Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 22/03/2009, a pag. 12, l'articolo di Danilo Taino dal titolo " Era a guardia dei pozzi nazisti. Vienna lo libera " su Josias Kumpf, criminale nazista che, espulso dagli Usa, ora si trova in Austria dove, per un cavillo legale (non ha compiuto i suoi crimini in Austria), non può essere processato.
BERLINO — Tutto ciò che dovrà fare sarà registrare il proprio nuovo indirizzo. Poi, Josias Kumpf, espulso dagli Stati Uniti in Austria giovedì scorso perché ritenuto un criminale nazista, potrà passare gli ultimi anni della sua vita tra le belle montagne e i valzer di Strauss. Vienna, infatti, dice di non poterlo processare, la legge non lo consente. Il partito dei Verdi protesta, il ministero della Giustizia dice di avere avvertito più volte Washington dell'impossibilità di processare l'ex guardiano di due campi di concentramento, oggi 83enne, e l'Austria ha nuovo motivo per finire sui giornali di tutto il mondo.
Kumpf lasciò Vienna nel 1956 per stabilirsi a Racine, Wisconsin. Nel 1964 ottenne la cittadinanza americana e per anni lavorò in una fabbrica di salsicce. Come quasi sempre in questi casi, una persona per bene, dicevano i vicini. Nel 2003, però, l'Office of Special Investigations (Osi) scopre il suo passato e chiede al tribunale di denaturalizzarlo. Cosa che avviene nel 2005 sulla base del fatto che, per entrare negli Stati Uniti, l'uomo aveva falsificato i documenti allo scopo di nascondere la passata partecipazione a crimini dell'Olocausto. Ricorsi e appelli, fino all'esecuzione della sentenza americana, tre giorni fa. Secondo il giudice dell'immigrazione di Chicago, avrebbe dovuto essere estradato «in Germania o, in alternativa, in Austria o Serbia». In Germania, perché i crimini li commise sul territorio tedesco o in zone occupate dall'esercito di Hitler. In Austria perché era il luogo dal quale proveniva quando arrivò in America. In Serbia perché lì è nato, da famiglia di origini tedesche.
Proprio in Serbia, Kumpf dice di essere stato costretto con la forza ad arruolarsi nell'esercito nazista, nel 1942, quando non aveva ancora 17 anni. Secondo la ricostruzione dell'Osi, da lui stesso confermata, fu immediatamente mandato al campo di concentramento di Sachsenhausen, Germania, come guardia armata, poi nel campo SS di lavori forzati per ebrei di Trawniki, nella Polonia occupata dai nazisti.
«Kumpf ha ammesso — dice l'ordine di deportazione del dipartimento della Giustizia americano — di avere partecipato nel novembre 1943 all'operazione nazista che aveva il nome in codice Festa del Raccolto, nella quale circa 42 mila uomini, donne e bambini ebrei furono uccisi in soli due giorni. Kumpf faceva la guardia mentre circa ottomila prigionieri ebrei — compresi 400 bambini — venivano assassinati in pozzi a Trawniki. Secondo Kumpf, il suo compito consisteva nel controllare le vittime che erano ancora "mezze vive" o "in convulsione".
Se qualche prigioniero cercava di scappare, ha affermato, il suo compito era "sparare per ucciderlo"».
Per tutto ciò, Kumpf non ha fatto un giorno di prigione. E pare che non ne farà. Ha infatti scelto di essere estradato in Austria, probabilmente sapendo che se fosse finito in Germania per lui si sarebbero aperte le porte del tribunale. A Vienna, con un certo imbarazzo, la portavoce del ministero della Giustizia ha spiegato che l'uomo non può essere mandato sotto processo perché i termini temporali sono scaduti dal 1965, al tempo dei suoi crimini Kumpf aveva meno di vent'anni e in più non ha commesso alcun reato sul suolo austriaco.
«I criminali nazisti non possono trovare in Austria un porto sicuro — ha reagito Albert Steinhauser, portavoce dei Verdi austriaci —. Se ci sono prove della partecipazione di Kumpf nell'uccisione di prigionieri nei campi di concentramento, dobbiamo cambiare le limitazioni che riguardano i crimini nazisti». Il fatto è, ha aggiunto, «che in Austria da più di trent'anni nessun criminale nazista è stato condannato: scuse legali non sono accettabili». Già.
Per inviare la propria opinione al Corriere della Sera, cliccare sull'e-mail sottostante