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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
16.03.2009 La operazioni dei servizi segreti, l'importanza politica della Siria per la pace, il traffico di armi verso il Libano
Tre analisi di Guido Olimpio

Testata: Corriere della Sera
Data: 16 marzo 2009
Pagina: 10
Autore: Guido Olimpio
Titolo: «Medio Oriente, la guerra segreta - I misteri di Damasco: lo sceicco scompare e la figlia «confessa» in tv - Quei missili che non arrivano Le proteste di Hezbollah»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 16/03/2009, a pag. 10-11, tre analisi di Guido Olimpio dai titoli " Medio Oriente, la guerra segreta " (sui servizi segreti israeliani, iraniani e di Hezbollah e le loro operazioni ), " I misteri di Damasco: lo sceicco scompare e la figlia «confessa» in tv " (sulla posizione politica della Siria e il suo ruolo per la pace in Medio Oriente ) e " Quei missili che non arrivano. Le proteste di Hezbollah " (sul traffico di armi verso il Libano ). Ecco gli articoli:

" Medio Oriente, la guerra segreta "

WASHINGTON — Tutto è iniziato con una normale sosta dal meccanico. Hassan, esponente dell'Hezbollah libanese, ha un problema con la sua auto. Forse è la batteria che non va. Ma quando l'elettrauto infila le mani nel groviglio di cavi scopre qualcosa di insolito. Prima una piccola apparecchiatura Gps, quindi una minuscola videocamera. Hassan (il nome è di fantasia) trasale e contatta altri dirigenti dell'Hezbollah. Anche loro controllano le auto e trovano la «cimice» che per mesi ha segnalato i movimenti dei capi guerriglieri e filmato i posti dove si recavano. Scatta l'allarme, viene informata l'Unità 1800, il controspionaggio del partito di Dio. I miliziani sanno dove andare a cercare il colpevole. È Marwan Faqih, un concessionario di Nabatieyh, che, con modi affabili e prezzi da occasione, ha venduto vetture a un buon numero di quadri Hezbollah. Lo arrestano e sanno come farlo parlare. Lui ammette di essere stato arruolato dal Mossad, il servizio israeliano. Lo hanno «pescato» negli anni '90 durante un soggiorno in Francia e da allora ha continuato a passare informazioni. L'Hezbollah, furioso, ordina una verifica degli apparati di sicurezza. E, sembra, che provveda a cambiare i codici.
Il caso Faqih, emerso a febbraio, è solo un episodio della battaglia delle ombre che va in scena nel teatro mediorientale. 007 israeliani, iraniani, siriani, miliziani libanesi e palestinesi, infiltrati, prostitute, ballerine e «innocenti passanti» sono gli attori dello scontro. Si spiano e si uccidono. Rubano segreti e organizzano trappole. Cadono in tanti. Di pochi conosciamo i nomi, di tanti non sapremo mai nulla.
L'inquietudine dell'Hezbollah cresce perché Faqih non è certo l'unico. A novembre hanno, infatti, scoperto i fratelli Jarrah, Alì e Youssef. Il primo è davvero una volpe. Libanese, simpatizzante della causa palestinese, lontano parente di uno dei terroristi dell'11 settembre — Ziad Jarrah era a bordo dell'United 93 —, ha lavorato con gli israeliani dagli anni '80. Ha una villa e una famiglia a El Marj, quindi un'altra moglie in un piccolo appartamentino vicino al confine con la Siria. Casa e lavoro. Alì usa la seconda abitazione per spiare i traffici tra i due Paesi. L'Hezbollah è convinto che la spia abbia causato molti danni al movimento in quanto aveva libertà di spostarsi, iniziativa e risorse. Il Mossad gli aveva fornito ottimi sistemi di comunicazione, apparati per le intercettazioni e una telecamera con la quale riprendeva possibili obiettivi. In cambio, gli israeliani lo ricompensavano con buste piene di dollari. Pagamenti effettuati in occasioni di viaggi all'estero: Cipro, Belgio e Italia, i Paesi visitati per ricevere soldi e ordini. Prima di essere scoperto Jarrah aveva