Riportiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 13/03/2009, a pag. 30, l'articolo di Orazio la Rocca dal titolo "La pace con i rabbini di Israele 'Shoah nelle scuole cattoliche' " sulla reazione degli ebrei alla lettera del Papa di ieri e, in prima pagina, l'analisi di Vito Mancuso dal titolo " La solitudine del Papa ". Sulla lettera di Benedetto XVI ai vescovi, IC nota con soddisfazione che alcune critiche rivolte dal Papa ad una parte del mondo cattolico sono un esempio della sua apertura culturale. Quando noi critichiamo alcuni aspetti della politica vaticana, veniamo sovente richiamati all' ordine da nostri lettori che sono evidentemente meno aperti del Papa che ritengono di dover difendere. La lettera ai vescovi, con la sua analisi sincera, ha tutto il nostro apprezzamento.
Ecco gli articoli:
Orazio La Rocca - " La pace con i rabbini di Israele 'Shoah nelle scuole cattoliche' "
Città del vaticano
«Siamo molto soddisfatti, sul caso-Williamson capitolo chiuso». E´ piaciuta agli ebrei la lettera sui lefebvriani scritta dal Papa. Quasi un imprimatur in vista dei due importanti incontri che Benedetto XVI si accinge ad avere col mondo ebraico, il viaggio in Terra Santa dall´8 al 15 maggio e la visita alla Sinagoga di Roma in autunno, confermata ieri dal portavoce pontificio, padre Federico Lombardi, e dal presidente della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici.
Elogi al Papa arrivano dalla delegazione del Gran Rabbinato di Israele ricevuta ieri da Benedetto XVI. Anche se Shear-Yashuv, rabbino capo di Haifa e capo delegazione, all´uscita dall´udienza, pur parlando di «svolta» e di «dialogo riavviato in pieno», sembra sollevare altre questioni: un pressante appello alla Santa Sede «affinchè condanni l´antisemitismo» alla prossima conferenza sul razzismo «Durban II» organizzata dall´Onu a Ginevra a fine aprile, disertata da Israele, Usa e da altri paesi, Italia compresa, perché accusata di essere troppo antiebraica; e un «suggerimento» rivolto al Papa affinchè «renda obbligatorio lo studio della Shoah nelle scuole cattoliche di tutto il mondo». Un´idea, quest´ultima, destinata forse a sollevare qualche resistenza nei settori cattolici meno «aperti», ma che sembra che abbia già fatto breccia nel Papa, stando a quanto assicura lo stesso Cohen, il primo rabbino ad essere stato invitato in Vaticano - lo scorso ottobre - a parlare al Sinodo sulla Bibbia. Invito concluso, però, con un duro attacco a Pio XII che mise a dura prova i rapporti tra Santa Sede e Israele, con qualche mese di anticipo sulle critiche sollevate da settori ebraici per la scomunica tolta dal Papa al vescovo negazionista. Acqua passata, assicurano ora i rappresentanti del Gran Rabbinato, come fa capire David Rosen: «Siamo soddisfatti e riteniamo che il caso sia ormai risolto perché le spiegazioni avute dalla Santa Sede e dal Papa sono chiare e corrette. La revoca della scomunica non significa una accettazione né di Williamson, né delle sue idee, ma è una materia interna alla Chiesa cattolica».
Vito Mancuso - " La solitudine del Papa "
Persino per l´esperto direttore della sala stampa vaticana la lettera del Papa a proposito della remissione della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani "è un documento davvero inconsueto". Anche solo per questo, per essere una delle rare cose inconsuete (un´altra è stata ieri l´attacco dell´Osservatore romano) provenienti da un´istituzione che ha la sua forza nella secolare consuetudine, è degno della massima attenzione. Indirizzata ai vescovi della chiesa cattolica, questa lettera papale si potrebbe definire una mini enciclica. e se si aggiunge citando sempre padre Lombardi che "non vi è dubbio che la lettera sia sua dalla prima parola all´ultima" il documento assume un valore su cui davvero vale la pena riflettere. Quale sia stato l´obiettivo del papa nel redigerlo, lo dice egli stesso: "contribuire alla pace nella chiesa". Preso atto che nella chiesa la pace è turbata, il papa intende ristabilirla. Nessun dubbio che il turbamento deve essere molto grande per spingere il papa a un passo così "inconsueto", e io aggiungerei clamoroso (non ricordo un documento analogo in tempi recenti). Ma di chi è la colpa del turbamento della pace della chiesa? Il papa l´attribuisce a tre soggetti, a tre gruppi di "cattivi": 1) i lefebvriani; 2) i funzionari vaticani che non l´hanno informato del negazionismo di monsignor Williamson; 3) quei cattolici che hanno protestato "con un´ostilità pronta all´attacco".
