salvo non esserci riuscito, giacché li si voleva assieme ai palestinesi. La buttava sul: ho provato, ma non sono riuscito. Come se la cosa dipendesse dai litigiosi vicini. Frattini, invece, lo dice chiaro e tondo: Israele non c’è perché nel comitato internazionale organizzatore, dove si vota a scrutinio segreto, non ha avuto e non ha la maggioranza dei consensi. Israele non c’è, dunque, perché i Paesi partecipanti non lo vogliono. Messa così, l’Italia non deve partecipare, e meno ancora ospitare questa schifezza. Non solo si è arrivati, con incosciente leggerezza, al punto d’essere i promotori e i finanziatori (perché ci mettiamo anche i quattrini, del contribuente) di una roba che esplicitamente, parole di Frattini, rifiuta di gareggiare con Israele, alla faccia dello spirito olimpico, ma sembra che non ci si renda conto delle ulteriori conseguenze negative. Al ministro degli esteri, difatti, hanno riportato la nostra obiezione: Israele è uno Stato, gli atleti palestinesi dovrebbero esserci, ma la Palestina non è uno Stato, non possono essere messi sullo stesso piano. La sua risposta: «Non me ne importa niente». Cos’è: uno scherzo, un errore o i nervi che sono saltati? È il principale problema della pace nel Mediterraneo, l’importanza ce l’ha, vitale. La soluzione non è rassegnarsi all’inevitabile rovina, invitando israeliani e palestinesi alla cerimonia inaugurale, in un volemose bene sterile e controproducente. Anche perché chi non vuole Israele è anche chi non vuole lo Stato palestinese. I nemici degli israeliani sono i nemici dei palestinesi. I secondi vengono usati contro i primi, ma per odio, non per amore. I terroristi palestinesi vengono finanziati ed armati solo perché danneggino Israele e le speranze di convivenza, non perché portino pace e prosperità ai palestinesi, cui, difatti, hanno assicurato una vita di violenza, guerra e miseria. Palestinesi e israeliani hanno interessi convergenti, che sono opposti a quelli di chi non riconosce il diritto all’esistenza della stella di David. Se il ministro Frattini è consapevole di trovarsi in un comitato la cui maggioranza non vuole Israele, significa che ci metteremo in brachette per gareggiare con chi vuole tenere fuori anche i palestinesi e mantenere i due popoli in guerra. E paghiamo, per avere questo nobile privilegio. Non se ne esce con trovate strapaesane, né si può sperare di risolvere il guaio della presente edizione con le chiacchiere sulla prossima. Prima del 26 giugno, data d’apertura dei giochi, il governo italiano ammetta l’enormità dell’errore, annunci l’indisponibilità a mantenersi parte di una simile accolita e accolga le dimissioni di chi ci ha messo in questo pasticcio. Non è una gran soluzione, ma almeno è dignitosa.
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