passato un brutto periodo con i siriani. Il Mukhabarat lo aveva detenuto perché sospettato di avere rapporti con una fazione qaedista, Fatah Al Islam, ma era riuscito — è stato raccontato — a convincerli della sua innocenza. L'Hezbollah non ha escluso che Alì abbia collaborato al piano per uccidere a Damasco, nel febbraio 2008, il capo dell'apparato clandestino, Imad Mugniyeh. Dicono che Jarrah sarebbe stato segnalato nel quartiere dove il «bersaglio» si recava per incontrare una donna. Ma c'è dell'altro. Nell'affare Mugniyeh potrebbe entrarci anche Marwan Faqih. Ossessionato dalla sicurezza, il capo terrorista cambiava auto con molta frequenza. Quindici auto in soli dieci mesi. È stato Faqih — è l'ipotesi — a fornire l'auto nella quale era nascosta una piccola bomba. Oppure Mugniyeh è stato tradito da un suo emissario, Mussa Daqduq, catturato dagli americani in Iraq nel 2007.
Ai colpi micidiali della Metsada — la sezione del Mossad che si occupa degli omicidi —, rispondono con eguale vigore l'Hezbollah — Unità 1800, l'intelligence «preventiva» — e l'Iran, attraverso la Vevak e l'Armata Qods. I militanti hanno creato un vasto network all'interno di Israele. Contano su microcellule spionistiche animate da cittadini arabi-israeliani, palestinesi e beduini. A volte, esattamente, come i loro avversari, cercano di reclutare informatori all'estero. Uno studente in Germania, un altro in Danimarca, un'universitaria ad Amman, un ebreo di origine iraniana, un immigrato venuto dall'Argentina, solo per citare i casi emersi. Dopo il conflitto del 2006, gli israeliani hanno accertato che il network Hezbollah era riuscito ad avere dati importanti sullo schieramento militare ed era in grado di monitorare le comunicazioni lungo il confine. Un apparato clandestino con una proiezione strategica: sono forti in Sud America e hanno teste di ponte nell'area caucasica. Sembra che l'antiterrorismo dell'Azerbaigian abbia sventato un complotto a Baku, contro l'ambasciata israeliana.
I militanti, oltre al denaro, hanno un altro amo con il quale agganciare i potenziali informatori. La droga. Alcune delle reti facevano — e fanno — capo a un'organizzazione di trafficanti di hashish guidata dal clan Biro. Prima lavorava per conto dello Shin Bet (controspionaggio israeliano), poi è passato con gli Hezbollah. I narcos locali sono degli alleati prezzolati ma preziosi perché hanno uomini ovunque e dispongono di piccoli mercantili, ideali per le infiltrazioni e il trasporto di armi.
Nella guerra a tutto campo ci sono sparizioni, omicidi di difficile attribuzione, attentati e raid. Gli israeliani prendono di mira gli scienziati iraniani coinvolti nel programma nucleare, tentano di sabotare gli «apparati » usati da Teheran, provano a bloccare la via delle armi alimentata da una flottiglia di mercantili. L'ultima nave è stata intercettata a Cipro con un carico di munizioni per l'Hezbollah.
Le spie, a volte, usano vecchi sistemi. L'ordigno nel poggiatesta di una vettura, una scarica di Kalashnikov, pistole con il silenziatore. Oppure ti fanno sparire. Come è capitato a un ingegnere della compagnia Mea svanito a Beirut nella prima settimana di febbraio. Il 18 hanno poi trovato, sempre nella capitale, il corpo senza vita di un pilota libanese. Lo avevano rapito una settimana prima.
Quando è possibile, gli 007 si affidano alla tecnologia. Microfoni sensibili e invisibili. Sostanze che «illuminano » gli obiettivi di incursioni aeree. Biciclette che celano dispositivi di sorveglianza: quando ne è stata individuata una vicino alla residenza del leader druso Jumblatt si sono scatenate le illazioni più disparate. Un risultato quasi perfetto. Perché alle ombre mediorientali sta a cuore portare a termine la missione, ma è ancora più importante lasciare il dubbio su chi l'abbia organizzata.

