Riportiamo da La REPUBBLICA di oggi, 20/03/2009, a pag. 34, la risposta di Corrado Augias ad un lettore dal titolo " Ebrei di fronte all'ingiustizia dei palestinesi ".
Alla domanda "Ma perché gli ebrei vollero uno Stato in Palestina, abitata da arabi, invece di cercarlo in Africa o in una regione disabitata? " Augias risponde : "La domanda sulla Palestina, oggi drammatica, nei primi decenni del secolo e in quelli terribili dopo la guerra e la Shoah si poneva assai meno. I palestinesi non avevano ancora una coscienza nazionale sufficientemente sviluppata.". Se i palestinesi non hanno il loro Stato, la colpa non è di Israele nè degli ebrei, ma degli Stati arabi e della dirigenza palestinese, che si opposero alla nascita dei due Stati già nel 1947. Prima della fondazione di Israele non esisteva, in quella zona, uno Stato palestinese. Mentre esisteva un legame storico tra gli ebrei e la Terra d'Israele, e anche una continuità della presenza ebraica nella regione: fatti che non dovrebbero essere ignorati, quando si cerca di spiegare perché lo Stato ebraico è nato in Medio Oriente e non in Africa o in America del sud.
Nella sua risposta Augias scrive anche : " Allora si trattava di ridare giustizia agli ebrei, oggi si deve trovare il modo di restituire, al più presto, una giustizia ai palestinesi.". Israele non è stato fondato come risposta ai sensi di colpa dell'Europa in seguito alla Shoah, ma dalla plurisecolare apsirazione nazionale ebraica.
Non è chiaro d'altro canto quale sarebbe la giustizia da restituire ai palestinesi. La terra di Israele non è stata regalata agli ebrei o rubata da essi, ma comprata. Inoltre, ribadiamo, non è Israele ad essersi opposto alla fondazione dello Stato palestinese. E anche oggi, l'ostacolo alla nascita di uno Stato palestinese non è Israele, ma la negazione del diritto all'esistenza di Israele, negazione che perpetua una condizione di conflitto permanente.
Ecco la lettera e la risposta:
Caro Augias, lei ha recensito il libro «Perché Stalin creò Israele» di Leonid Mlecin (S. Teti ed.). Nel 1947, 56 nazioni, all'assemblea dell'Onu, votarono a maggioranza per lo stato d'Israele, ognuna seguendo il proprio interesse. Ma perché gli ebrei vollero uno Stato in Palestina, abitata da arabi, invece di cercarlo in Africa o in una regione disabitata? Nel 1948 avevo 7 anni, lo chiesi a mia madre al momento della fondazione. Mia madre era d'origine ebraica, suo padre aveva gestito a Livorno una macelleria Kasher. Poi nel 1938, leggi razziali, venne picchiato e «chiuse» il negozio restando con 4 figli e la moglie invalida. Dopo 3 anni, in tempo di guerra, nacqui io. Non sono credente, penso che le religioni siano una forma di superstizione. Però mi sono sempre chiesto se ci fossero veramente delle ragioni religiose per gli ebrei al voler ritornare nell'antica terra dei loro padri. Mia madre mi rispose: «Gianni, gli ebrei hanno sofferto violenze, per millenni. Sono sempre fuggiti sapendo da dove scappavano mai immaginando dove sarebbero arrivati. Un giorno, disperati, andarono in una terra chiamata Palestina, già abitata da altri. E lì si stabilirono senza chiedere il permesso a chi ci viveva».
Gianni Bertini Genova gianni1941@alice.it
La mia situazione familiare è più o meno simile a quella del signor Bertini, le mie opinioni possono risultarne falsate. Mi spinge però a rispondere una curiosa coincidenza. Proprio nei giorni scorsi ho riletto il romanzo di Arthur Koestler «Ladri nella notte» da molti anni non ristampato, colpevolmente, dalla Mondadori. L'autore di 'Buio a Mezzogiorno' vi racconta la fondazione di una fattoria collettiva (Kibbutz) da parte di un gruppo di giovani ebrei idealisti sotto gli occhi ostili degli arabi del vicino villaggio. Pochi giorni fa è uscito (Feltrinelli) il romanzo 'Una pace perfetta' di Amos Oz, forse il più grande scrittore israeliano. Vi si racconta la fine di quel sogno, la fine cioè dell'esperienza dei kibbutzim, luoghi in cui le più alte idealità comuniste dovevano realizzarsi nella vita d'ogni giorno. La domanda sulla Palestina, oggi drammatica, nei primi decenni del secolo e in quelli terribili dopo la guerra e la Shoah si poneva assai meno. I palestinesi non avevano ancora una coscienza nazionale sufficientemente sviluppata. 'Eretz Israel' era d'altra parte il luogo al quale gli ebrei della diaspora avevano guardato. «L'anno prossimo a Gerusalemme» è stato per secoli l'augurio con il quale si chiudeva la cena pasquale. Ritengo che la diversità di atmosfera tra i due romanzi, Koestler e Oz, equivalga a quella tra l'inizio di quell'esperienza nel 1948 e la condizione attuale. Allora si trattava di ridare giustizia agli ebrei, oggi si deve trovare il modo di restituire, al più presto, una giustizia ai palestinesi.
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