Il primo gruppo di "cattivi" in verità rimane sullo sfondo: si sapeva già che lo erano, e anzi il senso dell´iniziativa papale nel togliere la scomunica era precisamente quello di contribuire al loro ritorno nella grande chiesa facendo loro accettare finalmente il Vaticano II. Il secondo gruppo di "cattivi" sono quei dirigenti vaticani che hanno dimenticato di informare il papa su come stavano le cose riguardo a mons. Williamson: "una disavventura per me imprevedibile è stata il fatto che il caso Williamson si è sovrapposto alla remissione della scomunica". Il papa riconosce che bastava consultare internet per chiarirsi le idee ("seguire con attenzione le notizie raggiungibili mediante l´internet avrebbe dato la possibilità di venir tempestivamente a conoscenza del problema") e aggiunge "ne traggo la lezione che in futuro nella Santa sede dovremo prestar più attenzione a quella fonte di notizie". Benedetto XVI ammette inoltre un secondo errore della macchina vaticana scrivendo che "la portata e i limiti del provvedimento del 21 gennaio 2009 non sono stati illustrati in modo sufficientemente chiaro al momento della sua pubblicazione". Egli vede quindi due errori, uno di merito e l´altro di forma, della curia romana. La conseguenza è che l´organismo che avrebbe dovuto dargli le informazioni necessarie e che invece non gliele ha date (il cui nome è Ecclesia Dei) viene declassato e posto in diretta dipendenza dalla Congregazione per la dottrina della fede. Ma anche per questo secondo gruppo di "cattivi" all´origine della "evidente sofferenza" papale non sarebbe stato necessario scrivere una mini-enciclica: i panni sporchi, soprattutto in Vaticano, si usano lavare in casa.
Eccoci dunque al terzo gruppo di "cattivi" all´origine del turbamento della pace della Chiesa e che, a mio avviso, sono la causa vera e propria della lettera di Benedetto XVI: quei cattolici che hanno protestato "con un´ostilità pronta all´attacco". Il vero bersaglio della lettera papale sono quindi i "protestanti" cattolici, cioè quei cattolici che in tutto il mondo hanno protestato per la revoca della scomunica a monsignor Williamson. Ma il papa sa bene, e lo scrive con la consueta chiarezza che contraddistingue da sempre la teologia di Joseph Ratzinger, che la protesta "rivelava ferite risalenti al di là del momento". La valanga di proteste di proporzioni mondiali che ha portato Benedetto XVI a una "evidente sofferenza" (per citare ancora padre Lombardi) è sì partita a seguito del caso Williamson, ma la neve che la costituiva si era accumulata da molto tempo prima. Qui non c´è la possibilità di approfondire il discorso ma in conclusione vorrei sottolineare almeno due cose: 1) Come ricorda lo stesso papa, la polemica intraecclesiale risale già ai tempi del Nuovo Testamento, anzi io aggiungo che venne esercitata in prima persona da Gesù: il che significa che la polemica e la franca discussione non sono un male in sé, se si svolgono in modo aperto, con argomenti precisi e il più possibile razionali, esponendo se stessi col proprio nome e cognome, lottando sempre per la verità e soprattutto senza astio personale. Io penso che occorre tornare alla franchezza di rapporti e di parola ("parresia") tipica della Chiesa apostolica, e che solo così la Chiesa tornerà a essere affascinante per gli uomini d´oggi, i quali possono rinunciare a tutto ma non al pensare con la loro testa. Certo, come dice il papa vi è il rischio di una "libertà mal interpretata", ma è un rischio che non si può evitare se si vuole avere a che fare con il nostro tempo. Ciò che dimostrerà se la libertà sia stata bene o male interpretata sarà la capacità di generare bene, giustizia e unità.
2) Fa bene il papa a preoccuparsi di ricucire lo strappo con la comunità lefebvriana, ma allo stesso modo mi permetto di chiedere se non dovrebbe volgere le sue attenzioni anche allo "scisma sommerso" che riguarda milioni e milioni di laici. Se qualche migliaia di religiosi lefebvriani hanno tale importanza ai suoi occhi, quanto più ne dovrebbero avere gli innumerevoli laici cristiani che si sentono lontani da una Chiesa spesso troppo rigida e fredda (si pensi per fare solo un esempio ai divorziati risposati cui vengono negati i sacramenti). E poi perché tanta comprensione per i lefebvriani, e insieme tanta durezza e intransigenza per quei vescovi, quei preti e quei teologi che cercano di conciliare il Vangelo con le esigenze della postmodernità?
Concludo dicendo che la lettera di Benedetto XVI ha dei punti magnifici, come quando afferma il primato della spiritualità col dire che per la Chiesa "la priorità al di sopra di tutte è rendere Dio presente in questo mondo e aprire agli uomini l´accesso a Dio"; oppure quando loda l´ecumenismo, il dialogo interreligioso, la dimensione sociale della fede. È questo il papa di cui abbiamo bisogno e lui non deve temere quei cattolici che protestano con franchezza e onestà intellettuale contro alcune decisioni, perché così dimostrano di amare ancora la Chiesa. Il giorno in cui non protestassero più, sarebbe solo indifferenza.
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