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Il Foglio Rassegna Stampa
20.03.2009 Le regole feroci del gioco di Bashar el Assad
L'analisi di Carlo Panella

Testata: Il Foglio
Data: 20 marzo 2009
Pagina: 2
Autore: Carlo Panella
Titolo: «Bashar el Assad ormai è una star, ma le regole del suo gioco sono feroci»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 20/03/2009, a pag. 2, l'articolo di Carlo Panella dal titolo " Bashar el Assad ormai è una star, ma le regole del suo gioco sono feroci ".

Tre anni fa, di questi giorni, Bashar al Assad rischiava di fare la fine del dittatore sudanese Omar al Bashir. L’inchiesta condotta da Detlev Mehlis, incaricato dall’Onu di fare luce sull’assassinio dell’ex premier libanese Rafik Hariri, aveva prodotto prove schiaccianti della sua responsabilità di mandante. Ma non se ne fece nulla. Negli anni successivi e sino a tutto il 2008, attorno ad al Assad, si è poi consumata una faida di regime sanguinosa: è stato “suicidato” il ministro degli Interni, Ghazi Kanaan, il vice presidente Karim Khaddam è fuggito a Parigi; Imad Mughniyeh, responsabile delle operazioni militari iraniane all’estero, vero comandante di Hezbollah, è stato ucciso “da servizi arabi” a Damasco, dove l’estate scorsa è stato assassinato Hisham al Badni, assistente di Khaled Meshal, leader di Hamas. E poi anche il generale siriano Muhammad Suleiman, braccio destro di Bashar al Assad. Pochi giorni prima il capo dei servizi segreti e cognato di al Assad, era stato arrestato in un contesto oscuro di golpe di palazzo. Eppure oggi al Assad è trattato dai media come una star del firmamento planetario, da mandante di un odioso assassinio politico e dittatore di uno stato canaglia è diventato il rappresentante luminoso della stagione obamiana del “dialogo”. Che cosa ha fatto al Assad per capovolgere il suo ruolo? Nulla. Non ha minimamente aperto alla democrazia il suo regime; non ha allentato di un millimetro la sua alleanza con l’Iran; è sotto inchiesta dell’Aiea perché nel sito bombardato 16 mesi fa da Israele è stato trovato uranio che non doveva esserci; continua a dominare il Libano, non più con 40.000 militari ma in accordo con Hezbollah, che esercita piena egemonia sul governo e le Forze armate (con Nasrallah che ribadisce la sua volontà di “distruggere Israele” e chiede di armare la sua milizia con missili antiaerei, uno sberleffo all’Onu e a Unifil); ospita a Damasco e coordina con l’Iran la direzione di Hamas che ha appena fatto saltare la trattativa per la liberazione di Gilad Shalit; si rifiuta di interrompere i legami con Hamas e per questo ha rotto la trattativa con Olmert, mediata da Erdogan. Infine, Bashar al Assad appoggia Hamas nella sua decisione di far saltare al Cairo la trattativa per una ricomposizione del conflitto con al Fatah. Questo segna la continuità di una linea siriano-palestinese oltranzista in campo islamico, in piena omogeneità con il regime iraniano. E’ chiaro che a regalare ad al Assad questa rinascita trionfante è stato Nicolas Sarkozy, che ha deciso di aprire una linea di credito ad al Assad, tanto che lo ha fatto assistere alla parata del 14 luglio sugli Champs Elysées, tra le proteste dei generali francesi e di Jacques Chirac. Sarkozy ha deciso di “garantire” al Assad in occidente sulla base di un miope calcolo neogollista. Mentre Obama apre la stagione del dialogo, Sarkozy vuole giocare la plurisecolare tutela francese sulla Siria per piazzarsi al centro del tavolo. Pura e semplice nostalgia francese per una potenza ormai dissolta. Ma c’è di più: Nicolas Sarkozy rischia “al buio” la sua mossa perché sa che l’Arabia Saudita – da sempre ostile a Damasco e a Teheran – conduce da mesi una politica di appeasement, con tanto di inusuali e “storici” scambi di visite ai massimi livelli. Ma la Francia, come il Dipartimento di stato, sbaglia la valutazione di questa apertura di credito saudita. Che è conseguente alla sconfitta di Ryad che, con Il Cairo, all’inizio di maggio del 2008 ha spinto Sinora e Saad Hariri a una prova di forza a Beirut. Ma i due democratici libanesi sono stati sconfitti da Hezbollah, che ha subito saputo imporre la sua egemonia anche formale sul governo e l’esercito di Beirut. La tradizione politica araba, a fronte di questo fallimento che ha sfiancato le forze antisiriane libanesi, prevede tattiche totalmente diverse da quelle occidentali. Si forma nel Palazzo Ottomano (o Moghul) e si gioca tutta e soltanto sulla linea di successione al trono – unico fulcro di una politica che non conosce né agorà, ne parlamenti – basata sull’uccisione dei fratelli e spesso anche della madre e del padre. Il tutto alla luce del sole e nella piena liceità. Allearsi col fratello che non sei riuscito a uccidere, per pugnalarlo meglio alla prima occasione è uno dei principi della politica araba (vedi Hamas-Olp). Di questo i sauditi sono coscienti. Sarkozy e gli Stati Uniti, che ne accettano le garanzie, non capiscono invece le regole del gioco a cui stanno partecipando con al Assad.

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