" I misteri di Damasco: lo sceicco scompare e la figlia «confessa» in tv "

WASHINGTON — La Siria è un Paese importante per le dinamiche mediorientali. Con il suo atteggiamento può condizionare scelte e muovere il barometro della diplomazia. Per questo la nuova amministrazione americana vuole imbarcarla, a certe condizioni, nel processo negoziale. Ma per lo stesso motivo la Siria è sotto osservazione per una serie di episodi misteriosi dove gli «intrighi di corte» si intrecciano con manovre destabilizzanti.
Partiamo dal fondo. Con il giallo sulla sorte dello «sceicco» Shaker Al Absi, leader di una piccola formazione integralista — Fatah Al Islam — protagonista di una sanguinosa rivolta in Libano. Nel febbraio 2008, il capo terrorista entra in Siria. Uno spostamento organizzato — affermano fonti mediorientali — dal «Dipartimento periferico», l'ufficio dell'intelligence militare guidato da Rustum Ghazala. Al Absi viene sistemato in una «casa sicura» nei pressi del campo profughi di Yarmuk. Controllato a vista, di fatto agli arresti domiciliari, il leader è sottoposto a pesanti pressioni. Damasco vuole che Al Absi vada in tv e «confessi » che il suo movimento è stato finanziato dal partito di Saad Hariri, il figlio dell'ex premier assassinato nel 2005. Omicidio per il quale è sospettata la Siria.
L'estremista, però, resiste. E non cede neppure quando gli 007 prendono in ostaggio alcuni componenti della sua famiglia. Prima il fratello Ahmed, quindi un figlio. Ai siriani non resta che liberarsene in modo brutale: secondo una versione viene ucciso dai servizi. Poi Damasco tenta di gestire il caso. Da una parte, in modo anonimo, fa sapere di «averlo sistemato », dall'altra nega di saperne qualcosa. A gennaio sulla stampa libanese appaiono indiscrezioni che sostengono la tesi dell'eliminazione per mano siriana mentre i giornali vicini a Damasco suggeriscono: no, è vivo e riapparirà presto per dimostrarlo.
Nel «mezzo», tuttavia, accadono due cose. La prima in settembre: 17 persone muoiono per l'esplosione di un'autobomba vicino al comando dell'intelligence a Damasco. La seconda in novembre: la figlia di Al Absi e un uomo «ammettono» sugli schermi della tv siriana che l'attentato è opera del Fatah Al Islam e che i finanziamenti sono venuti dal partito di Hariri. Poi aggiungono un particolare. Sanno che il loro capo è entrato in Siria in luglio e da quel momento è «scomparso».
La strana confessione non chiarisce i misteri, anzi li alimenta. E gli osservatori inseriscono la storia in una catena di eventi che segnalano instabilità a Damasco. L'uccisione dell'Hezbollah di Imad Mugniyeh con una sofisticata operazione nel cuore della capitale. L'eliminazione del generale Mohammed Soleiman, uomo di fiducia del raìs eliminato dal fuoco di un cecchino (agosto '08). Le voci di faide all'interno della nomenklatura, con sospetti di collusioni tra alti esponenti e la Cia. Le ipotesi su scorribande di spie israeliane, saudite, palestinesi, giordane, iraniane e persino Hezbollah. L'aspetto nuovo è che la Siria, una volta regina degli intrighi, oggi li subisca o comunque non sia in grado di difendersi adeguatamente. Forse perché sta cercando di riposizionarsi. O forse, come suggeriscono gli addetti ai lavori, è perché ha perso la sua sentinella principe. Il generale Gazi Kanaan morto «suicida » nell'ottobre 2005. Un altro mistero sulla via di Damasco.

" Quei missili che non arrivano Le proteste di Hezbollah "

WASHINGTON — ( g.o.) L'Hezbollah è impaziente. Il flusso di missili M302 dalla Siria non è spedito come promesso e il movimento libanese se ne è lamentato con il suo sponsor iraniano. Una frizione al centro di due colloqui riservati. Il primo, in dicembre, tra Haji Hussein Khalil, il responsabile per le questioni strategiche dell'Hezbollah, e i dirigenti della Ssrc, la società siriana che cura la messa a punto degli ordigni. Il secondo colloquio ha messo di fronte il segretario di un emissario iraniano e il segretario Hezbollah, Nasrallah. In base alla risoluzione Onu 1701, i guerriglieri libanesi non dovrebbero ricevere armi, ma in realtà la fazione ha continuato a riempire il suo arsenale con l'aiuto di Teheran e Damasco. Un traffico emerso in modo imbarazzante quando i bulgari hanno bloccato un mercantile pieno di materiale russo per la realizzazione dei missili. Il carico è poi arrivato in Siria nel dicembre 2008 e questo ha permesso l'avvio della produzione degli M 302, ma che non è stato seguito dall'atteso trasferimento all'Hezbollah. I traffici di armi sono seguiti con particolare attenzione dal contingente Onu presente in Libano sud. C'è il timore che i missili possano essere impiegati da fazioni minori — meno controllabili — per attacchi contro Israele.

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